Di Gabriele Borzillo
29 Novembre 2021
Doveva essere un impegno complicato, insidioso, difficile. A Napoli arrivava la Lazio del grande ex Maurizio Sarri, fautore del bel gioco, della corsa, del sacrificio. Invece si è trattato di un semplice allenamento per i partenopei, coi biancazzurri romani nemmeno scesi in campo, tramortiti dall’uno-due iniziale che ne ha compromesso l’esito dell’intera partita. La prova del nove gli azzurri l’hanno superata con una scioltezza raramente riscontrabile nei cosiddetti big match: a questo punto possiamo depennare con tranquillità la Lazio dalle pretendenti al tricolore e, se l’andazzo resterà simile anche nel prossimo futuro, da un posto nell’Europa dei grandi. Spalletti ha riscoperto Mertens (sempre stato un fuoriclasse il belga) e, soprattutto, ha dimostrato di poter gestire un momento complicato come quello attuale, per le assenze forzate in zone nevralgiche del campo, con relativa tranquillità. Certo, poca l’attendibilità del test vista la prestazione laziale, ripetiamo: ma è anche vero che, se da una parte gli uomini di Sarri sono stati deludenti come poche volte, dall’altra vanno sottolineati i meriti della capolista, enormi.
Così il Napoli resta solo in testa, complice il pessimo pomeriggio milanista. I rossoneri, dopo un inizio a dir poco esaltante condito dal gol di Romagnoli, sono sprofondati in un baratro di non gioco che ha consentito al Sassuolo di disporre dell’avversario con una semplicità a tratti disarmante. Certo, l’impegno Champions di mercoledì sera a Madrid può essersi fatto sentire nelle gambe ma, allora, mi vien da pensare come mai, esempio, il Napoli andava a mille all’ora? Stesso discorso per l’Inter? O, scavalcando i confini nazionali, nei maggiori campionati del vecchio continente la storia dell’impegno ravvicinato non viene mai tenuta in considerazione? Ora, che il calendario sia allucinante e senza senso lo abbiamo scritto e ribadito più volte: però, se si cerca di essere una grande squadra beh, gli impegni ovviamente aumentano e sono sempre più complicati. La mia idea è che il Milan abbia vissuto una brutta domenica, può capitare. D’altra parte già mercoledì sera – impegno più difficile di quanto si pensi a Genova contro una delle bandiere rossonere della storia, Sheva – cercheremo di saperne e capirne di più.
Approfitta dello scivolone dei cugini l’Inter, ormai in scia con la freccia inserita. Simone Inzaghi sta plasmando i nerazzurri sempre più secondo i dettami del calcio in cui crede, fatto di tanto possesso, difesa alta, controllo di palla e partita. Va bene, magari Venezia non era impegno improbo per i campioni d’Italia in carica: va ricordato, comunque, che i lagunari erano reduci da due vittorie consecutive giocando un ottimo pallone, mentalmente e fisicamente al top. L’Inter ha controllato e gestito la gara dal primo minuto al triplice fischio finale, senza mai dare l’impressione di trovarsi in affanno o perdere il bandolo della matassa.
Il bandolo, al contrario, lo ha perso per l’ennesima volta la Juventus, sconfitta in casa da Gasperini. Oltretutto, possiamo affermarlo senza timore di smentita, l’Atalanta non ha giocato una partita indimenticabile: si è limitata a sfruttare paure ed errori, anche orrori, degli avversari e ha vinto a Torino dopo oltre trent’anni col minimo sforzo. Allegri deve, è necessario, cambiare qualcosa. E lo deve fare in fretta, altrimenti anche il treno Champions sfumerà ancor prima del giro di boa.
In fondo alla classifica pareggio inutile tra Cagliari e Salernitana, punto d’oro del Genoa a Udine e sconfitta casalinga dello Spezia: queste quattro sono attualmente le maggiori candidate a giocarsi la serie A. Con Venezia, Samp e Udinese pericolosamente in bilico.
Nato a Milano, giornalista, scrittore, speaker radiofonico ed opinionista televisivo, laureato in Marketing e Comunicazione d’Impresa.