Di Lapo De Carlo
Aggiornato: 22 Ottobre 2021
Da diversi anni pongo il tema di Inter-Juventus seguendo un’idea che pensavo fosse personale, ma che nel corso del tempo si è rivelata tristemente reale.
L’Inter, tranne qualche caso come la partita di andata della scorsa stagione, gioca le partite contro la Juventus in modo inadeguato.
Tiene un’ora, poi si distrae o si innervosisce e quando va a Torino si predispone più a gare passive, quasi prive di motivazione o di un piano partita. La Juventus, a prescindere dal risultato e dal momento storico, con l’Inter gioca sempre al massimo.
Approfittando di una posizione privilegiata ho proposto questa considerazione ad ex giocatori e un paio di allenatori nerazzurri e, pur riconoscendo questa tendenza, hanno risposto che non c’è una vera motivazione e che dipende da tanti fattori.
Al contrario i derby l’Inter li gioca quasi sempre con coraggio e il piglio giusto. Ecco perché vivo personalmente con sofferenza la sfida con i bianconeri.
La Juventus di Allegri è tornata ad essere una squadra rispettabile da qualche settimana. Vince senza subire gol, non è bella da vedere, ha delle evidenti fragilità, specie a centrocampo ma è tornata, questo è il problema, ad essere cinica e soprattutto ad avere quel grado di consapevolezza che solo un mese fa sembrava smarrito.
Simone Inzaghi ha tra le mani una squadra con margini di miglioramento, da inizio stagione non ha mai avuto il tempo di lavorare sul serio con i nuovi arrivati, tranne nel precampionato.
Il suo 3-5-2 è senz’altro propositivo ma il problema è che quando l’Inter perde palla le marcature preventive spesso non funzionano e si creano delle opportunità per gli avversari. Non avendo la forza di Lukaku in avanti e lo strapotere fisico che permetteva alla squadra di salire e rifiatare, sceglie di attaccare con più uomini ma esponendosi facilmente alle ripartenze.
Il terzo di centrocampo è orfano di un titolare di riferimento. Il Vidal visto con lo Sheriff è un candidato autorevole, il Sensi finalmente ritrovato ha mostrato in pochi minuti perché, se avesse un fisico che lo supporta, nessuno lo schioderebbe dalla titolarità, Calhanoglu quel ruolo non lo sente, mentre Vecino e Gagliardini sono delle opzioni in casi di necessità.
A questo proposito, a meno di un clamoroso sconvolgimento, è difficile immaginare che il turco improvvisamente, dopo cinque anni in Italia, si cali nel ruolo di terzo di centrocampo con quell’attitudine. È più facile che renda mettendolo vicino all’area avversaria, ma deve essere cambiato qualcosa nel modulo e, ad oggi, non c’è stato modo e tempo per allenarsi su questo.
Questa squadra per ora gioca a tratti in modo spettacolare, in altri implode.
Questo perché c’è una grande differenza tra il giocare bene e giocare in modo divertente.
Esattamente come accaduto a Conte c’è una proposta di calcio che va mediata tra le idee del tecnico, le caratteristiche dei giocatori e il tempo a disposizione, combinandoli con le esigenze di un club che può solo credere nella vittoria, più che in eventuali esperimenti.
Barella e Brozovic sono i due cuori pulsanti di questa squadra ma spicca soprattutto la continuità di Perisic, il quale sembra essere diventato un leader.
C’è bisogno di questo nella sfida di domenica sera, c’è bisogno di quella forza d’animo di quel cinismo che con la Juventus l’Inter mette raramente.
Auguriamoci che questo aspetto sia ben chiaro nella mente di squadra e tecnico.
Giornalista e direttore Radio Nerazzurra, opinionista a Sport Mediaset e TL, insegno comunicazione in Università e ad aziende. Ho un chihuahua come assistente e impartisco severe lezioni nella nobile arte del tennis ad amici e parenti.