Di Redazione William Hill News
30 Ottobre 2020
La “Mano de Dios”, “El Diez”, “Pibe de oro”: sono tanti gli epiteti con cui è stato descritto, di volta in volta, l’atleta che forse più di ogni altro è stato la rappresentazione in carne e ossa del calcio. Il 30 ottobre compie 60 anni Diego Armando Maradona. Dall’esordio in Argentina fino alla consacrazione assoluta al Napoli, passando per i successi con la sua Nazionale: in occasione del suo 60° compleanno, celebriamo la storia di uno dei più grandi numeri dieci di questo sport ripercorrendone la straordinaria carriera.
Diego Armando Maradona: l’origine del mito
Nato a Lanus in Argentina il 30 ottobre del 1960, Diego Armando Maradona ha con il pallone un rapporto di confidenza diverso, speciale. In campo parla una lingua che i suoi coetanei fanno fatica a comprendere. Viaggia ad una velocità di pensiero e azione superiore a tutti gli altri, soprattutto con quel piede mancino, che sembra essere stato forgiato ad hoc per il calcio.
A soli 10 anni entra nell’Argentinos Juniors di Buenos Aires, debuttando in prima squadra, tra i professionisti, appena sei anni più tardi. Veste questa maglia per un quinquennio portando a casa due palloni d’oro sudamericani consecutivi (1979 e 1980), prima del grande salto al Boca Juniors, una delle squadre più blasonate del calcio argentino e non solo. In quegli anni, però, il club sta attraversando un periodo economicamente piuttosto delicato. E così l’avventura al Boca, la squadra per cui tifa il padre di Diego, dura solo un anno.
Abbastanza, però, da regalarsi e regalare al papà e a tutti i tifosi del Boca un campionato di Apertura. Partendo dal calcio sudamericano, l’eco delle prestazioni di Maradona, a quel punto, ha già valicato i continenti. Il Barcellona è il più rapido a sentirne il richiamo e a ingaggiarlo: l’esperienza biennale in blaugrana, però, non è particolarmente fortunata, complici anche i numerosi infortuni. Su tutti quello subito in una partita della Liga nel 1983, quando il difensore dell’Athletic Bilbao, Andoni Goikoetxea, rompe la gamba a Maradona, mettendone a rischio la carriera. Per fortuna del calcio e della sua futura squadra, il Napoli, il film della carriera calcistica di Diego non finirà quel giorno.
La “Mano de Dios” di Maradona sul Mondiale del 1986
Tre anni dopo quel tremendo infortunio, Maradona trascina la sua Argentina sul tetto del mondo per la seconda volta nella storia della Selección. A Messico ’86 nasce il mito della “Mano de Dios” di Maradona. La partita che entra nella leggenda è il quarto di finale contro l’Inghilterra: non un incrocio come gli altri, ma una sfida che travalica i confini dello sport per assumere valori simbolici ancora più alti. Quattro anni prima di quel Mondiale, infatti, Argentina e Regno Unito si scontrano nella celebre guerra delle Falkland. Ebbene, contro gli inglesi Maradona realizza una doppietta storica, in un mix di genialità e astuzia senza precedenti.
Oltre alla celebre rete di mano ad anticipare l’uscita alta del portiere inglese Shilton, El Diez realizza quello che verrà ribattezzato come il “gol del secolo”: una serpentina di 60 metri durante la quale Diego si lascia alle spalle, come fossero birilli, cinque calciatori inglesi e il portiere, saltato e trafitto con una facilità disarmante. L’Argentina, in seguito, solleverà la Coppa del Mondo battendo 3 a 2 la Germania in finale, ma i gol di Maradona contro l’Inghilterra resteranno le vere immagini simbolo di quel successo.
L’epopea del Napoli di Maradona
Un capitolo a parte, poi, lo merita il Napoli di Maradona, per portata e difficoltà delle imprese compiute sotto la guida del Diez. Diego viene presentato in uno Stadio San Paolo stracolmo di passione e ambizioni il 5 luglio del 1984. È come se la piazza, in quel momento, percepisse che qualcosa di grande sarebbe successo negli anni a venire. E, in effetti, dopo una stagione interlocutoria conclusa all’ottavo posto in campionato, il Napoli entra in quello che, ancora ad oggi, è il periodo più vincente della sua storia.
Il primo scudetto arriva nel 1987, seguito dal bis concesso al termine della stagione 1989-1990. In mezzo c’è spazio anche per il trionfo continentale in Coppa Uefa, in finale contro i tedeschi dello Stoccarda, dopo aver eliminato la Juventus ai quarti. Juventus che verrà schiantata anche nella finale di Supercoppa italiana del 1990 con un 5 a 1 senza possibilità di appello. È un successo, quello, che segna di fatto l’inizio della fine dell’avventura di Maradona all’ombra del Vesuvio. Il campione argentino, infatti, risulterà positivo alla cocaina nel marzo del 1991 e un anno più tardi volerà a Siviglia, con un bagaglio di 259 presenze condite da 115 reti con il Napoli e quella maglia numero 10 ritirata dagli Azzurri nel 2000, in omaggio alla sua più grande leggenda.
La seconda vita di Maradona: la carriera da allenatore dopo l’addio al calcio giocato
Gli anni Novanta sembrano poter regalare a Diego Armando Maradona una seconda vita sportiva. Dopo un anno a Siviglia e il ritorno in Argentina, sponda Newell’s Old Boys, Maradona si presenta al top della condizione ai mondiali statunitensi del 1994. La positività ad un controllo antidoping, però, fermerà ancora la corsa del Pibe de Oro e, di conseguenza, anche quella dell’Argentina, che senza il suo leader si scioglierà come neve al sole. Maradona giocherà per altri tre anni con il Boca Juniors prima di salutare, da calciatore, il campo da gioco.
Ci tornerà in un’altra veste, quella di allenatore. Dopo alcune esperienze minori, infatti, a Diego viene affidata la panchina della sua Argentina nel 2008. Conquista una sudatissima qualificazione ai mondiali sudafricani del 2010, ma con la Selección naufragherà ai quarti contro la Germania, segnando la fine del suo percorso da Ct. Dopo un paio di esperienze negli Emirati Arabi e un anno, dal 2018 al 2019, sulla panchina dei messicani del Dorados, il viaggio di Diego sta proseguendo sulla panchina del Gimnasia La Plata nel campionato argentino. Maradona oggi festeggia i 60 anni, ma il suo compleanno non può essere un giorno come gli altri. Soprattutto per uno sport al quale ha regalato così tanto, senza chiedere nulla in cambio, se non la proprietà intellettuale di quel numero dieci, che poi è solo un altro modo per dire Maradona.
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