Il Milan torna a calcare i campi della Champions League a 7 anni di distanza dall’ultima apparizione. I rossoneri, dopo il 2° posto raggiunto nella passata edizione della Serie A, sono stati sorteggiati nel gruppo B, un vero e proprio girone di ferro con Liverpool (la squadra che affronteranno domani sera al debutto ad Anfield), Atletico Madrid e Porto. Un sorteggio complicato derivante dal fatto che i rossoneri, proprio per via della lunga assenza dal calcio che conta, erano inseriti in quarta fascia.

C’è da fare anche questo step di umiltà, dunque, per tornare ad essere quel Milan che in Europa era in grado di compiere imprese incredibili. Del resto, 7 Champions League non si vincono di certo per caso, ma ora la dimensione dei rossoneri è un’altra e bisogna prenderne atto per risalire la china umilmente. L’ultima volta che il ‘Diavolo’ ha giocato una partita di Champions League era infatti l’11 marzo del 2014. In panchina c’era Clarence Seedorf (che aveva preso il posto dell’esonerato Massimiliano Allegri) e come Presidente della società Silvio Berlusconi. E si trattava comunque già di una squadra in fase calante, di un ciclo che volgeva chiaramente al termine, come confermato anche dalla confusionaria gestione societaria con il doppio amministratore delegato (Adriano Galliani e Barbara Berlusconi).

Milan, le tappe fino al ritorno in Champions League

Dal 2014 in poi il Milan è stato incapace di rimettere piede nella competizione europea regina. Sette lunghi anni nei quali sono successe anche tante cose a livello societario, come la cessione a Yonghong Li il cui interregno è durato molto poco e si è concluso in circostanze assai nebulose, prima che la società finisse nelle mani del fondo Elliott. La gestione sportiva Fassone-Mirabelli, caratterizzata anche da spese importanti, non si è tramutata sul campo in quello che i tifosi si attendevano, ovvero la rinascita del grande Milan europeo. Ci hanno provato dalla panchina nell’ordine Inzaghi, Mihajlovic, Brocchi, Montella, Gattuso e infine Giampaolo, prima dell’arrivo del “normalizzatore” Stefano Pioli.

Pioli il “normalizzatore”

Il 55enne tecnico parmigiano è entrato in punta di piedi nell’ambiente rossonero a partire dall’ottobre del 2019 e da lì in poi è stato un crescendo. Anche a livello societario c’è stato una sorta di assestamento con il ritorno della bandiera Paolo Maldini a ricoprire un ruolo operativo. La strategia societaria ha subito una sterzata importante: basta spese folli giusto per rincorrere l’obiettivo nell’immediato senza prestare molta attenzione alla funzionalità. Il ritorno di Zlatan Ibrahimovic, avvenuto ad inizio 2020, ha contribuito in maniera importante a ridare sicurezza e serenità all’ambiente, che aveva assoluto bisogno di un leader del suo calibro, dentro e fuori dal campo: il feeling con Pioli è stato elevatissimo sin da subito e tutto il gruppo ha tratto giovamento dall’innesto nello spogliatoio di un elemento di grande carisma.

I risultati che sono arrivati da lì in poi non sono dunque un caso: un mix perfetto di giovani cui dare fiducia senza pressione ed elementi di esperienza (ultimo Giroud), che hanno ancora tanti stimoli e voglia di primeggiare, hanno portato il “Diavolo” nuovamente nell’Olimpo del calcio italiano e ora i rossoneri vogliono riprendersi la scena anche a livello internazionale.

Scandendo cronologicamente le tappe che hanno riportato il Milan in Champions League, dobbiamo inevitabilmente partire dal 2014 ed arrivare al secondo posto conquistato da Pioli nella passata stagione, dopo aver accarezzato a lungo anche il sogno scudetto. Il miglior piazzamento precedente è quello ottenuto con Gattuso in panchina al termine della stagione 2018-2019, un 5° posto arrivato dopo una serie di annate abuliche: tre volte 6° posto e addirittura un 10° sotto la guida tecnica di Filippo Inzaghi (stagione 2014-2015). In questo arco di tempo, il club rossonero si è comunque affacciato sul Continente, partecipando a tre edizioni dell’Europa League, in cui ha collezionato un’eliminazione alla fase a gironi e due agli ottavi di finale.

Tempi che sembrano già lontanissimi perché il Milan è ufficialmente rinato e, come conferma anche l’inizio di questo campionato (3 vittorie in altrettante gare, di cui l’ultima molto convincente contro la Lazio), le prospettive sono quelle di un futuro radioso. La partecipazione alla Champions League porta in dote un bel po’ di milioni, che saranno molto utili per consolidare il progetto sportivo, le cui linee guida non cambiano. La rosa sarà sempre puntellata con elementi di caratura internazionale, preferibilmente giovani e che non chiedano la luna a livello di stipendio. Chi lo fa, vedasi i casi Donnarumma e Calhanoglu, possono tranquillamente cercarsi altre destinazioni, poiché la sostenibilità del progetto ora viene prima di tutto in casa Milan. E in questo senso anche la trattativa per il rinnovo di Kessié potrebbe prendere una piega simile alla fine di questa stagione.

Liverpool, ancora tu

Risultati sportivi con conti in regola consentono molti margini di crescita, poiché in via Aldo Rossi non vogliono più doversi trovare a non poter partecipare ad una coppa europea per aver violato il Fair Play Finanziario. Inoltre, la qualificazione alla Champions League è stata anche per l’Inter il primo step verso la vittoria del campionato ed è quello che si augura proprio la società rossonera. Ora però, c’è poco da parlare e tanto da fare: mercoledì sera il Diavolo sarà di scena ad Anfield contro il Liverpool, la squadra che ha affrontato nelle ultime due finali di Champions League disputate. Nel 2005 la sconfitta cocente di Istanbul, con la rimonta dei Reds da 0-3 a 3-3 e la vittoria degli inglesi ai calci di rigore. Nel 2007 la vendetta rossonera per 2-1 grazie alla doppietta di Filippo Inzaghi. È curioso che il cammino in Champions del Milan riparta proprio dalla squadra di Klopp: questi sono i segni del destino e di quel dio del calcio che ha rivoluto fortemente i rossoneri nella competizione in cui si sono sentiti a casa per tanti anni.