Di Daniele Brogna
27 Aprile 2021
La partita, ve l’avevo detto, era da dentro o fuori. La Lazio ha dimostrato che “dentro” ci vuole restare a tutti i costi, il Milan un po’ meno. Ci stiamo giocando tutto in queste ultime partite ed invece di premere il piede sull’acceleratore, stiamo tirando il freno a mano, dilapidano quanto di buono fatto da un anno a questa parte. Dov’è quel gruppo compatto che tante soddisfazioni ci ha dato nei mesi scorsi? Dov’è quell’orgoglio rossonero che tiravamo fuori soprattutto nei tanti momenti di difficoltà che questa stagione ci ha riservato? Il Milan visto contro la Lazio sembra la versione tarocca di quella che ci ha fatto battere il cuore fino a gennaio, quando meritatamente – e sottolineo meritatamente – guardavamo tutti dall’alto verso il basso.
Tornando alla partita dell’Olimpico, il Milan ha subito creato un’occasione pericolosa con Calhanoglu dopo pochi secondi. E come ogni “goal mancato, goal subito” che si rispetti, nel ribaltamento di fronte, la Lazio ci ha castigato con Correa, abilissimo a mettere a sedere Donnarumma con una finta e a insaccare la palla in rete. Doccia fredda. Occasioni per riprenderla ce ne sono state tante ma quello che è mancato è il fuoco negli occhi e, citando il buon Malesani, posso dire che nei metri finali eravamo sin troppo “molli”.
Al 51esimo è arrivato il raddoppio della Lazio: l’azione che ha portato al goal Correa, però, è viziata da un’entrataccia da giallo di Leiva su Calhanoglu. L’arbitro Orsato, richiamato dal Var, dopo aver rivisto il replay per ben 11 secondi, ha deciso di convalidare il goal, con estrema sicurezza. La stessa sicurezza che ho io nel pensare che ci sia tanta malafede in questa scelta.
Dopo questo secondo goal non c’è stata più partita: il Milan ha gettato del tutto la spugna mentre la Lazio ha provato più volte a chiudere definitivamente i conti, riuscendoci con Ciro Immobile all’87esimo.
A prescindere dall’orrore arbitrale di Orsato, la Lazio ha meritato di vincere la partita perché semplicemente ci ha creduto di più. Non ha fatto chissà quale partitone, sia chiaro, però è stata semplicemente cinica e spietata con Correa e Immobile.
A noi invece stanno mancando proprio le giocate dei giocatori chiave: Calhanoglu è un lontano parente di quello che si diverte e disegna calcio in Nazionale, Leao non azzecca una partita da mesi, Mandzukic ha deciso di dare continuità alla maledizione della maglia numero 9 ed ultimamente ci si è messo anche lo stesso Tomori a regalare goal agli avversari. Se prima il discorso Champions era difficile, ora è del tutto compromesso. Non siamo più artefici del nostro destino, dobbiamo vincere e sperare nelle disgrazie altrui. I punti persi per strada contro Spezia, Udinese, Sampdoria e Sassuolo iniziano a farsi sentire tremendamente. Dovrà essere bravo Pioli a dare la giusta scossa all’ambiente per questo finale di stagione e a inventarsi qualcosa a livello tattico. Sia chiaro, non sono un allenatore e non ho la presunzione di insegnare calcio a nessuno ma, da semplice tifoso, dico che qualcosa bisogna fare perché così non va. Stravolgere il modulo in questo momento della stagione sarebbe una vera e propria follia ma magari qualche piccolo accorgimento ci potrebbe stare, anche banalmente nella scelta dei titolari. Brahim Diaz, ad esempio, mi sembra abbastanza pimpante quando è impiegato, perché non dargli più spazio? Hauge che fine ha fatto? Visto che Tomori è in difficoltà da qualche partita, perché non farlo riposare un po’? A prescindere dalle scelte di Mister Pioli, pretendo una reazione immediata con il Benevento. Pretendo che la squadra dia l’anima in queste ultime partite. Pretendo meno parole sui social e più fatti in campo. Pretendo di tornare in Champions. Siamo il Milan. Ecco perché lo pretendo.
Salentino trapiantato a Milano. Content Creator di professione, sex symbol nel tempo libero. Tra le mie passioni più forti: seguire il calcio in chiave ironica e parlare di me in terza persona.