Di Gabriele Borzillo
21 Dicembre 2020
È un campionato bizzarro. Decisamente bizzarro. Senza padroni incontrastati, come capitava in anni recenti. È un campionato per certi versi retrò, un ritorno all’antico, con Milan, Inter e Juventus in cima, a giocarsi la leadership e lo scudetto d’inverno che racconta poco o nulla ma, a ben vedere, due volte su tre il platonico primo posto al giro di boa consegna il titolo a fine stagione.
Intanto una cosa è sempre più evidente: chiunque sia interessato a diventare campione d’Italia dovrà necessariamente fare i conti col Milan. Perché ormai è un dato di fatto, a meno di crolli improvvisi e oggi difficilmente prevedibili. Il Milan di Ibra, che all’improvviso si scopre essere il Milan di Calhanoglu, di Theo Hernandez, di Saelemaekers, di Bennacer e, perché no, di Calabria, Kalulu e Gabbia, per riassumere di Stefano Pioli, vero deus ex machina di questo non preventivabile inizio di stagione rossonero, non appartiene al fantastico mondo delle meteore. È squadra solida, disposta in campo secondo le capacità dei singoli, con pochi fronzoli e molta sostanza; facciamo convincente, così da spazzare il cielo da ogni nuvola.
Qualche nuvoletta, al contrario, continua ad aleggiare sul capino di Antonio Conte e di un’Inter sempre più operaia. Arrivano altri tre punti, con questa parliamo di sei vittorie consecutive, ma tra la tifoseria nerazzurra non serpeggia quell’ottimismo che una serie così positiva dovrebbe portare. Per molti il bel gioco è il mezzo per arrivare al risultato: per altri l’importante è quanto stai quando l’arbitro fischia la fine. Così, tra un contropiede di Hakimi e una paratissima di Handanovic in mezzo alla settimana, i nerazzurri continuano la rincorsa ai cugini che ci riporta alle sfide appassionanti di anni fa. Certo, il gioco di Conte può far arricciare il naso agli esteti del bel calcio: sta di fatto che, al netto di tutte le critiche possibili e immaginabili, i nerazzurri stanno prepotentemente lanciando il guanto di sfida al campionato.
Intanto, tra una chiacchiera e l’altra, la Juventus rimane attaccata al treno meneghino. Il successo di Parma dimostra quanto i bianconeri possano essere devastanti quando tutte le componenti funzionano nella maniera migliore. Certo, molto ma molto male il Parma, rimasto negli spogliatoi per buona parte della gara, ma i limiti dei ducali non possono nascondere la prova di forza della banda di Pirlo che, pur tentennando di tanto in tanto, è sempre e comunque la terza forza del campionato. In attesa, sia chiaro, del pronunciamento definitivo riguardo la famosa partita mai giocata col Napoli, atteso per domani. Quei tre punti pesano parecchio nell’attuale bilancio bianconero, così come pesano in maniera negativa sulla classifica dei partenopei, ieri sera la bruttissima copia della squadra ammirata solo tre giorni prima a Milano. Bene, davvero bene la Lazio, a dimostrazione della bontà di una rosa che Simone Inzaghi continua a sfruttare nella miglior maniera possibile, con Immobile trascinatore dei biancazzurri, aiutata dai ragazzi di Gattuso, attori di una delle peggiori prestazioni azzurre degli ultimi tempi, mai in partita, mai capaci di trasmettere, a sensazione, la possibilità di impensierire l’avversaria. Insomma, un cambiamento tanto repentino quanto inspiegabile – per la verità le tante assenze una spiegazione potrebbero fornirla ma la rosa napoletana è ampia e ben modulata – così come quello della Roma di Fonseca: secondo tempo a Bergamo tanto somigliante al peggior incubo sportivo, quattro schiaffoni sonori che fanno male, fisicamente sovrastati nella ripresa da un’Atalanta ormai orfana del suo leader storico, il Papu Gomez, prossimo obbiettivo di mercato dei maggiori club italiani, le due milanesi su tutti.
Tra le altre partite di giornata sottolineiamo la vittoria, importantissima, del Benevento, che stacca così il terz’ultimo posto di ben otto lunghezze: bravo Pippo Inzaghi, bravi i giallorossi sanniti che, con un pizzico di buona sorte a favore, avrebbero potuto trovarsi ancora più in alto. E Benevento fatale a Rolando Maran, esonerato da Preziosi dopo la pesante sconfitta del Grifone non solo sul piano del risultato, col conseguente ingaggio di una faccia amica nella Genova rossoblù, quella di Davide Ballardini. Bene anche la Samp e la gestione Quagliarella mentre in coda Toro, Genoa e Crotone devono darsi da fare: il solco tra loro e chi le precede inizia a essere pericolosamente importante. E mercoledì, calendario alla mano, il Natale calcistico potrebbe sorridere solamente ai calabresi.
Nato a Milano, giornalista, scrittore, speaker radiofonico ed opinionista televisivo, laureato in Marketing e Comunicazione d’Impresa.