2 giugno 1962, Santiago del Cile, Stadio Nazionale: alle ore 15, sul rettangolo verde, si scatena una battaglia senza armi. La nazionale padrona di casa sfida l’Italia di Paolo Mazza, nella seconda giornata della fase a gironi dei Mondiali del ’62. È una partita carica di tensione, si percepisce nell’aria ancora prima del fischio d’inizio. C’è un accumulo di strascichi che pesa incombente ancora prima che l’arbitro inglese Ken Aston dia il via alla gara. Alla fine, vincerà il Cile 2 a 0, con reti di Jaime Ramirez e Jorge Toro, nel finale: ma non è per quello che verrà ricordata, quanto per la furia con cui le due squadre si sono affrontate. Un agonismo costato due cartellini rossi agli Azzurri, pagata con lo sconto invece dal Cile, figlia di un clima teso fino a spezzarsi. Perché Cile-Italia del ‘62, la Battaglia di Santiago, comincia molto prima.

L’antefatto di Cile-Italia

La rivalità comincia, almeno, nel 1960. Il 22 maggio a Valdivia il terremoto più potente del secolo scorso squarcia in due il Cile, oltre a portarsi con sé tremila vittime. I danni strutturali sono ingenti, il paese è provato e la scelta di ospitare i Mondiali di due anni dopo non sembra la più lungimirante possibile. O, per lo meno, non la pensano così gli italiani, ad esempio, tra i contrari alla candidatura cilena. Passa comunque il Cile, così, nel ’62, in un clima alquanto austero, comincia la competizione di calcio più seguita del mondo. Per i padroni di casa, però, vale doppio, visto che dal 1930 sono lentamente usciti dal panorama calcistico che conta: i risultati scarseggiano e l’occasione di giocare al cospetto del proprio pubblico non va sprecata.

L’Italia, dal canto suo, si presenta con una nazionale ricca di oriundi, come Josè Altafini e Omar Sivori, con un giovane Gianni Rivera ed il resto del blocco Milan – da Cesare Maldini a Giovanni Trapattoni – che, l’anno dopo contro il Benfica, solleverà la Coppa dei Campioni. Il capitolo oriundi è un aspetto da considerare, per i fatti che avverranno durante la sfida contro il Cile. I cileni, infatti, non gradiscono la pratica degli italiani di naturalizzare i sudamericani. Certo, dal canto nostro potremmo radunare tutti i Rossi, Ferrari e Medina del Sud America, rivendicandone la paternità, ma chi fa il viaggio dell’Oceano al contrario, proprio non piace ai cileni.

Altri non graditi, da Santiago alle pendici delle Ande, sono due giornalisti, Antonio Ghirelli de Il Corriere della Sera e Corrado Pizzinelli, che scrive invece per Il Resto del Carlino. Entrambi, prima della partenza per i Mondiali, avevano preso una netta posizione nei confronti dello Stato sudamericano. In particolare, Pizzinelli definì la capitale, Santiago, “il simbolo triste di uno dei paesi sottosviluppati del mondo e afflitto da tutti i mali possibili: denutrizione, prostituzione, analfabetismo, alcolismo, miseria”. Non certo parole al miele, che i cileni si scrissero nella mente e che, il giorno della partita, provarono a vendicare.

Come detto, la “questione cilena” non era poi così diversa dai commenti riportati da Pizzinelli e Ghirelli, ma l’affronto fu tale che la sfida del 2 giugno si fece attendere più delle altre. Inoltre, il Cile era capitato in un girone di ferro, con gli Azzurri, la Germania Ovest e la Svizzera, tre europee ben attrezzate. Uscire al primo atto, in casa, sarebbe stato un’onta imperdonabile.

La gara: una lotta su un campo di calcio

E un po’ d’ansia, mista a rabbia e adrenalina, sul campo da calcio si fa sentire. La partita con l’Italia comincia subito in maniera dura: sono i cileni a giocare sporco, cercando il calcetto ogni volta che la palla si trova in situazioni di mischia. Mazza, Ct italiano, aveva forse avuto sentore del clima in arrivo e, così, malgrado la partita sia importante per la classifica, toglie sei titolari rispetto alla sfida contro la Germania Ovest (0-0).

L’arbitro Aston poi, ci mette del suo, risultando molto permissivo con le intimidazioni dei cileni. Al 7’, Honorino Langa colpisce da dietro Giorgio Ferrini, che d’istinto si volta e restituisce il favore, ricevendo basito il primo cartellino rosso del pomeriggio. Si scatena di conseguenza la prima rissa del match, una situazione che si ripeterà costante quasi ad ogni fallo.

Gli italiani cedono al tranello, cadono nelle provocazioni e cominciano a rispondere, a loro volta, colpo su colpo. Al 38’, Mario David atterra regolarmente Leonel Sanchez, ma poi, rientrando sul pallone, lo colpisce. Il guardalinee sanziona il fallo, ma Sanchez, che già stava protestando, non ci sta ugualmente: da figlio di pugile, colpisce David senza che l’arbitro prenda provvedimento. È solo questione di tempo, prima che arrivi la vendetta: tre minuti dopo, Sanchez sta per ricevere sulla sinistra un pallone alto, fa per prenderlo di petto, ma nel frattempo David, in volo, lo anticipa, colpendolo poi con un calcio volante in faccia. Aston, questa volta, non si pone dubbi ed espelle ragionevolmente David.

David Coleman, telecronista britannico, lo definisce “il tackle peggiore della storia del calcio”. La partita continua, sempre più sporca, e alla fine il Cile la porta a casa, dopo che per 76’ l’Italia ha provato a reggere in 9 uomini.

Eppure, la Battaglia di Santiago passerà agli annali per altro, non certo per il risultato. È ancora Coleman a dipingere il quadro del folle pomeriggio del 2 giugno ’62, commentando così per i telespettatori: “Buon pomeriggio. L’incontro a cui state per assistere è l’esibizione di calcio più stupida, spaventosa, sgradevole e vergognosa, verosimilmente, nella storia di questo sport”. Parole forti, ma non totalmente sbagliate.