Il Bayern Monaco è campione d’Europa per la sesta volta: battuto per 1-0 in finale di Champions League allo stadio Da Luz di Lisbona il Paris Saint Germain. Si è conclusa così un’edizione particolare della massima competizione europea per club, che non ha comunque disdegnato emozioni e grandi giocate. Probabilmente, dal punto di vista dello spettacolo, la partita non è stata il massimo, ma si sa che nelle finali prevale principalmente la tensione. Ci si gioca tutto in una partita e alla fine i dettagli sono quelli che fanno la differenza: alza il trofeo chi sbaglia di meno e il Bayern al triplice fischio finale è stata la squadra che ha approfittato meglio dei momenti topici della partita.

PSG-Bayern, il gol letale dell’ex Coman

A mettere a segno il gol decisivo è stato il francese Kingsley Coman, ex di turno e vecchia conoscenza del calcio italiano, per aver militato nella Juventus. Dopo essere stato tesserato a parametro zero al termine della sua esperienza al Paris Saint Germain, Coman ha lasciato Torino dopo una serie di infortuni che comunque hanno consentito al club di Andrea Agnelli di effettuare un’importante plusvalenza. La sfortuna ha tormentato l’esterno francese anche in Baviera, ma ci sono attimi che ripagano in un solo colpo di tante sofferenze e sacrifici.

Coman è stato il terminale di un lavoro magistrale da parte di tutta la squadra tedesca, che ha comunque concesso diverse occasioni da gol al PSG, ma con un Neuer come quello visto in porta ieri sera, c’è ben poco da fare. Pensare che qualcuno aveva dato il 34enne estremo difensore ormai per finito ad inizio della stagione… Con il portiere e Coman sugli scudi c’è anche Kimmich, 25enne difensore e centrocampista che è ormai uno dei più forti elementi a livello internazionale. Difende e attacca come pochi al mondo, è il prototipo del calciatore moderno, in grado di fare entrambe le fasi, anche quando si trova di fronte clienti scomodissimi come Mbappé.

Il Triplete di Flick

Il capolavoro è però di Hans-Dieter Flick, tecnico che ha preso la squadra ad inizio novembre portandola dritta al secondo “Triplete” della sua storia. In molti consideravano la rosa del Bayern logora o comunque non ben assemblata prima dell’esonero di Niko Kovac, ma con umiltà e concretezza, Flick ha saputo toccare le corde giuste nello spogliatoio dei bavaresi mettendo in campo di volta in volta la formazione migliore e con il modulo più adatto. Cosa si può obiettare a chi arriva alla conquista della Champions League con 11 vittorie in altrettante partite?

Neymar e Mbappé lontani da CR7 e Messi

C’è, invece, molto da dire sul Paris Saint Germain, con la strategia di Thomas Tuchel che non si è rivelata vincente, nonostante nei turni precedenti il tecnico tedesco avesse fatto dei veri e propri capolavori. Poco possesso e tante ripartenze non sono bastate questa volta contro i solidi tedeschi, anche perché diversi uomini non sono sembrati propriamente nella serata migliore. Stiamo parlando prima di tutto di Neymar e Mbappé, che hanno sbagliato tanto, troppo per elementi della loro caratura tecnica. Ci sta tutto, purtroppo, perché in una finale la difficoltà maggiore è quella di trovare la lucidità in quei pochi attimi decisivi, come hanno saputo fare meglio negli anni passati campioni come Ronaldo e Messi.

Buona la prova di Angel Di Maria, che ha confermato di esser elemento di altissima classe, così come Thiago Silva, che ha probabilmente giocato la sua ultima partita con il PSG lasciando un ottimo ricordo. L’uomo chiave di questo PSG è però Marquinhos, che trasformato in centrocampista da Tuchel è diventato elemento in grado di interrompere le sortite avversari e contestualmente avviare l’azione. Doveva essere supportato meglio, però, dai compagni di reparto, che hanno sofferto un po’ troppo l’impeto avversario. Sconfitto, in tutti i sensi, Mauro Icardi, rimasto per tutta la partita in panchina: nei minuti finali, per provare a raddrizzarla Tuchel ha preferito affidarsi a Choupo Moting, che nella prossima stagione non vestirà più la maglia dei parigini.

Orsato, prova in chiaroscuro

In chiaroscuro la prestazione dell’arbitro italiano Orsato: il fischietto è stato autoritario e deciso, ma ci sono stati due episodi che avrebbero potuto cambiare l’inerzia del match. Si tratta di un rigore richiesto dal Bayern nel primo tempo ed uno, più evidente lamentato dal Paris Saint Germain sul risultato di 0-1. Non che ci siano state più polemiche di tanto, ma in una finale certi episodi hanno un peso ingigantito dalla posta in palio.