Di Francesca Brienza
Aggiornato: 7 Novembre 2020
Facendo un tuffo nel passato e immergendosi tra i più significativi Genoa-Roma che hanno costellato la storia del nostro campionato, sembra che il destino si sia spesso sbizzarrito con le sorti di queste due squadre, intrecciandole sistematicamente tra risultati, trasferimenti di giocatori da una maglia all’altra e trofei conquistati. Procediamo per gradi e scorriamo insieme qualche passaggio.
Pochissimi tra noi c’erano già in occasione del primo confronto in casa dei rossoblù. E non si tratta di un ricordo piacevole: risale al 18 maggio 1930 e la Roma di Burgess venne sconfitta con un secco 3-1. Per assistere alla prima vittoria giallorossa sotto la Lanterna, bisognò attendere ben tredici anni, fino al 1943, quando la squadra capitolina, campione d’Italia in carica, si impose a Marassi per 0-2 grazie alle reti di Pantò e Amadei.
Come accennavo, tuttavia, per uno strano gioco di destini incrociati, Roma e Genoa hanno condiviso non solo singoli risultati, ma addirittura la retrocessione in serie B nella stagione 1950/1951. La storia narra che nel campionato successivo, dopo aver perso la gara di andata in casa (1-2, fu la prima sconfitta stagionale per i giallorossi), la Roma di Gipo Viani perse di misura anche al Ferraris, con un gol di Melandri, ma fortunatamente le due sconfitte non pesarono sull’esito del campionato: i giallorossi riconquistarono subito la massima serie, mentre il Genoa fu costretto a disputare un’altra annata nel “purgatorio” cadetto.
L’11 ottobre 1981, invece, la Roma di Liedholm tornò a vincere al Ferraris per 0-1, grazie ad un gol di Pruzzo che, ironia della sorte, aveva esordito in A proprio con la maglia del “Grifone”, così come avvenne poi anche per Nela e, in tempi più recenti, per Perotti e Destro, sebbene quest’ultimo fosse in comproprietà con il Siena. Lo stesso Bruno Conti, pur esordendo in serie A tra le file giallorosse, giocò due anni a Genova prima di far ritorno a Roma per la definitiva consacrazione.
Non c’è alcun dubbio, però, che la partita simbolo, quella che più di ogni altra è in grado di suscitare nei romanisti un tumulto di emozioni che si tramandano di generazione in generazione, si disputò l’8 maggio 1983. Io non ero ancora nata, ma credo che assistere dal vivo al goal che “il Bomber” di Crocefieschi realizzò, proprio sotto la Gradinata Nord, con un imperioso stacco di testa su traversone del capitano Agostino Di Bartolomei, deve essere stata una gioia immensa. “Attenzione: Roma in vantaggio con Pruzzo!”. Irruppe proprio così il compianto Enrico Ameri che, in collegamento da “Marassi” per “Tutto il calcio minuto per minuto”, annunciava il vantaggio dei giallorossi.
Quel giorno, magari qualcuno ne conserva tuttora il ricordo, il risveglio della Capitale era stato funestato dalla terribile notizia della scomparsa di una minorenne, la quindicenne Mirella Gregori, svanita nel nulla ventiquattro ore prima nel quartiere Nomentano. Ci pensò dunque Roberto Pruzzo ad alleviare il dispiacere, dipingendo numerosi sorrisi sul volto dei romanisti, che al termine del match invasero la città di bandiere giallorosse, intonando cori inneggianti alla squadra e al suo timoniere, il mister Liedholm.
Con quel gol decisivo al 19’ del primo tempo, Pruzzo passerà alla storia con il soprannome di “Bomber”. Dopo quarantuno anni, la Roma conquistava il suo secondo agognato tricolore, chiudendo il campionato con quattro lunghezze di vantaggio sulla Juventus, l’eterna rivale. “È la fine di un incubo. La Roma e i suoi tifosi escono finalmente dalla prigionia del sogno”, dichiarerà un raggiante Dino Viola negli spogliatoi.
La festa scudetto, sempre per il gioco del destino di cui sopra, fu condivisa insieme ai tifosi di casa che, grazie al pareggio di Fiorini per il definitivo 1-1, guadagnarono la matematica salvezza. Per chi ama recitarla a memoria, questa fu la formazione che realizzò l’impresa: Tancredi, Nappi, Vierchowod, Righetti, Falcao, Nela, Chierico, Ancelotti, Pruzzo, Di Bartolomei, Conti. In panchina: Superchi, Maldera, Valigi, Faccini, Iorio. Allenatore: Nils Liedholm.
Stavolta non ci sarà in ballo il titolo, ma quali saranno gli undici che vedremo in campo domenica?
Conduttrice, giornalista televisiva e viaggiatrice. Di dichiarata fede romanista, da anni prendo parte a molti salotti televisivi che parlano di calcio per far valere anche le opinioni di chi é donna in un mondo apparentemente accessibile solo agli uomini. Vado dove mi porta il calcio e non solo.