Il calcio è il gioco, il business, il mestiere, il passatempo più bello del mondo: dipende dai punti di vista. Siccome in questi giorni siamo protesi a combattere una battaglia ben più importante, quella per la vita, proprio ora ti viene nostalgia delle cose che avevi e che per ora non hai più, di un blitz con gli amici per “guardare quella partita”, di un rientro nella notte dopo essermi tolto uno sfizio “volevo andare in quello stadio, ci stavo pensando da un po’”. Sono momenti che soltanto il calcio (oppure lo sport in generale) può regalare, ma in una scaletta gerarchica ci sono le cose più importanti tra le più importanti e le più importanti tra le meno importanti, e in questo momento non c’è partita che tenga. Il calcio tornerà, tuttavia in questo momento ci sembra più utile fermare chi non si è ancora reso conto del problema, o magari lo ha fatto in colpevole ritardo. Stop a maghi, incoscienti e insensibili, gli stessi che dinanzi a tutto e a tutti ci passano sopra perdendo il bene dell’intelletto.

I maghi sono quelli che giocano a prevedere quando ripartirà il campionato, il giorno preciso e magari l’orario, quando si consumeranno le partite di Champions, perché diventa fondamentale saperlo ora. E fondamentale non è. Il presidente Gravina è stato chiaro, chiarissimo, ha dato delle previsioni che – come da lui stesso approfondito – sono suscettibili di variazione perché bisogna inevitabilmente navigare a distanza. Playoff e playout? È un’idea viva ma la tendenza è quella di giocare ciò che resta (in Serie A 12 o 13 partite) e di andare fino in fondo. Il playoff ha fascino ma soltanto se è stato programmato fin dall’inizio: in Serie B due vanno su e dalla terza all’ottava entrano in scena in vari momenti, tutelando la classifica del campionato. Qui sarebbe completamente diverso, l’Atalanta (oggi quarta) si troverebbe a lottare per il titolo malgrado una distanza importante rispetto alla prima in classifica (oggi la Juve).

Comprensibile la tendenza a rispettare il campionato, ma non è scontato che andrà così, semplicemente perché poi – quando la normalità verrà ripristinata – ci sarà sempre chi difficilmente accetterebbe uno stravolgimento del genere. Vedremo. La Roma oggi è quinta ma per quale motivo non dovrebbe legittimamente sperare ancora di recuperare terreno rispetto alla postazione Champions occupata dall’Atalanta? Ti sei dato un tempo limite, ripartire non oltre la prima settimana di maggio, bene. Se sarà possibile si procederà, altrimenti amen. Ma quelli che pronosticano la data di ripartenza sono ogni tanto anche quelli che lo fanno perché magari confidano in uno slittamento o in un annullamento che mascheri una stagione fin qui orribile. Sinceramente con questo modo di fare non hanno proprio capito un tubo. Amen.

Poi ci sono gli incoscienti, quelli della Premier League che non hanno ritenuto opportuno sospendere il campionato neanche in presenza di tre tesserati del Leicester coinvolti dal Coronavirus. Sono andati avanti ignari, avrebbero attraversato la Manica a piedi nudi, probabilmente sono stati fermati dalla positività di Arteta (l’allenatore dell’Arsenal) e dalla quarantena di qualche club. Altrimenti lo scorso weekend ci sarebbe stato il fischio d’inizio, magari dentro qualche stadio affollato. Noi crediamo che le Federazioni debbano essere sempre più superate – anche con una certa velocità – da decreti rigidi e senza alcun tipo di manovra (non sarebbero decreti…) quando rasentano la follia e procedono come se il mondo circostante non avesse già dato sentenze tragiche e inappellabili. In Inghilterra hanno un modo loro di vedere le cose, con previsioni catastrofiche (e non ci riferiamo certo al calcio) sulla portata del virus nel giro di un anno. A maggior ragione ci aspettiamo che le loro famose leggi, talmente rigide e spesso funzionali, possano coinvolgere i signori del calcio che stavolta hanno toccato il fondo, in modo che la prossima volta non esista un minimo di esitazione nel fermare la Premier.

Occhio anche agli insensibili. Non obbligatoriamente l’arbitro di Real-Juve che “aveva un bidone della spazzatura al posto del cuore” nell’interpretazione di Gigi Buffon, ma in questo caso andiamo oltre. Ceferin, il numero uno dell’Uefa, ha superato tutti i limiti: fosse dipeso da lui, non avrebbe fermato la Champions anche in presenza di bombe a mano (è una provocazione) all’interno degli stadi. Abbiamo visto Liverpool-Atletico dentro un Anfield stracolmo, malgrado un contagio che aveva già fatto qualche giretto in Europa. Niente, per Ceferin tutto normale. Si è convertito soltanto quando il Governo spagnolo ha vietato i voli in entrata e in uscita, a quel punto ha detto stop. Se ci pensate bene, la stessa Uefa l’11 settembre 2001 fece peggio, anzi si fece un baffo dell’attentato alle Torri Gemelle, motivando il tutto con l’impossibilità di rinviare le gare di Champions programmate poche ore dopo l’immane tragedia di New York. Quindi, cosa c’è da aspettarsi da questa gente? Nulla. Anzi, ci aspettiamo che il calcio torni – se e soprattutto quando sarà possibile – ma che contemporaneamente qualcuno di quei signori resti a casa per sempre.