Di Gabriele Borzillo
Aggiornato: 25 Ottobre 2021
Giornata numero nove sistemata in archivio, con la coppia di testa Milan-Napoli a correre e le altre a cercare, quantomeno, di non perdere troppo terreno in attesa di tempi migliori. Non so se mai verranno, i tempi migliori intendo ma, nel frattempo, meglio evitare di staccarsi dalle due in maniera considerevole: soprattutto perché, dato di fatto oggettivo e non interpretazione soggettiva, il campionato si decide sempre da febbraio in avanti. Quindi poter contare su un vantaggio di sette punti oggi, giusto per intenderci, è importante sì però, a ben vedere, non così tanto da permettersi di cullarsi sugli allori, considerando le stagioni passate.
Vince il Milan in emergenza sul campo del Bologna, agevolato in maniera fin troppo evidente dalla doppia inferiorità felsinea, corretta a termini di regolamento, ragion per cui non capisco, faccio fatica, lo confesso, proteste vere o presunte nei confronti dell’arbitro Valeri: che non avrà diretto la gara della vita, sia chiaro, ma ha applicato norme e termini in maniera fiscale, se vogliamo, ma senza uscire dal seminato. I rossoneri non hanno impressionato, anzi: ma questo è un periodo nel quale al Diavolo gira tutto per il verso giusto e il fieno in cascina va messo in attesa di tempi peggiori, perché nel corso di un campionato arriveranno pure quelli.
Non tiene il passo il Napoli, fermato sullo zero a zero da Mou e da una Roma discreta, nemmeno lontanissima parente di quella orrenda e poco credibile ammirata, si fa per scherzare ovviamente, in Norvegia. Pareggio senza reti ma non senza emozioni in quello che, una volta, veniva definito il derby del Sud. Forse gli azzurri hanno concretamente rischiato di vincere più dei giallorossi, costruendo senza mai dare l’impressione di poter sfondare negli ultimi sedici metri. Il gol annullato al Napoli è frutto di interpretazione corretta mentre più confusa appare la decisione sul rigore presunto non fischiato a favore dei partenopei. E qui entra in scena il VAR: perché a Milano il VAR decide l’esito di una partita, intervenendo due minuti dopo l’azione incriminata e vista senza se e senza ma dall’arbitro Mariani – che anzi invita Alex Sandro ad alzarsi da terra ritenendo il contatto regolare o comunque non tale da giustificare l’assegnazione della massima punizione – per segnalare la revisione, tocco leggerissimo di Dumfries che genera il “rigorino” fiscale assai mentre a Roma un tocco simile per fattezze e consistenza viene dimenticato o lasciato correre. Del resto, anche oggi, Rocchi ha affermato di essere “contento delle prestazioni dei suoi”. E se lo dice lui possiamo senza dubbio dormire sonni tranquilli.
Inter-Juve, tanto per cambiare, genera polemiche e i soliti veleni. Dal mio punto di vista se Mariani va a rivedere fischia il rigore, cosa puntualmente accaduta. Il problema, casomai, è capire fin dove l’autorità del varista Guida può arrivare: ovverosia, può richiamare l’arbitro che pure ha visto l’azione e lasciato correre? Perché durante l’ultimo Juventus-Inter, a memoria, su un rigore inesistente mal giudicato da Calvarese, ci raccontarono che il (lo, la, come volete) VAR non poteva intervenire, il giudizio andava lasciato all’arbitro centrale che aveva optato per la massima punizione essendo vicino all’azione. La tecnologia viene chiamata in causa solo a seguito di grave ed evidente errore del direttore di gara.
Ecco, questo grave ed evidente errore va analizzato o, perlomeno, spiegato ai milioni di tifosi. Ma per bene, non raccontando le cose secondo il mood di giornata. Il calcio è sì principalmente un gioco che appassiona la gente ma, nel contempo, un’azienda che produce lavoro e denaro, nemmeno poco in ultima analisi.
Non si chiede molto, semplicemente chiarezza e uniformità di giudizio. Non mi sembra troppo.
Altrimenti oggi è capitato a Inter e Napoli, domani potrebbe capitare ad altri. E il giochino rischia di alimentare grette e inutili polemiche, delle quali non se ne sente la benché minima necessità.
Nato a Milano, giornalista, scrittore, speaker radiofonico ed opinionista televisivo, laureato in Marketing e Comunicazione d’Impresa.