Carlo Ancelotti compie 61 anni, la maggior parte dei quali trascorsi vincendo tutto ciò che si possa vincere su un campo di calcio. La sua immagine bonaria, che ha attirato una simpatia pressoché unanime da parte di tutto l’ambiente calcistico, in particolar modo dei giocatori da lui allenati, poco si presta a fare emergere un’essenza da dominatore che i suoi numeri, invece, raccontano alla perfezione. Dopo avere conquistato la vetta del calcio europeo e mondiale da giocatore, come pedina fondamentale nel Milan di Arrigo Sacchi, è riuscito nell’impresa di superarsi una volta sedutosi in panchina: i 20 trofei conquistati nelle vesti di allenatore lo collocano in 11ª posizione della classifica dei tecnici più vincenti di sempre.

L’empatia con i calciatori e l’amicizia con CR7

É proprio nella sua dimensione umana, per certi versi provinciale, che risiede l’unicità – e forse l’arma in più – di Carlo Ancelotti: non sono molti, per esempio, gli allenatori che possono vantare di aver ricevuto un endorsement netto e marcato da parte di Cristiano Ronaldo come quello che il fuoriclasse portoghese gli ha riservato non solo ai tempi del Real Madrid, ma anche una volta che le rispettive strade si erano divise: “E’ un grande allenatore e una persona eccezionale. Ancelotti è stato, è, e sarà sempre nel mio cuore”.

Una stima reciproca fatta di piccoli gesti che raccontano un Ronaldo atipico, che ad Ancelotti si raccontava come a nessun altro. Un’intesa nata durante le due stagioni al Real, nelle quali la conquista della Decima è stata il momento più alto, che anche le diverse strade professionali intraprese dai due non ha scalfito: “Se Cristiano sta in campo fermo al suo posto e sorride, io me ne accorgo. So cosa sta per accadere anche se non sono più il suo allenatore: si sta per scatenare l’inferno” dice Ancelotti sorridendo.

Questione di sensibilità nel trattare i grandi campioni, di sapere entrare in empatia con loro. Gli aneddoti, sull’Ancelotti amico dei propri giocatori si sprecano: dagli scherzi fatti e subiti da Rino Gattuso, uno dei suoi pupilli ai tempi del Milan, alle battute con cui disinnescava chi gli faceva notare come Ronaldinho fosse rientrato a casa alle 3 la notte precedente: “Mi dispiace. Aveva il permesso fino alle 5 del mattino, se è tornato alle 3 significa che non si stava divertendo”.

Sami Khedira, che con Ancelotti ha condiviso due anni al Real Madrid, descrive così il tecnico: “Dà molte, molte, molte libertà. Fa così perché vuole che i suoi giocatori siano creativi. E’ un allenatore sempre pronto ad ascoltarti e chiarire faccia a faccia, il suo approccio con i giocatori è limpido e si basa molto sul rapporto umano: Ancelotti è un grande allenatore, oltre che un uomo di classe”.

E’ proprio il tecnico a spiegare il suo approccio: “Penso sia importante avere un buon rapporto con le persone con le quali si lavora. L’aspetto più importante del nostro lavoro è questo. Insieme abbiamo un obiettivo da raggiungere, dobbiamo aiutarci e stare insieme tutto il giorno. Avere un buon rapporto consente di lavorare meglio”.

Quale che sia lo spogliatoio le versioni sono sempre unanimi: grande vicinanza nei confronti dei propri giocatori, capacità di infondere calma, di annullare la tensione negativa, con modi spesso totalmente differenti dallo stereotipo dell’allenatore duro e autoritario: prima della finale di Champions League del 2003 contro la Juventus radunò tutto il gruppo e guardarono insieme uno spezzone di “Ogni maledetta domenica”, il film con Al Pacino a lui caro. “Mi piace il cinema. Certi film ti ispirano, ti motivano, influenzano il tuo stile di vita. Spesso ho usato parti di film per motivare i miei giocatori”.

Le vittorie in Europa: 20 trofei da allenatore

Attraverso questa dimensione umana ha saputo affermarsi nell’eccellenza assoluta del calcio internazionale: ha allenato nei 5 massimi campionati europei, conquistando almeno un trofeo in ognuno di questi e imponendosi come uno dei cinque allenatori (insieme a Tomislav Ivić, Ernst Happel, José Mourinho, Eric Gerets e Giovanni Trapattoni) ad aver vinto il campionato di 4 paesi diversi (nel suo caso la Serie A con il Milan, la Premier League con il Chelsea, Bundesliga con i Bayern Monaco e la Ligue 1 con il Paris Saint Germain). Ha vinto 3 Champions League (record condiviso con Bob Paisley e Zinedine Zidane), unico ad esserci riuscito alla guida di due squadre diverse (2 titoli con il Milan, nel 2003 e nel 2007, e 1 con il Real Madrid, nel 2014).

E dopo tutto Carlo Ancelotti resta quello che, appena può, torna in Emilia per pranzare nella sua trattoria preferita con gli amici di sempre. “Non mi piace dire di essere un allenatore: sono una persona che fa l’allenatore”.