C’è stato un momento, a cavallo tra gli anni ’80 e ’90 in cui il ruolo di difensore era incarnato, nel comune sentire degli appassionati di calcio, da un nome e un cognome: Franco Baresi. All’anagrafe Franchino, soprannominato el Piscinin, il piccolino, mai soprannome risulterà più in contrasto con l’essenza del suo portatore, perché a dispetto della statura normale (1,76), da uomo comune, ben lontana dall’immagine del “difensore armadio”, in campo Baresi spiccava come un autentico gigante.

Con la maglia del Milan non solo vincerà tutto in campo nazionale e internazionale, ma contribuirà, come guida e punto di riferimento della retroguardia della squadra di Arrigo Sacchi, a ridefinire lo standard del proprio ruolo.

Un ruolo che ora possiamo dire essere “morto”, ma i cui fondamentali tattici, pressing, anticipo, marcatura, restano ancora oggi capisaldi da insegnare nelle scuole calcio: Franco Baresi era un libero. Si potrebbe spendere persino l’articolo determinativo, cambiando la frase in “Baresi era il libero”, e per molti anni questa affermazione non avrebbe temuto di essere smentita, ma sarebbe forse ingrato nei confronti dell’altro grandissimo interprete del ruolo dell’epoca, un calciatore che in qualche modo ha segnato anche la carriera di Baresi (specie in nazionale, in cui il milanista veniva spesso impiegato a centrocampo), ovvero Gaetano Scirea.

I successi con il Milan

La storia d’amore tra Baresi e il Milan, la cui maglia è l’unica e la sola indossata dal giocatore durante i 19 anni della propria storia calcistica, inizia nel 1978. In quella stagione il tecnico rossonero Nils Liedholm, intravedendo i geni del fuoriclasse in questo difensore non ancora diciottenne, non esita ad affidargli le chiavi di un posto chiave nel proprio scacchiere, quello di libero appunto, sacrificando un titolare di comprovata esperienza nel ruolo come Maurizio Turone.

In quella prima stagione lo Scudetto milanista, quello della prima stella, è l’investitura per Franchino, il presagio della leggenda che si compierà negli anni a venire, ma che prima di diventare realtà verrà suggellata dalla prova d’amore vero, quello testato dalla sofferenza, con le due stagioni in Serie B, nel 1980-81 (a causa dello scandalo scommesse) e nel 1982-83 (retrocessione maturata anche a causa di una lunga assenza di Baresi nella stagione precedente a causa di problemi sanitari). Tra le due annate, il mondiale spagnolo vinto dall’Italia, che Baresi, sebbene convocato da Enzo Bearzot, vivrà però da spettatore, chiuso nel ruolo proprio da Scirea.

La vera svolta giunge con l’insediamento di Silvio Berlusconi alla presidenza rossonera e di Arrigo Sacchi in panchina. Nel gioco di Sacchi le caratteristiche di Baresi sublimano nella perfezione: la capacità di anticipo, resa possibile da un’esplosività muscolare e una reattività senza pari, unite ad una tecnica eccelsa in fase di impostazione, fanno di Franco Baresi l’interprete perfetto dei dettami tattici del maestro di Fusignano. “Volevo che la squadra difendesse aggredendo e non arretrando, ma avanzando” dirà Sacchi. Esattamente la sintesi dello stile di gioco di Baresi, ancora prima dell’arrivo del tecnico romagnolo.

Le caratteristiche tecniche di Baresi

La sua capacità di uscire dalla posizione per fare scattare il fuorigioco, o andando ad aggredire il portatore di palla per spezzare e fare ripartire l’azione, diventano chiavi di volta nel gioco milanista.
Il suo gioco risulta duro, granitico, spesso aggressivo in fase di copertura e recupero del pallone (il tackle diventa un marchio di fabbrica del giocatore) e il suo senso della posizione, unito ad un’innata capacità di scegliere il tempo d’intervento, rendono le sue ripartenze palla al piede efficacissime nel convertire l’azione difensiva in offensiva.

Evocativa la descrizione che ne fece il giornalista Gianni Brera: “Baresi è dotato di uno stile unico, prepotente, imperioso, talora spietato. Si getta sul pallone come una belva: e se per un caso dannato non lo coglie, salvi il buon Dio chi ne è in possesso! Esce dopo un anticipo atteggiandosi a mosse di virile bellezza gladiatoria. Stacca bene, comanda meglio in regia: avanza in una sequenza di falcate non meno piacenti che energiche: avesse anche la legnata del gol, sarebbe il massimo mai visto sulla terra”.

Il Milan domina, il gioco “olandese” dei rossoneri si impone, diventato un modello per quegli anni, e riempie la bacheca di trofei: due Coppe dei Campioni consecutive, nel 1989 e 1990, altrettante Coppe Intercontinentali. Baresi è all’apice, nel 1989 si classifica secondo nella classifica del Pallone d’Oro (vinto dal compagno di squadra Marco Van Basten) e guida una linea difensiva che è un muro, composta insieme a Tassotti, Costacurta e Maldini. In 19 anni di carriera alzerà 21 trofei, tra cui 3 Champions League, 6 scudetti, 2 Coppe Intercontinentali, 2 Supercoppe Europee, 4 Supercoppe Italiane (sotto la guida di Sacchi e Capello).

Le delusioni con l’Italia

Non saranno altrettanto ricche le esperienze con la maglia azzurra della nazionale, caratterizzata da enormi delusioni: dopo il terzo posto ai mondiali di casa nel 1990, resterà nella memoria collettiva, come una delle immagini più forti della storia calcistica italiana, il suo rigore sbagliato nella finale dei Mondiali del 1994 a Pasadena, contro il Brasile: la partita che secondo lo stesso giocatore è stata la migliore della propria carriera.

Monumentale la prova difensiva su Romario, la cui azione venne annullata per 120 minuti più recupero, ma nella serie di rigori finali Baresi manderà il pallone in cielo. “Calciavo qualche rigore anche nel Milan – ha raccontato Baresi – ma non ero proprio uno specialista. Mi feci avanti convinto e deciso perché c’era bisogno di qualcuno che facesse coraggio alla truppa, in un momento cambiai decisione su dove tirare e purtroppo mi sbilanciai, colpendo il pallone in malo modo. Dopo di me sbagliarono anche Massaro e Baggio…un incubo per tutti”

Dalle lacrime di una delusione lacerante, un salto di tre anni lo vede nuovamente commosso, questa volta per la sua ultima gara: Baresi dà l’addio al calcio l’1 giugno 1997, nella partita di campionato contro il Cagliari. Lascia la fascia ad un altro predestinato, Paolo Maldini, ed esce di scena, insieme alla sua maglia numero 6, che viene ritirata dal Milan, ed entra nella leggenda.

Oggi Franco Baresi compie 60 anni.