Di Gabriele Borzillo
Aggiornato: 10 Maggio 2021
Inutile girarci intorno, la notizia della giornata numero trentacinque del massimo campionato di Serie A è la caduta, il crollo, il disastro pallonaro della Juventus, chiamatelo come meglio preferite. Era uno spareggio delicato, utile per acchiappare quell’Europa dei grandi di cui abbiamo sempre scritto: perché non serve ricordarlo, il disequilibrio esistente tra la Champions e l’Europa League ridotta al rango di coppetta stile seconda fascia grazie alla disorganizzazione Uefa è imbarazzante, il denaro circolante nemmeno lontanamente comparabile, l’appeal del brand (tutto in inglese per il disappunto del Presidente Draghi) in caduta libera. Evitando discorsi sul futuro economico, non sono un esperto del settore e non mi lancio in elucubrazioni mentali di un mondo sconosciuto, di economisti dell’ultima e penultima ora ne abbiamo scoperti fin troppi, uno in meno non fa la differenza.
La Juve ha perso, pesantemente e meritatamente, perché non ha costruito nulla in questa maledetta stagione. L’allontanamento di Sarri, quelli bene informati raccontano per colpa dei senatori, ai quali i modi del tecnico toscano non piacevano, si è rivelato un boomerang tremendo. La scelta di Andrea Pirlo, neofita che avrebbe dovuto allenare la under 23 in serie C e si è improvvisamente trovato seduto sulla panchina della prima squadra senza un minimo di esperienza, non ha portato gli effetti sperati: non basta avere la Società dalla tua parte se poi chi va in campo passeggia e non corre ma, soprattutto, se chi va in campo non è all’altezza della maglia bianconera. L’impressione è quella di una rosa numerosa, d’accordo, ma senza acuti. Cristiano Ronaldo, con tutta l’ammirazione che si può avere nei suoi confronti, ne compie trentasette il prossimo febbraio, non ventisette. Dybala è stato tagliato fuori per tutta la stagione, e qui le scelte tecniche c’entrano poco: ma anche in mezzo Madama è apparsa deficitaria rispetto alle dirette concorrenti per l’Europa dei grandi. Ora, come ha fatto notare Pirlo ieri sera in conferenza, il destino bianconero è nelle mani altrui. La Juve deve cercare di vincere le prossime tre e non sarà facile: Sassuolo e, soprattutto, Inter, non molleranno un centimetro di campo.
Il Milan, al contrario, ancora una volta dimostra che ama vincere le sfide più complicate. I rossoneri hanno perso punti, tu guarda, proprio con formazioni meno accreditate, quelle contro cui le cosiddette “grandi” dovrebbero raccogliere sempre o quasi la posta piena. Lazio a parte, il Diavolo ha sempre offerto grandi prestazioni quando si è trovato con l’acqua alla gola e improvvisi cali di tensione quando si è specchiato troppo per ammirarsi. Ora Torino e, soprattutto, Atalanta, disegneranno il futuro della Società, alla quale la qualificazione in Champions porterebbe mille e mille vantaggi. Proprio l’Atalanta è la favorita nella rincorsa al secondo posto: il calendario, eccezion fatta per il Milan, è abbordabile e la squadra corre come fosse ottobre. Attenzione però al Napoli, che incontrerà squadre senza nulla da chiedere alla stagione, sgombre di testa e, pertanto, portate a giocarsi la partita senza troppe alchimie tattiche. Tutto questo potrebbe favorire Gattuso e i suoi uomini, esaltanti quando trovano spazi in cui infilarsi con le frecce che l’allenatore di Corigliano Calabro ha al proprio arco. Infine la lotta per non retrocedere: questa domenica ci ha consegnato la quasi certezza della discesa agli inferi del Benevento. Al netto di un arbitraggio discutibile, ci sta di incappare nella giornata storta del direttore di gara, è poco utile scaricare tutte le colpe sul fischietto di turno. La domanda da porsi, casomai, è: ma come si fa a mettere insieme nove punti nel girone di ritorno? Perché questo è il vero problema, non il fischio di Doveri poi ricusato grazie all’errore, gravissimo, di Mazzoleni il quale, in barba a tutti i protocolli di cui Rizzoli ci ha parlato continuamente, richiama il direttore di gara per una review che non doveva esistere. Ad ogni modo mancano ancora tre giornate e i sanniti devono andare a Bergamo cercando di ottenere il massimo per poi giocarsi le carte residue con Crotone e Torino.
Dell’Inter ben poco da dire, una bella partita favorita dalla Samp senza stimoli. E, sottolineiamo, la Lazio che si auto esclude dalla zona Champions con una partita davvero poco di tutto. Duecentosettanta minuti al termine: scudetto a parte, niente è deciso.
Nato a Milano, giornalista, scrittore, speaker radiofonico ed opinionista televisivo, laureato in Marketing e Comunicazione d’Impresa.