Alexi Lalas compie oggi 50 anni: se il calcio anni ’90 fosse un film, a questo difensore atipico, transitato al Padova dal 1994 al 1996, spetterebbe una di quelle parti, magari piccole, che però basterebbe a tratteggiare un personaggio cult per appassionati. Primo statunitense a calcare i campi della Serie A, la sua esperienza da calciatore in Italia può essere considerata senza infamia e senza lode, ma seppe distinguersi per la sua immagine eccentrica e totalmente fuori dai canoni del calciatore dell’epoca.

Capelli rossi alle spalle, lungo pizzetto, camicioni di flanella e una combinazione di italiano maccheronico e accento americano che facevano da amplificatore ad una comicità innata. Quella sensazione che Lalas fosse come un marziano sbarcato da un altro pianeta, che permeava ogni sua apparizione televisiva, era in fondo giustificata: il mondo del calcio, quel mondo del calcio, ovvero una Serie A che in quegli anni era il campionato più competitivo del mondo, non poteva che essere alieno per un ragazzo americano al primo anno da professionista, catapultato in Italia quasi per caso.

L’inizio della carriera: Usa ’94

Quanti calciatori possono dire che un Mondiale è stato il loro punto d’inizio? Già questo fa intuire quanto Lalas stesse su binari atipici: il Padova aveva deciso per il suo ingaggio al termine dei Mondiali di Usa ’94: Lalas ai tempi frequentava il college alla Rutgers University, nel New Jersey, ed era da qualche tempo nel giro della nazionale, infarcita di universitari. Venne quindi aggregato al team statunitense che si sarebbe apprestato a disputare i mondiali casalinghi: giocò quel mondiale su buoni livelli, segnando persino un gol (annullato per un fuorigioco inesistente) nella gara dei gironi eliminatori vinta 2-1 contro la Colombia, la partita divenuta tristemente celebre per l’autorete che sarebbe costata la vita ad Andrés Escobar, assassinato in patria perché ritenuto responsabile dell’eliminazione colombiana.

L’approdo in Serie A, al Padova

La società veneta lo acquista in estate per 400 milioni di lire e su di lui non gravano grandi aspettative: “A quei tempi era un sogno giocare in Italia, oggi magari non è più così – le parole di Lalas in una recente intervista – ma quando mi prospettarono la possibilità di giocare qui ho accettato senza pensarci”.

In molti vedono nell’ingaggio di una delle figure più folkloristiche del mondiale una mossa d’immagine, ma il ragazzo nato nel Mitchigan dimostra di meritare uno spazio in A: disputa due campionati in cui non sfigura, togliendosi persino la soddisfazione di segnare allo stellare Milan di Capello, nella gara vinta dal Padova per 2-0, il 16 ottobre del 1994: “Forse era fuorigioco – dice ridendo – oggi con il Var magari me lo avrebbero annullato. Che gioia però, è stato un momento incredibile segnare in Serie A e farlo al Milan che vedevo in televisione”.

In pochissimo tempo Lalas diventa un idolo della propria tifoseria, che lo ribatezza Generale Custer, per la sua spiccata somiglianza con il generale nordista americano, ma la sua figura suscita simpatia in tutto l’ambiente calcistico, al di là dei colori. Folgoranti alcune sue uscite durante le interviste televisive, un contesto in cui lo statunitense emergeva con una spontaneità scanzonata e per certi versi irrimediabilmente fuori contesto rispetto al piglio ingessato delle battute sempre uguali e scontate dei post partita di Serie A.

Lalas, un personaggio cult

Le sue interviste diventano un cult: in una puntata di Pressing si presenta con chiodo e bandana da harleysta parlando di chitarre, segni zodiacali e hockey su ghiaccio al fianco di un esterrefatto Franco Baresi in divisa sociale; in un’altra occasione risponde a Zeman, che aveva sentenziato che Lalas fosse “non adatto alla Serie A”, con un laconico e totalmente sgrammaticato “E’ possibile che Zeman è uno vafan***o”.

Estetica bizzarra, nessun filtro, nessuna etichetta e la Gialappa’s Band ci va a nozze, trasformandolo in un personaggio tra i più amati di Mai Dire Gol. Il personaggio oscura quasi completamente il giocatore e racconti sulle sue stravaganze si moltiplicano: scolpito nella leggenda l’episodio che vede i Carabinieri giungere a casa sua, allertati dai vicini infastiditi da rumori molesti provenienti dal garage di Lalas, che lo trovano a tirare pallonate contro la saracinesca urlando una telecronaca fantasiosa su gol immaginari.

Il ritiro e la musica

Lalas lascia Padova dopo due stagioni, sufficienti a farlo entrare nel mito dei calciatori passati dall’Euganeo, per tornare negli Stati Uniti in cui prosegue la carriera nella Major League Soccer. Dopo il ritiro, nel 2003, si dedica alla sua più grande passione, ovvero la musica, come frontman e chitarrista del suo gruppo, i Ginger.

Nel 2019 ha fatto ritorno a Padova da tifoso, tra vecchi ricordi, amore per la città e la simpatia di sempre: “Non c’è stato giorno in cui io non abbia pensato a Padova, mi ha lasciato qualcosa che porterò dentro per sempre. Dovevo marcare gente come Baggio e Del Piero, non ero il difensore più forte in circolazione, ma sicuramente il più bello”.