Di Gabriele Borzillo
3 Maggio 2020
Corso Re Umberto, pieno centro di Torino. Su una delle panchine che fanno da cornice alla strada elegante e frequentata dalla gente bene, si trovano, spesso e volentieri, un gruppo di ragazzi. Amici. Sono giovani, giovanissimi e frequentano il liceo Classico “Massimo D’Azeglio”. In comune, oltre al sapere, hanno la passione del football. Per questo decidono, il primo novembre 1897, di fondare una squadra, in modo da giocare tutti insieme: e la chiamano, proprio dal latino, Juventus, gioventù. Muovono i primi calci in maglia rosa, il bianconero arriverà nel 1903, su un campo nella Piazza d’Armi, campo sul quale la Juventus giocherà fino al 1908, quando i bianconeri costruiranno il loro primo impianto, della capienza di 10.000 spettatori circa.
Tra i fondatori del sodalizio torinese due fratelli, Gioacchino e Alfredo Armano. Per differenziarli, come era uso all’epoca, passano alla storia come Armano I°, Gioacchino, e Armano II°, Alfredo. Il primo è biondo, alto, con fattezze simil britanniche, mediano di vigore e cuore che conduce i suoi alla conquista dello scudetto numero uno, datato 1905. Il secondo giostra in mezzo al campo ma, senza la classe e la cattiveria sportiva del fratello, si ritira alla fine del 1903, iniziando una buona carriera arbitrale: nel 1948, viene insignito col titolo di pioniere del calcio italiano.
Gioacchino, al contrario, si occupa della Juventus a tutto tondo. Gioca fino al 1910 ma, già dal 1907, è nel consiglio societario del club, di cui diviene il nono presidente durante la prima grande guerra, in un triumvirato che comprende Sandro Zambelli, passato alla storia bianconera per essere stato uno degli ideatori del mensile societario Hurrà Juventus, e Fernando Nizza, che morirà in tragiche circostanze durante la seconda guerra mondiale, ucciso mentre arrestano il fratello Umberto a seguito delle nefande leggi razziali.
E, sempre stroncato dalla guerra, in questo caso quella del 1915/18, è Virgilio Fossati, il primo tecnico interista riconosciuto, un nome che deve, necessariamente, accendere i cuori dei “Bauscia”: meneghino di nascita, classe 1889 (anche se alcune fonti asseriscono sia venuto al mondo nel 1881), cresciuto a Porta Ticinese, storicamente cuore della milanesità e luogo di culto per i nerazzurri dal momento che proprio in Ripa Ticinese inizia calcisticamente l’avventura dell’Inter sui campi di calcio, di professione centrocampista e idolo assoluto dei tifosi dell’epoca.
A quei tempi, va ricordato, la figura dell’allenatore non era ancora del tutto presente all’interno delle società sportive; pertanto, come nel caso di Virgilio, le decisioni sul che fare in campo spesso spettavano al capitano, vero e proprio condottiero della squadra. In realtà l’Inter, così come numerose altre squadre, si avvaleva di una commissione tecnica che decideva formazioni ed un abbozzo di quelli attualmente conosciuti come schemi; sì, insomma, non esistevano ovviamente le lavagnette, le lezioni di tattica, gli approfondimenti sulle squadre avversarie, le cassette dove visualizzare i movimenti del centravanti piuttosto che il lato debole del portiere, come tirava i rigori tizio e le punizioni sempronio, quale piede prediligeva caio e chi più ne ha più ne metta.
Diciamo che, all’interno di questa commissione tecnica, Fossati è l’uomo con maggior potere decisionale. Forte e dinamico in mezzo al campo, filiforme ma coriaceo, esordisce con la nazionale italiana nel 1910, primo interista in assoluto, contro la Francia, segnando quello che rimane il suo unico gol. Vince lo scudetto nella stagione 1909/1910, proseguendo la sua avventura interista fino allo scoppio della prima guerra mondiale, giocando con la maglia della Beneamata 97 partite ufficiali e andando a segno in quattro circostanze. Chiamato alle armi, Virgilio Fossati perde la vita a Monfalcone nel giugno del 1916 mentre serve la Patria sul confine nord-orientale col grado di capitano. Insignito della medaglia d’argento al valor militare, il suo corpo non venne mai ritrovato. L’Inter, per ricordarlo, chiamerà col suo nome l’impianto sportivo di via Goldoni, dove i nerazzurri iniziano a giocare dal primo gennaio 1913.
Nato a Milano, giornalista, scrittore, speaker radiofonico ed opinionista televisivo, laureato in Marketing e Comunicazione d’Impresa.