Di Massimo Zampini
21 Luglio 2020
Quando Rabiot tiene palla, conquista un angolo, un fallo laterale e non gliela tolgono più, dopo che Ronaldo aveva appena fatto qualcosa di analogo sull’altra fascia, il peggio è davvero passato. Orsato può fischiare e adesso manca davvero poco per un’impresa che in tanti danno sin dall’inizio per scontata e invece per me varrebbe oro, perché nove anni sono davvero troppi, per non avere mai un cedimento.
Tanto più se cambi allenatore, alla prima giornata si infortuna il capitano e per un evento straordinario ti trovi a giocare tutte le sfide decisive (Inter, Lazio e più avanti il Lione) senza il tuo pubblico, dopo avere disputato le gare di andata davanti ai tifosi rivali.
Ma ci sarà tempo per commentare la stagione e l’eventuale nuova impresa, se non ci complicheremo la vita anche da qui in poi: Roma-Inter e Juve-Lazio sono ancora troppo fresche per saltarle senza dedicare loro alcun pensiero.
I nerazzurri fanno la loro partita, potrebbero perdere, alla fine anche vincere, ma sostanzialmente non tirano mai. Soprattutto, non hanno nello spirito quella voglia disperata di vincere, di mettere pressione all’avversario (quello incontrato sul campo e quello che guarda da casa – o dall’hotel): trovato per puro caso il 2-2, arrivano un paio di calci piazzati e poco altro. Il clou arriva alla fine, quando Conte si scatena contro tutti, ma probabilmente con un solo vero obiettivo, che lavora piuttosto vicino a lui non in qualche società nemica. Calendario, arbitro, schiaffi ora, schiaffi in passato, “forse non eravamo in Lega”.
Il giorno dopo, una volta divenuto quasi impossibile il cammino verso il titolo, i tifosi interisti, improvvisamente, cominciano ad amare Antonio Conte. Il che attesta ulteriormente che non ci sono – ovviamente – tifoserie migliori e peggiori, ma alcune macro caratteristiche sono individuabili: se, come abbiamo scritto proprio qui, lo juventino è quantomai goffo quando non vince, diventando isterico per due pareggi e ridicolo (parlo anche di me, eh) finché non c’è la quasi matematica, nell’eterno terrore di non portare a casa l’agognato trofeo (per poi talvolta non goderselo come dovrebbe), l’interista è quasi l’opposto: si distende quando non può più vincere quel titolo, perché così si può pensare a quello successivo, e soprattutto si esalta se trova l’alibi per non avere prevalso.
La sera dopo tocca alla Juve e, rieccoci al nostro consueto panico, il terrore non va via dopo il rigore di Ronaldo, non sparisce neanche dopo il 2-0 di Cristiano e infatti, dopo altre occasioni sbagliate, ecco la consueta distrazione (stavolta Bonucci) per il 2-1 e soprattutto, eccola, la super chance per l’avversario per rigettarti nelle nostre paure e ipocondrie. Szczesny para la punizione di Milinkovic e da lì torniamo allo show descritto all’inizio, con Ronaldo e Rabiot perfetti nel tenere palla a cento metri di distanza dalla nostra porta, così fare follie è più complicato e comunque meno dannoso.
Finita. Si abbracciano Ronaldo e Immobile, con un giovane compagno del secondo (Raul Moro) che li guarda ammirati come noi, in una foto splendida che racconta bene cosa sia lo sport: certo, voler vincere a tutti i costi ma poi stretta di mano e rispetto per il rivale. 30 gol l’uno, 30 gol l’altro: fantastici, dall’inizio alla fine.
Cosa manca, allora? Mancano i complimenti a Dybala, vero e proprio uomo in più durante tutta la stagione, brillante, divertente ed efficace contro la Lazio come per tutta la stagione, come se nulla fosse accaduto nei mesi centrali. Manca un giudizio totalmente rovesciato su Rabiot, indisponente fino a qualche settimana fa e poi forte, presente, concentrato, utile. Un abbraccio a Bonucci, goffo sul rigore e poi bravissimo su un contropiede laziale a pochi minuti dalla fine, ma soprattutto fisso al centro della difesa da un anno, con ben poche opportunità per riposare. E Cuadrado, una sicurezza. Bentancur, che sta diventando il Rodrigo che tanti di noi credono di avere intravisto sin dal suo arrivo. Szczesny, fantastico con Lazio e Sassuolo, quando una parata in più o in meno può cambiare tutto.
E mancano 4 punti, che vi supplico di fare al più presto perché, forse lo avrete intuito, le attese prolungate non fanno proprio per noi.
Autore di 4 libri, praticamente identici, cambiando solo il titolo e i nomi dei protagonisti: finale sempre uguale. Blogger e opinionista tv. La frase che mi sono sentito dire di più in vita mia? "Ma come fai a essere di Roma e a tifare per la Juve?"