Di Alfredo Pedullà
12 Maggio 2021
La premessa ci sembra doverosa: esonerare Fonseca a 48 ore da una semifinale di ritorno come quella che avrebbe visto la Roma impegnata contro il Manchester United, non ci è sembrato il massimo dell’eleganza. Dicono: ma dopo la rovinosa sconfitta dell’andata per 6-2 non ci sarebbero stati margini per alcun tipo di rimonta. Non è questo il punto: anche se fosse finita 10-0 per Solskjaer, sarebbe stato giusto aspettare la gara dell’Olimpico per poi procedere al ribaltone a partire da venerdì. Noi continuiamo a pensare che Paulo Fonseca sia un buon allenatore catapultato in una realtà difficile come quella della Capitale. Ma anche se fosse un allenatore scarso, il più scarso sulla faccia della terra, avrebbe meritato il minimo sindacale di un comportamento che tenesse conto del momento e che quindi non andasse oltre. Ripetiamo: il comunicato di addio a partire dalla prossima stagione e del benvenuto al nuovo tecnico la Roma avrebbe potuto farlo in simultanea appena tre giorni dopo. Non tre mesi. Lasciando giocare a Fonseca una partita europea comunque di spessore e pensando che un decalogo, per qualsiasi club, debba comprendere una forma che tuteli chi va in panchina. Non importa se per tre giorni o per tre mesi, fermo restando che i Friedkin sono padronissimi di qualsiasi scelta.
Premesso questo, l’entusiasmo per l’arrivo di José Mourinho nella Roma giallorossa ha provocato reazioni simili ai caroselli che di solito si organizzano per la conquista di uno scudetto. Comprendiamo. Gli umori del popolo sono da tenere sempre in stretta considerazione, Special One resta un allenatore di spessore anche se i risultati negli ultimi quattro-cinque anni lo hanno trasformato in un Normal One con tutte le critiche possibili e immaginabili dei suoi detrattori. E’ anche vero che, subentrando in corsa al Tottenham, non si poteva pensare di fare chissà cosa, con un mercato abbastanza bloccato visto che la proprietà si è dedicata soprattutto alla costruzione del nuovo stadio. Ma non é che le cose fossero andate meglio al Manchester United: una gestione complessiva opinabile, molti errori nelle valutazioni nascosti dalla conquista di un’Europa League. Al punto che quelli sempre spietati e pronti alle sentenze sono arrivati alla seguente conclusione: il vero Mourinho non tornerà più. E hanno motivato: José non riesce più a entrare nelle corde dei calciatori come gli succedeva anni fa, per esempio nel famoso 2010 quando vinse il Triplete con l’Inter convincendo il tandem Eto’o-Pandev a fare i terzini per lui. Soprattutto nelle pirotecniche e indimenticabili gare di Champions, quelle che avrebbero portato al meraviglioso scenario di Madrid. Ricordate la storia? Mourinho vinse e se ne andò, aveva preso un impegno con Florentino Perez e il Real, quel momento di gloria nerazzurra che si tramutò velocemente in un addio premeditato ancor prima che la stagione andasse verso l’epilogo.
La traduzione di questo concetto, molto estremizzata, è la seguente: prima i calciatori si buttavano nel fuoco per Mourinho, semplicemente perché Mou li convinceva con il suo carisma e presentandosi come un allenatore amico, complice, tutto. Adesso questa magica pozione non c’è più, come se José avesse la pancia piena, appagato dai successi e dai soldi. Noi ci mettiamo in mezzo e non pensiamo che si possa avere una visione così netta e definitiva. Intanto, la Roma ha fatto una scelta mediatica importante, levandosi di dosso le pressioni (comprese le prime, violenti, critiche) che si stavano facendo insostenibili. Sapete cosa vi dico? Vi regalo Mourinho per tre anni a 7 milioni circa a stagione, che poi con il Decreto Crescita sono almeno 2,5 in meno, vedetevela con lui. Un boato da parte del popolo giallorosso. La Roma aveva tenuto un’altra pista apertissima, quella che conduceva a Maurizio Sarri. Al punto che per il venerdì successivo alla gara di ritorno con il Manchester era stato organizzato un incontro con il suo agente Ramadani per gli accordi definitivi. Ma la Roma viaggiava su due binari divergenti: aveva approfondito con Sarri in tempi non sospetti, aprendo la pista Mourinho negli ultimi dieci giorni scarsi. Quando i Friedkin – mantenendo il massimo riserbo – hanno capito che sarebbe stato possibile andare fino in fondo con il portoghese, lo hanno fatto tralasciando qualsiasi altra ipotesi. E hanno trasformato la depressione del tifoso medio in un’esaltazione senza freni o limiti. Esattamente quanto la proprietà avrebbe voluto per stemperare la tensione e mettere fine alle critiche.
Mourinho ha già trasmesso tutto l’entusiasmo possibile, a se stesso e alla gente giallorossa, che lo aspetta con ansia mista a esaltazione. Ci sarà tempo per giudicare ma una cosa è evidente: otterrà quei quattro-cinque rinforzi per rendere la Roma ancor più competitiva. La base è buona: difensori giovani di talento, centrocampo con qualità (compreso Villar), non dimenticando che Zaniolo al rientro sarà un bel gioiellino da esporre per un ritorno assicurato. Serve un portiere, Musso sarebbe il massimo ma costa. E poi un centrale con esperienza europea, un esterno destro che entri in concorrenza o scavalchi Karsdorp nelle gerarchie. Di sicuro un centrocampista di classe per alzare il tasso in mezzo e viaggiare bene negli ultimi 30 metri. Mkhitaryan, che sembrava a un passo dal rinnovo, potrebbe tornare in stand-by in virtù di rapporti recenti non idilliaci con l’allenatore portoghese ai tempi del Manchester United. E l’attacco? Non sarà semplice piazzare Dzeko, anche in virtù di un contratto (ultimo anno) da 7,5 milioni netti. Ma un innesto andrà fatto a prescindere: nella lista c’è quel Raul Jimenez reduce da una stagione con il Wolverhampton condizionata da un grave infortunio. Sono tracce, presto ci sarà la sostanza. E la caramella Mou sarà ancora più gustosa.
Giornalista e opinionista sportivo, grande esperto di calciomercato in Italia. "È un privilegio quando passione e lavoro coincidono".