Di Gabriele Borzillo
18 Gennaio 2021
Inutile dirlo, occhi e orecchi puntati sul Meazza. Inter-Juventus era la sfida clou di giornata: oppure, diciamola meglio, Inter-Juventus è una delle sfide storiche del calcio italiano, da sempre. Vincono i nerazzurri anzi, stravincono. In ogni zona del campo, senza se e senza ma. Merito di una squadra raziocinante, di un centrocampo cucito da Vidal, con Barella (mostruoso) e Brozovic sugli scudi, con un pacchetto difensivo roccioso e coeso e con un esterno, Hakimi, di categoria superiore. Ma è stata, soprattutto, la vittoria di Antonio Conte, abile a leggere le difficoltà bianconere e sfruttarle impietosamente.
Alcuni potranno dire “beh, la Juve non è scesa in campo”: questa lettura non mi trova minimamente d’accordo, i demeriti di una squadra terminano quando in cattedra salgono i meriti dell’avversaria. Nel caso specifico l’Inter ha dominato la partita dal primo al novantesimo e la Juve non ha mai dato l’impressione di poter salire sul treno, impotente di fronte a tanta arroganza nerazzurra. Male, molto male, Cristiano Ronaldo; male, molto male, il centrocampo bianconero con Bentancur balbettante e impreciso, Rabiot e Ramsey (soprattutto il primo) assenti non giustificati, e Chiesa un pesce fuor d’acqua. Certo, le assenze di Madama hanno pesato e non poco, ma l’impressione è stata quella di un allievo, Pirlo, completamente in balia del maestro, Conte. Ora i bianconeri sono attesi al riscatto in Supercoppa e i nerazzurri alla conferma nella trasferta di Udine, terreno ostico e fastidioso.
Abbiamo iniziato dal posticipo domenicale ma, questa giornata, ha offerto spunti vari di riflessione. Nel derby romano, ad esempio, i biancazzurri hanno passeggiato sulla Roma con sicurezza e serenità, dimostrando che la Lazio è sicuramente lontana dalla vetta, tanto lontana, ma sarà un’avversaria tosta con cui dover fare i conti. E che la Roma, nonostante il pareggio fortuito con l’Inter, harakiri nerazzurro più dei meriti giallorossi, è l’eterna incompiuta capace della grande prestazione intervallata da inspiegabili cali di tensione e rendimento.
Vince il Napoli, facciamo che stravince, mentre la Fiorentina sprofonda senza se e senza ma. Quando perdi sei a zero non ci sono scusanti, non ci sono però, non ci sono giustificazioni. C’è solo da rimboccarsi le maniche, dimenticare nel più breve tempo possibile e ricominciare possibilmente vincendo: anche perché al Franchi, domenica, arriverà il Crotone, fresco del largo successo casalingo contro il Benevento. Vero, finisce quattro a uno ma rimane sempre complicato spiegare l’entità di una sconfitta simile quando tiri verso la porta avversaria ventidue volte contro le nove di chi vince: ecco, non vorremmo che i troppi complimenti abbiano, come dire, placato quella voglia di mordere l’erba del campo alla quale i giallorossi devono obbligatoriamente aspirare per non correre alcun rischio in una eventuale volatona salvezza finale.
Torino, Inter e Samp racconteranno il valore del gruppo di Pippo Inzaghi. A proposito di Torino, cambia l’allenatore: Giampaolo stecca la seconda di fila dopo Milano, ma siamo proprio certi che il tecnico sia l’unico responsabile delle colpe di una squadra incapace di sbloccare il risultato contro uno Spezia in inferiorità numerica dal minuto otto? Ci va Giampaolo in campo? Poi, magari, saremo smentiti dai risultati, ma la moda del cambiare allenatore è stucchevole e antiquata. Certo, a volte funziona.
Prendiamo Ballardini, ad esempio, capace di rivoltare il Genoa come il proverbiale calzino. Ieri a Bergamo prova d’orgoglio del Grifone e pareggio strameritato, con Gasperini nervoso per aver sprecato l’occasione di agganciare la Roma sperando nel recupero di mercoledì a Udine (friulani in crisi nera) e avvicinarsi ulteriormente alla coppia di testa. Nella bagarre salvezza Parma raggiunto sul filo di lana dal Sassuolo, in una gara in cui un pizzico d’amaro in bocca ai ducali resta. Il tutto in attesa del posticipo di stasera tra Cagliari e Milan. I rossoneri hanno fuori Calhanoglu, Theo Hernandez, Bennacer e Leao, recuperano Ibra che è comunque un’incognita e sono attesi da una squadra in piena necessità di far punti: i sardi hanno perso le ultime quattro, sono quart’ultimi con vista sulla serie B, e sembrano bloccati e spaventati.
Niente male per un gruppo che, a inizio stagione, era indicato tra coloro in lotta per un posto in Europa. Sarà complicato per il Milan, un vero e proprio esame di maturità. Vincere vorrebbe dire continuare a coltivare, ragionevolmente, un sogno e, nello stesso momento, laurearsi campioni d’inverno: significa poco, d’accordo, ma da quanti anni il Milan non girava la boa da primo della classe?
Nato a Milano, giornalista, scrittore, speaker radiofonico ed opinionista televisivo, laureato in Marketing e Comunicazione d’Impresa.