Di Gabriele Borzillo
7 Dicembre 2020
E adesso? No, perché fino a qualche giorno fa il ritornello era: voglio vedere il Milan senza i suoi totem, voglio vedere come sapranno cavarsela senza Ibra davanti e con Gabbia a sostituire Kjaer nel pacchetto difensivo, oltretutto il danese è uno che parla parecchio in campo, urla coi compagni, li sprona, li cazzia amorevolmente, come si deve fare in un gruppo, ed è il vero e proprio “secondo” di Zlatan durante la partita. Beh, l’abbiamo visto, il Milan. Il quale, domenica dopo domenica, acquista sempre maggior consapevolezza di sé e oggi non sembra un granché oltraggioso, calcisticamente parlando, collocare la truppa di Pioli nel novero delle squadre che si giocheranno lo scudetto di questa particolare, e finora quanto mai equilibrata, stagione.
E non tragga in inganno il dato degli otto rigori in dieci partite. I rigori, fatta eccezione per uno sbagliato, c’erano: magari fortuiti, magari casuali, ma c’erano. Quindi, invece di sottolineare il numero delle massime punizioni a favore, cercherei di soffermarmi sulle capacità di un tecnico, Stefano Pioli, dal mio punto di vista spesso bollato col famoso “ma sì, bravino, però…”. Però niente, l’allenatore del Milan sta dimostrando, sul campo, indubbie e indiscutibili capacità già presentate, e passate sotto traccia, a Roma. O a Milano, sponda Inter, dove qualcuno prima o poi ci spiegherà come mai, a un certo punto, i giocatori nerazzurri smisero letteralmente di giocare a pallone.
A proposito di Inter: Antonio Conte (parliamo di tattica, il discorso Eriksen è alquanto spinoso e, sinceramente, poco comprensibile) rispolvera il vecchio e caro 3-5-2: perché gli schemi, i famosi moduli, fanno parte del calcio professionistico e non sono un semplice modo di riempirsi la bocca elencando numeri. Torna all’antico il tecnico salentino, torna a far fare ai suoi ciò che sanno fare meglio: squadra corta, linee strette, palla rubata e verticalizzazione. Alla fine, come disse un mostro sacro della panchina, un signore di Setubal al quale un paio di settimane fa fecero presente, dopo una vittoria importantissima, “Sa, i suoi avversari hanno avuto un possesso palla molto superiore al vostro…” e lui “Che la portino pure a casa, la palla”. E non perché vincere sia l’unica cosa che conta: semplicemente perché ci sono calciatori con determinate propensioni e altri con propensioni diverse. I nerazzurri appartengono alla categoria rompi il gioco avversario e ribaltalo immediatamente, non al facciamo il titic titoc.
Vince anche la Juventus, ma non convince. Porta a casa i tre punti più per le paure del Toro in un derby che dubito resterà negli annali del calcio: derby vinto al minuto 89 con i difensori granata a fare le belle statuine in mezzo all’area di rigore, così come la dormita generale del reparto arretrato torinista aveva facilitato la rete del pareggio bianconero. Insomma, la Juve vince per la superiorità evidente dei singoli, per episodi dettati da gravi mancanze dei granata: ma il gioco, quello, è ancora lontano da ciò che ci si attendeva.
Gioco che, al contrario, non ha mai, o quasi, abbandonato il Napoli. Anche nella sfida persa col Milan i partenopei avevano sciorinato buon calcio, e a Crotone hanno maramaldeggiato a piacimento, facilitati senz’altro della superiorità numerica ma, a onor del vero, l’uno a zero maturato fino all’espulsione di Petriccione stava stretto assai ai ragazzi di Gattuso, ora terzi a pari merito col Sassuolo. Neroverdi davvero poco incisivi a Roma, con i padroni di casa penalizzati da alcune decisioni del signor Maresca, parse piuttosto affrettate, e incapaci di sfruttare l’uomo in più dal minuto 40 del primo tempo. Anzi, a dirla tutta i giallorossi avrebbero meritato ai famosi punti, ma il calcio è calcio e non pugilato.
L’altra romana, la Lazio, vince a Cesena contro lo Spezia e si rilancia, pur soffrendo il ritorno dei liguri che non sono nella massima divisione col ruolo di vittime sacrificali: al contrario Italiano gioca le sue carte fino all’ultimo minuto e i liguri propongono un bel calcio. Anche l’altra matricola, il Benevento, fa punti a Parma salendo nel gruppone di centro classifica e lasciandosi alle spalle la zona pericolosa, dove annaspano il Crotone, il Toro e le due protagoniste della gara di stasera, Fiorentina e Genoa: entrambe non possono permettersi passi falsi ulteriori ma, per assurdo, anche il misero punticino risolverebbe poco o nulla.
Nato a Milano, giornalista, scrittore, speaker radiofonico ed opinionista televisivo, laureato in Marketing e Comunicazione d’Impresa.