Di Francesca Brienza
18 Luglio 2020
È la volta di Roma-Inter. Nel novero dei match di cartello che coinvolgono i giallorossi, assieme al derby (ovvio) e alle sfide contro i “nemici storici” della Juventus, è considerata “LA” partita, possibilmente da seguire allo Stadio Olimpico, acquistando i biglietti con largo anticipo per essere certi di non restare a mani vuote. Non sarà così quest’anno, con un campionato che si disputa a porte chiuse per le note ragioni di sicurezza dovute al contagio da Covid-19. Se è indubbio che il calcio, orfano del tifo, smarrisca tanto del suo naturale fascino, è vero anche che, al contempo, gli spalti desolatamente vuoti contribuiscono ad attenuare, nei calciatori, buona parte dei patemi legati alle prestazioni sul campo. In un campionato così atipico, vincere è sì ugualmente importante, ma meno bello di prima. E anche le sconfitte, che scottano ma non bruciano, presentano ripercussioni più affievolite: magari i giocatori ci rimuginano nel tragitto tra gli spogliatoi e il pullman che li riporta a casa, ma poi tutto sfuma via. Un po’ perché la pressione, in queste condizioni, si avverte meno, e un po’ perché giocando ogni tre giorni non c’è nemmeno il tempo materiale di star lì a crucciarsi, visto che incombe subito un’altra sfida da preparare.
La situazione è ben diversa da quella che i calciatori vivono abitualmente a causa degli impegni serrati dettati dai frenetici ritmi della Champions League. In quel caso, infatti, oltre alle motivazioni, cambiano pure gli stimoli, legati alla caratura dell’avversario di turno, che proviene da un’altra realtà e le cui caratteristiche risultano sicuramente meno familiari rispetto a quelle degli antagonisti contro cui si gioca ininterrottamente da molti anni. Non si commette, dunque, peccato se si ammette candidamente che questo campionato, giocato nelle attuali condizioni, non sta appassionando nessuno. Nemmeno chi si trova in vetta con le braccia tese verso lo scudetto. Questa atmosfera surreale, o forse proprio l’assenza di essa, si percepisce nitidamente anche in campo. C’è chi sostiene che la presenza o l’assenza del pubblico, non incida sui protagonisti del rettangolo verde, perché una volta fischiato l’inizio del match questi si concentrerebbero solamente sul gioco. Be’, stando a quanto visto dalla ripresa della competizione, stento a credere a questa versione. La presenza del pubblico carica, motiva, genera pressioni che alimentano l’adrenalina e il senso di responsabilità dei giocatori. In assenza di tutto ciò, vengono a mancare i principali input di questo appassionante gioco. E il risultato, a mio avviso, si intuisce piuttosto chiaramente nell’approccio blando alle partite, sia quelle di cartello che le meno gettonate.
Che Roma – Inter sarà, dunque? In tempi normali ci saremmo precipitati a consultare gli amarcord, perché quando si parla di Roma-Inter si intende da sempre una grande sfida. Io, per esempio, chiudendo gli occhi, rievoco alcune immagini della finale di andata di Coppa Italia risalente alla stagione 2006\2007: la Roma fu grande quella sera, durante il tramonto, dato che la partita si disputò alle 18.00, con il sole in fase calante. Una Roma “capoccia”, per dirla con le celebri parole di Venditti, che strapazzò un’Inter tra le più forti degli ultimi anni, capace di vincere in Serie A, in quell’annata, ben 33 incontri su 38, pareggiarne 3 e perderne uno solo (proprio contro la Roma a San Siro). Quest’anno, invece, l’Inter giunge alla sfida contro la Roma di Fonseca forte della miglior difesa della Seria A (34 goal subiti), del secondo miglior attacco (72 goal realizzati) e sulla scia della recentissima vittoria contro la Spal (0-4) che le ha consentito di consolidare il secondo posto in classifica ai danni della strabiliante Atalanta di mister Gasperini. Tutt’altra atmosfera in casa Roma, con una squadra in balia delle sorti societarie, che si tiene stretta le tre vittorie consecutive, peraltro guadagnate con non poco sudore, utili per blindare momentaneamente il quinto posto valido per l’accesso diretto alla prossima Europa League. È tornato in campo il gioiellino Zaniolo, ritrovando anche il goal, ma servirà un po’ di pazienza affinché possa attestarsi nuovamente sui livelli pre-infortunio. E, in ogni caso, non dobbiamo scordare che si tratta di un ragazzo che ha appena compiuto 21 anni, ancora lontano dalla piena maturità agonistica, al quale non possono certo addossarsi le responsabilità di una stagione deludente per i nostri colori.
Si mantiene intatto a suon di goal, invece, il valore di Edin Džeko. Eppure sembrano non bastare 105 reti in giallorosso per esonerare il bosniaco da insistenti indiscrezioni di mercato, che lo vedrebbero approdare, nella prossima stagione, addirittura in nerazzurro alla corte di Antonio Conte. Una Roma senza Džeko, in questo momento, sarebbe una squadra non solo meno brillante, ma anche con minori soluzioni, data l’attitudine del bosniaco a propiziare occasioni da rete a beneficio degli altri. Oltretutto, la sua dedizione alla causa giallorossa è totale, come testimoniano i mugugni al termine della partita contro il Verona per via di qualche compagno reo di non averlo servito a dovere durante il match. Nelle ultime due sfide tra Roma e Inter, all’Olimpico, i risultati sono stati 1-3 e 2-2, con la vittoria giallorossa che manca dal 2016. In omaggio alla cronaca, va segnalato che, dalla ripresa del campionato, la Roma ha sempre subito almeno un goal tra le mura amiche: difficile immaginare che domenica sarà diverso, contro un attacco prolifico come quello nerazzurro. Ma non è questo l’importante. Roma-Inter, stavolta, la seguiremo dai divani di casa: se sarà giocata con ardore e voglia di vincere, varrà comunque la pena dire “io c’ero”.
Conduttrice, giornalista televisiva e viaggiatrice. Di dichiarata fede romanista, da anni prendo parte a molti salotti televisivi che parlano di calcio per far valere anche le opinioni di chi é donna in un mondo apparentemente accessibile solo agli uomini. Vado dove mi porta il calcio e non solo.