Attaccanti di razza, idoli delle proprie tifoserie, con soprannomi entrati nel mito: la cerchia degli attaccanti di provincia che hanno saputo ritagliarsi uno spazio nella storia della Serie A è nutrito e ospita alcuni tra i giocatori più forti dell’ultimo ventennio calcistico. Ecco i più rappresentativi, partendo da Dario Hubner, che oggi compie 53 anni.

Dario Hubner

Nessuno come Dario Hubner ha saputo incarnare l’essenza del bomber di provincia: l’idolo del bar di paese (in cui non si fa mancare un grappino e una sigaretta), quello che fa il carpentiere in settimana e buca le porte la domenica. Per anni Hubner è stato questo, un attaccante lavoratore, aveva un impiego nel settore edile, e una media realizzativa da fare spavento. Media gol che ad ogni salto di categoria non subiva variazioni: inizia a macinare gol col Pergocrema in C2, prosegue in C col Fano, squadra con cui nel 1991-92 mette il primo gioiello sulla sua corona da bomber, con il titolo di capocannoniere della C1. Viene acquistato dal Cesena e per 5 anni in Serie B va sempre in doppia cifra: i 22 gol segnati nel 1995-96 gli valgono il secondo titolo marcatori, questa volta nella serie cadetta.

La sua carriera è un’ascesa inarrestabile e continua su binari da treno provinciale. Nel 1997 passa al Brescia: nei 4 anni con le Rondinelle segna 85 gol in 143 presenze, formando nel 2000-2001 una coppia irripetibile con Roberto Baggio. L’artista e l’operaio, il Divin Codino e Tatanka, il bisonte. Il presidente del Brescia, Corioni, dirà di Hubner: “Senza grappa e sigarette sarebbe il più forte di tutti”.

Quel che è certo è che anche con grappa e sigarette Hubner era di un altro pianeta: lasciato il Brescia si trasferisce a Piacenza, squadra con cui nel 2001-2002 realizza 24 gol in A, diventando capocannoniere della massima serie (a pari merito con lo juventino Trezeguet) e diventando con Igor Protti detentore dei tre titoli marcatori di A, B e C. L’anno successivo, sempre al Piacenza, realizza 15 gol, per quello che sarà il dodicesimo anno consecutivo in doppia cifra. Chiude la carriera tra i dilettanti nel 2011, con all’attivo 348 gol in carriera.

Igor Protti

Nato a Rimini il 24 settembre 1967, Igor Protti, soprannominato lo Zar, è l’unico giocatore insieme a Dario Hubner ad essere riuscito nell’impresa di vincere il titolo di capocannoniere in Serie A, B e C1.
Debutta nella squadra della sua città, il Rimini, nel 1985, in C1. L’anno successivo passa al Livorno, sempre in C1, poi al Messina in Serie B. E’ il 1992 quando indossa la maglia del Bari: vi rimarrà per 4 stagioni, fino al 1996, ed è proprio in Puglia che l’attaccante esplode. 24 gol in Serie A gli valgono il titolo di capocannoniere, a pari merito con Beppe Signori (allora alla Lazio). Nonostante il ricchissimo bottino dell’attaccante, i galletti retrocedono e Protti diventa il primo capocannoniere della storia della Serie A militante in una squadra retrocessa.

L’exploit con il Bari gli vale l’ingaggio da parte della Lazio, ma la sua vena realizzativa subisce una flessione. Solo 7 i gol nel ’96-’97. Passa al Napoli, poi alla Reggiana in B. La maglia della resurrezione calcistica è quella del Livorno: nei 6 anni in amaranto porta la squadra dalla C1 alla Serie A a suon di gol, tenendo una media realizzativa stratosferica: 20 gol in campionato nel 2000-01 e altri 27 la stagione successiva gli valgono la vittoria del titolo di capocannoniere di C1 per due anni consecutivi. Fa il salto in B e con 23 gol completa il suo personale filotto: capocannoniere in tutte le maggiori serie professionistiche italiane. Altri 24 gol nella stagione 2003-2004 proiettano il Livorno nella massima serie, in cui Protti conclude la propria carriera l’anno successivo.

Antonio Di Natale

Talento e media realizzativa da top club mondiale, Di Natale è l’anello di congiunzione tra il bomber di provincia e quello da grande piazza: ha scelto di legare la sua carriera alla maglia dell’Udinese, club che lo ha amato per oltre 10 anni, in cui l’attaccante napoletano si è affermato su livelli impressionanti, diventando il miglior marcatore della Serie A per la decade 2010-2019, oltre che uno degli attaccanti più prolifici di sempre nella storia del calcio italiano (Di Natale occupa la sesta posizione nella classifica marcatori di tutti i tempi in A).

Antonio, soprannominato Totò, inizia a far parlare di sé nel quinquennio all’Empoli (dal 1999 al 2004), squadra in cui realizza 55 reti in 178 presenze. Il passaggio ai friulani avviene nel 2004 ed è l’inizio di una carriera leggendaria: si conferma su standard da doppia cifra nelle prime 5 stagioni, in cui entra in pianta stabile nel giro della nazionale, con cui prende parte alle sfortunate spedizioni di Euro 2008 e Mondiali 2010, oltre che agli Europei del 2012 in cui l’Italia arriva in finale, poi persa 4-0 con la Spagna.
Quello che accade dal 2009 in poi è un terremoto: 29 gol in Serie A gli valgono il titolo di capocannoniere. Si ripete la stagione successiva, con 28 gol e un nuovo titolo marcatori. Nei 3 anni successivi non scende mai sotto i 20 gol stagionali. A fine carriera, nel 2016, a 39 anni, i gol totali con la maglia dell’Udinese saranno 227 in 446 presenze.

Pasquale Luiso

Crossatemi una lavatrice e colpirò di testa anche quella”, parole e musica di Pasquale Luiso. Classe ’69, nato a Napoli, muove i primi passi nell’Afragolese, società in cui è cresciuto e nella quale esordisce, nel 1986, in Serie C2. Nel 1990 si trasferisce al Sora, dove a suon di gol si guadagna il proprio soprannome: dopo 58 reti in 121 presenze in bianconero Luiso diventa per tutti il Toro di Sora. I 22 gol segnati tra il ’93 e il ’94 gli valgono il titolo di capocannoniere della Serie C2.

Decolla quindi una carriera che lo porterà ad essere il classico giocatore itinerante (16 le maglie vestite): resta negli annali la cavalcata sua e del suo Vicenza in Coppa delle Coppe nel 1997-98, competizione nella quale i biancorossi arriveranno ad un passo dal sogno, uscendo in semifinale per mano del Chelsea, che vincerà poi il trofeo. Proprio di Luiso il gol del momentaneo 1-0 nella semifinale di ritorno (poi finita 3-1 per gli inglesi dopo la vittoria vicentina, 1-0, nella gara di andata). Luiso, con 8 gol, sarà capocannoniere del torneo. Chiude la carriera al Sora, nel 2008. Oggi è un allenatore.

Riccardo Zampagna

Nato a Terni nel 1974, Riccardo Zampagna, dopo i tanti gol segnati tra i dilettanti, compie la sua prima esperienza tra i professionisti nel 1997, con la maglia della Triestina. Cambia spesso maglia, muovendosi tra Serie B e C. L’anno della consacrazione è il 2002-2003: 19 gol in Serie B col Messina. 21 gol la stagione successiva, questa volta con la maglia della Ternana, prima di tornare in Sicilia e vestire nuovamente il giallorosso, questa volta in Serie A. Un debutto nella massima serie tardivo: nella stagione 2004-2005 Zampagna aveva 30 anni e una carriera consolidata alle spalle. 14 gol in A e il rimpianto più grande: nel novembre del 2004 l’attaccante è in testa alla classifica marcatori in Serie A e la Nazionale di Marcello Lippi giunge a Messina per un’amichevole contro la Finlandia. A gran voce i suoi tifosi chiedono una convocazione che però non arriverà . Passa poi all’Atalanta, in cui in 58 apparizioni (in due stagioni e mezza) realizza 23 gol. Dopo le esperienze con Vicenza e Sassuolo in B, chiude la carriera alla Carrarese, tra i dilettanti.

Ernesto Chevanton

Din don, din don, intervengo qui da Lecce, ha segnato Chevanton“, un coro che ha riempito l’aria dello Stadio Via del Mare di Lecce per oltre 50 volte, in onore di un giocatore che tutt’ora resta nel cuore di tutti i tifosi salentini. Chevanton, uruguaiano, arrivava dal Danubio, società in cui l’attaccante aveva fatto benissimo in patria. Quello con Lecce, dove giunge nel 2001, è un colpo di fulmine: 11 gol la prima stagione, 18 la seconda, 20 la terza (19 i gol in Serie A che gli valgono la quarta piazza nella classifica cannonieri), diventando il miglior marcatore del Lecce in A. Le ottime prestazioni in giallorosso gli aprono le porte della nazionale, con cui disputa le qualificazioni ai Mondiali del 2002 e del 2006.

Nell’estate del 2004 passa al Monaco e dopo due anni, in cui non riuscirà a ripetersi sugli standard tenuti in Italia, viene acquistato dal Siviglia, per 8 milioni di euro. Nei 4 anni in Spagna gioca poco, frenato anche dagli infortuni, ma arricchirà il proprio palmares con una Coppa Uefa, una Supercoppa Europea, una Coppa di Spagna e una Supercoppa di Spagna.
Dopo un breve passaggio all’Atalanta fa ritorno nella sua squadra del cuore, il Lecce, in cui disputa altre due stagioni dal 2010 al 2013, inframezzate dall’esperienza al Colon.”Ho portato le maglie di Monaco, Siviglia, Atalanta e Colon, ma non ho mai tolto la maglia del Lecce, quella è la mia pelle!“, dirà il giocatore. Chiude la carriera da professionista in Uruguay. Recentemente è tornato sui campi di gioco, da calciatore, con la società di Seconda Categoria pugliese Soccer Dream Parabita.

Sandro Tovalieri

Sandro Tovalieri, detto il Cobra, cresce nelle giovanili della Roma, con la cui maglia esordisce in Serie A nel 1986 (dopo le proficue esperienze con Pescara e Arezzo in Serie B). Si ritaglia ben presto la fama di “attaccante di categoria” visti i numerosi cambi di maglia e la lunga militanza in squadre di B e C. Saranno Arezzo, Ancona e Bari quelle in cui si farà apprezzare maggiormente: con i pugliesi mette a segno 40 gol in 82 presenze, riportando i galletti in Serie A nel 1994. Gli ultimi exploit della sua carriera giungono con le maglie del Cagliari, in cui realizza 12 gol nella seconda metà del campionato 1996-97 e Perugia, con cui va in doppia cifra in B nel 1998. Dopo il ritiro è stato a lungo allenatore nel settore giovanile della Roma.

Andrea Caracciolo

Nonostante le maglie indossate, la carriera da calciatore di Andrea Caracciolo, soprannominato l’Airone, per la sua tipica esultanza muovendo le braccia larghe come fossero battiti d’ali, è stata tinta di due soli colori: il bianco e il blu del Brescia. Prima punta classica, di posizione, abile nel gioco d’area e forte fisicamente, Caracciolo veste la maglia delle rondinelle per la prima volta nella stagione 2001-2002, a 21 anni. Vi fa ritorno due anni più tardi, dopo la parentesi a Perugia, e i 12 gol realizzati in Serie A gli aprono le porte della Nazionale Under 21, con cui nel 2004 vincerà il Campionato Europeo di categoria. 12 gol anche l’anno successivo, poi parte per Palermo. Torna a Brescia nel 2008 e vi resterà, fatta eccezione per la stagione 2011-2012, disputata con Genoa e Novara, fino al 2018. Con il Brescia, di cui diventa capitano, realizza 179 gol in 418 apparizioni.

Sergio Pellissier

Con 17 anni di militanza con la maglia del Chievo Verona (squadra di cui è primatista in presenze, 459, e reti in A, 112) Sergio Pellissier è da considerare a pieno titolo come uno degli ultimi giocatori-bandiera del calcio contemporaneo. Debutta in B con il Torino, nel 1996, poi le esperienze con Varese e Spal lo conducono a Verona. Giunge in gialloblù nel 2002 e vi rimarrà fino all’anno del suo ritiro, il 2019. I suoi gol tengono il Chievo in Serie A per 16 dei 17 anni trascorsi nel club, con un’unica eccezione, la stagione 2007-2008, disputata nella serie cadetta, che sarà anche la più prolifica per l’attaccante nato ad Aosta (ben 22 i gol segnati in quella stagione). Con 4 reti è il calciatore più prolifico nella storia del derby di Verona tra Chievo ed Hellas.