Di Francesca Brienza
18 Novembre 2020
Finalmente si torna a giocare. Eh sì, perché non potendo assaporare l’atmosfera magica dello stadio, l’appuntamento davanti alla tv per seguire cosa succede sui campi di calcio, è diventato irrinunciabile. Stavolta sarà molto diverso, con un Olimpico desolatamente vuoto, ma quando penso a Roma-Parma il primo ricordo indelebile vola subito al 17 giugno 2001, il giorno in cui la Roma vince il terzo scudetto della sua storia. Come dimenticare! Mi basta chiudere un istante gli occhi per rivedere la spensierata Francesca dell’epoca e ripassare in carrellata ogni singolo fotogramma di quei momenti pervasi da gioia irrefrenabile. Il giorno prima avevo compiuto 15 anni (oggi ne ho più del doppio!) e quel trionfo tanto atteso, che io ho sempre considerato “il mio scudetto”, lo custodisco tuttora gelosamente tra i miei ricordi più preziosi.
Ripercorro le interminabili ore trascorse in macchina insieme agli amici, in cinque in una Cinquecento, fino a sera, sventolando orgogliosamente le bandiere, suonando il clacson e cantando a squarciagola le note, pregne di romanità, di Antonello Venditti. Imbottigliati nel festante traffico del centro, ci si intratteneva a chiacchierare dai finestrini abbassati con gente mai vista prima, ma all’apice della gioia come noi. E questa era la sola cosa che contava. Roma, in quelle ore, si stemperava e si fondeva per davvero nei sui colori atavici: il giallo ocra e il rosso pompeiano.
Nessuno, nella nostra macchina, aveva mai celebrato uno scudetto e, dal momento che non eravamo presenti allo stadio, l’obiettivo era arrivare almeno al Circo Massimo. Ma noi, seppur temerari e determinati come poche altre volte nella vita, non ci siamo riusciti. Il delirio regnava un po’ ovunque, e per me, oltretutto, il “coprifuoco” a casa scattava prima di una certa ora.
Mi sono sempre ripromessa che al prossimo tricolore, chissà quando, niente e nessuno potrà impedirmi di giungere a destinazione e unirmi alla massa di tifosi in tripudio.
C’è però un altro Roma-Parma che ricordo con affetto: quello disputatosi di recente, il 16 settembre del 2013 (sono già trascorsi 7 anni?! Oh cielo!), il giorno in cui Kevin Strootman, l’olandese atterrato nella capitale per far sognare i tifosi romanisti, ha segnato su rigore il suo primo gol in giallorosso. E a difendere la porta dei ducali, indovinate un po’ chi c’era? Ebbene sì, proprio lui: Antonio Mirante!
Nei sui primi anni alla Roma, la “lavatrice” ha rappresentato un autentico valore aggiunto. È stato per me un giocatore incredibile, che ho visceralmente adorato, e quando ripenso al suo infortunio sono ancora sinceramente dispiaciuta.
Quel giorno, la Roma di Rudi Garcia cercava la terza vittoria consecutiva, arrivata poi con un bel 3-1 (Florenzi, Totti e Strootman i marcatori), per rinsaldare il primo posto in classifica in coabitazione con il Napoli.
Altri tempi, direte voi. E forse non avete tutti i torti. È stata davvero una stagione magica, e benché della Roma di allora sia rimasto poco o niente, quella di oggi continua a provarci, lottando e perseverando, e già questo conta molto, visti i tempi di magra che corrono.
Perciò ora viviamoci questo nuovo Roma – Parma, sperando di poterlo ricordare come qualcosa di bello.
Conduttrice, giornalista televisiva e viaggiatrice. Di dichiarata fede romanista, da anni prendo parte a molti salotti televisivi che parlano di calcio per far valere anche le opinioni di chi é donna in un mondo apparentemente accessibile solo agli uomini. Vado dove mi porta il calcio e non solo.