Di Gabriele Borzillo
1 Novembre 2021
Niente da fare, Milan e Napoli non mollano la testa della classifica. Entrambe, anche se in maniera diversa, incamerano tre punti e continuano in quella che non è esagerazione definire fuga. Vero, siamo soltanto all’undicesima giornata. Vero, poco meno di un terzo del campionato, a ben vedere. Vero, ci sarà la coppa d’Africa a togliere giocatori importanti sia a Pioli che a Spalletti. Vero tutto, per carità. Vero anche che le due squadre stanno dimostrando saldezza di nervi e tenuta fisica insospettabili a inizio torneo. Perché un conto è la famosa griglia di partenza, quel giochino divertente che facciamo un po’ tutti i giorni precedenti la prima giornata, altro ciò che si vede, con l’andare del tempo, sui terreni di gioco.
Milan e Napoli sono davanti perché giocano meglio delle altre, poche storie. I rossoneri sono dominanti dal punto di vista fisico, a Roma hanno fatto ciò che volevano per larghissimi tratti di partita, relegando i giallorossi al mero ruolo di comparse, nulla più. Ecco, bisogna capire fino a dove questa fisicità prorompente riuscirà a nascondere qualche piccolo problema che il Milan ha: roba di poco conto, attualmente, ma ce l’ha, soprattutto quando trova di fronte a sé squadre che ne rallentano il gioco, cercando di addormentare la partita. Gli azzurri, al contrario, corrono molto meno dei rossoneri. Sono più cinici, razionali, difficili da perforare, non è un caso se stiamo parlando della miglior difesa con appena tre, dicasi tre reti subite fino ad ora. Però, perché anche per loro un però esiste, a volte danno l’impressione di dipendere fin troppo da qualche singolo. A Salerno, ad esempio, i partenopei hanno maledettamente faticato a trovate la porta avversaria, disputando una gara a tratti fin troppo noiosa. E, comunque, senza mai correre un rischio vero: la punizione salvata sulla linea di porta negli ultimi minuti sarebbe stata preda di Ospina che era sul pallone, decisamente.
A rincorrere le due è rimasta soltanto l’Inter. Buona prestazione della truppa di Simone Inzaghi che avrebbe potuto e dovuto mettere in cassaforte la gara fin dai primi quarantacinque minuti. Ma la fretta e l’imprecisione, oltre a un grande Silvestri, hanno rimandato le reti nerazzurre alla ripresa. A segnare, tu guarda, l’uomo fino a quel momento peggiore in campo, il Tucu Correa. Il quale, dite ciò che vi pare ma io lo vedo così, quando si accende è letteralmente immarcabile. Due perle e tre punti importantissimi. Adesso l’Inter è attesa da una trasferta Champions fondamentale e, domenica prossima, dal derby che inizierà a raccontarci la vera storia di questo campionato.
Male, malissimo la Juventus, ormai fuori da qualunque gioco scudetto. Sedici punti sarebbero forse recuperabili da una squadra forte, sicura dei propri mezzi, quella Juve, tanto per spiegarci, che arrivò in finale di Champions qualche anno fa. Ma questa è la brutta copia di quella squadra. Colpe? Tante, troppe. Soprattutto l’errore è stato quello di pensare, discorsi ascoltati e riascoltati qualche mese fa, “eehhhh, ma con Allegri recuperi almeno dieci punti”. Ecco, lì sta l’inizio della fine. Fino ad oggi, sia ben chiaro.
Weekend ricco di gol, solo a Genova è finita zero a zero, con la classifica che si va sempre più delineando. Davanti corrono in due, una insegue, le altre sono a distanze siderali. E in coda, aspettando Bologna-Cagliari stasera, ci sono ben sei squadre in tre punti.
Cominciamo a fare sul serio.
Nel frattempo, fossi Rocchi, convocherei i miei arbitri e cercherei di dettare una linea comune, perché ormai l’anarchia sembra davvero regnare sovrana: quello che è rigore una domenica non lo è l’altra.
Continuando così non va per niente bene.
Nato a Milano, giornalista, scrittore, speaker radiofonico ed opinionista televisivo, laureato in Marketing e Comunicazione d’Impresa.