L’emergenza coronavirus ha fermato il calcio sostanzialmente in ogni angolo del globo, ma gli addetti ai lavori non sono totalmente fermi. Tutti gli organismi nazionali e internazionali sono all’opera per trovare una soluzione, virus permettendo, che consenta di portare a termine le stagioni delle singole leghe oltre che le competizioni continentali. Sì, perché la stessa Uefa, rinviando al 2021 gli Europei itineranti (il Cio ha a sua volta rinviato di un anno anche le Olimpiadi 2020) ha dato priorità alle leghe nazionali e alle competizioni continentali per club.

Sul tavolo ci sono ovviamente diversi ipotesi, tutte in bilico per via del progredire dell’emergenza coronavirus, che non viaggia su binari paralleli in tutte le nazioni. Alcuni Paesi sono indietro di 15-20 giorni rispetto all’Italia, ad esempio, ragion per cui è prematuro parlare del prosieguo di Champions ed Europa League. Contestualmente, i singoli campionati sono stati rinviati a data da destinarsi, con le singole leghe che potranno provare a parlarne quando la situazione dei contagi lo consentirà. Comunque sia, la situazione è assai disomogenea con particolare litigiosità soprattutto nella Lega Calcio di Serie A.

Serie A spaccata nell’emergenza

Nelle ultime assemblee tenutesi in videoconferenza, i club si sono sostanzialmente spaccati in due schieramenti: da una parte ci sono quelle società che seguono la posizione di Claudio Lotito (presidente della Lazio) e Aurelio De Laurentiis (patron del Napoli), mentre dall’altra le squadre che seguono le orme della Juventus di Andrea Agnelli e l’Inter dell’ad sport Beppe Marotta. Il primo “schieramento” spinge per una ripresa celere degli allenamenti (magari già ad inizio aprile), in modo da essere pronti al ritorno in campo appena l’emergenza finirà (il dato sui morti di coronavirus della giornata di ieri, quasi 1.000, non lascia comunque ben sperare). A tal proposito, in una delle ultime riunione in videocall, Lotito avrebbe pronunciato, secondo quanto riportato da Tuttosport, la frase “se sta a ritira’” riferendosi ovviamente al virus, per la cui situazione avrebbe contattato medici ed esperti. La frase ha scatenato la replica piccata di Agnelli che non le ha mandate a dire al patron biancoceleste: “Ora sei anche virologo?”.

A questa diatriba fa eco quella tra De Laurentiis e l’Inter: il presidente del Napoli ha sostanzialmente rinfacciato ai nerazzurri e alla Juventus di aver concesso ai propri giocatori stranieri di tornare in patria dopo la quarantena, di fatto prolungando la sosta dei campionati, poiché al loro rientro questi tesserati dovranno osservare un nuovo periodo di isolamento di 14 giorni. Marotta, non ha incassato senza replicare, ricordando a De Laurentiis e agli altri club che le partenze sono avvenute rispettando i decreti e i provvedimenti delle autorità locali. Altrimenti, del resto, i calciatori sarebbero stati fermati dalle forze dell’ordine. Insomma, le posizioni sono cristallizzate e quella della fazione di Lotito-De Laurentiis si possono riassumere con le parole di Arturo Diaconale, portavoce della Lazio: “Juventus e Inter hanno interesse a fermare la Serie A”.

Gli interessi economici (ballano circa 700 milioni) e la possibilità di giocarsi fino in fondo uno scudetto (anche sforando a luglio e agosto, come paventato dal presidente Figc Gravina), rappresentano una spinta molto forte, mentre dall’altra parte ci si difende con la necessità di dare priorità alla salute delle persone, anche a costo di un grosso flop finanziario dell’industria calcio. I problemi più grossi, come è sempre stato nei periodi di crisi, li pagherebbero i club medio-piccoli e le serie minori, con il 30% delle società dilettanti che, secondo una stima, sarebbero sull’orlo del fallimento.

Stipendi calciatori: chi vuole rinunciare e chi no

Al salvataggio del calcio in crisi dovrebbero partecipare anche i calciatori, ma per ora non si è trovata una linea comune in tutto il continente. In Francia, Lione Bordeaux e Amiens hanno posto in disoccupazione parziale i calciatori in modo da alleggerire il carico sulle casse dei rispettivi club, mentre in Germania i tesserati del Borussia Moenchengladbach hanno autonomamente rinunciato ad una parte degli emolumenti per un totale di 1 milione di euro al mese. In Svizzera, invece il Sion ha drasticamente licenziato 9 calciatori per aver rinunciato ad un accordo che prevedeva un contratto più snello e meno oneroso per le casse del club elvetico. In Spagna, dopo un’iniziale apertura, i calciatori del Barcellona hanno detto no al decurtamento degli stipendi del 30%, portando il club blaugrana ad appellarsi al Tribunale del Lavoro.

I calciatori della Juventus pronti al “sacrificio”

E in Italia? Al momento non è stata presa una decisione unanime, con l’Aic, il sindacato calciatori guidato da Damiano Tommasi, che prende tempo mentre la Lega Calcio chiede una risposta entro lunedì 30 marzo. La Juventus, nel frattempo, sta andando avanti un po’ autonomamente, con capitan Giorgio Chiellini che, dopo un confronto con il presidente Andrea Agnelli e il direttore sportivo Fabio Paratici, avrebbe fatto tre diverse proposte ai suoi compagni: 1) il pagamento dello stipendio di marzo e poi, se il campionato sarà sospeso, il pagamento dei restanti mesi alla ripresa della prossima stagione, altrimenti pagamento, magari dilazionato, quando ricominceranno le partite (non gli allenamenti); 2) rinuncia a due delle prossime quattro mensilità qualora non si giochi più, o almeno ad una mensilità qualora il campionato riprenda; 3) rinuncia ad un mese e mezzo di emolumenti nei prossimi 4 mesi, indipendentemente dal fatto che si torni a giocare o no. La risposta dei calciatori ad Agnelli è attesa entro martedì 31 marzo.

In tutto ciò, ovviamente, si innesta anche la questione contratti, molti dei quali andranno a scadenza il 30 giugno. Nel caso si giocasse oltre quella data, servirebbero delle proroghe, anche per congelare trasferimenti già programmati, scadenze di prestiti e quant’altro. La proposta della Fifa, per venire incontro ai club e alle leghe, è quella di lascare liberi i trasferimenti dei calciatori fino al 31 dicembre. Basterà?