Di Gabriele Borzillo
27 Settembre 2022
Non è che dobbiamo necessariamente passare sopra quella maledetta e disgraziata mancata qualificazione ai Mondiali del Qatar, ci mancherebbe. Frutto più di errori e orrori nostrani che non di una chiara e limpida supremazia avversaria. Del resto sarebbe bastato segnare uno dei due rigori avuti a disposizione nella doppia sfida con la Svizzera, per non parlare delle occasioni divorate dai nostri eroi sempre contro gli elvetici i quali, alla fine della fiera, manco ci credevano intanto, però, al Mondiale vanno loro, per appartenere al novero delle Nazionali che si contenderanno la leadership del gioco più bello – forse – del mondo.
Abbiamo passato mesi a leccarci le ferite pallonare passando attraverso innumerevoli forche caudine calcistiche, meritatamente mi vien da aggiungere. Poi, all’improvviso, spunta la Nations League, competizione voluta dall’UEFA, mal digerita dai club con tutte le ragioni del mondo, personalmente la trovo una competizione senza senso e senza valenza se non quella di creare traffico inutile in calendari pieni e strapieni di partite con l’enorme eventualità di ingigantire la già lunga lista di infortunati ma chissene, divertiamoci e sorridiamo tutti insieme. Tant’è, potere del denaro. Del resto grazie al dio denaro si ferma l’intero pianeta per giocare un Mondiale in pieno inverno, stravolgendo di fatto una stagione sportiva ma tanto la cosa fondamentale è il grano, si sarebbe detto negli anni Ottanta. L’Italia del Mancio, che al momento della formazione dei gironi sembrava condannata a giocarsi la salvezza insieme all’Ungheria con buone chance di restare nella serie A di questa manifestazione magari poco sentita, magari inutile, magari ingombrante ma pur sempre di manifestazione internazionale si parla, stupisce tutti per volontà e determinazione, lotta partita dopo partita – eccezion fatta per la serataccia tedesca ma può capitare quando devi rifondare squadra e ambiente – fino a, udite udite, qualificarsi per la final four che si giocherà nel prossimo mese di giugno in Olanda. Ci arriva, oltretutto, con pieno merito e, diciamocelo già che siamo tra noi, con un velo nemmeno troppo piccolo di tristezza a riempirci occhi e cuore: perché non so, in tutta onestà, se questa Nazionale avrebbe potuto essere inserita o meno nel novero delle pretendenti al titolo, siamo pur sempre campioni d’Europa in carica con pieno merito, accidenti. Però sono certo che i problemi sarebbero stati di chi ci avrebbe trovato sulla sua strada prima ancora che nostri.
In Ungheria non era facile, per niente. Ci aveva lasciato sportivamente le penne l’Inghilterra, aveva rischiato di lasciarcele pure la Germania, tu pensa in quale razza di girone eravamo finiti. Inoltre, particolare non irrilevante, gli azzurri hanno giocato in un catino ribollente di tifo, ai magiari sarebbe bastato un solo, misero, punticino per continuare l’avventura. Ecco, una vera e propria prova di maturità. Beh, l’esito è stato promozione da tutti e sotto tutti i punti di vista. A cominciare da Donnarumma, una sorta di Superman in almeno un paio di circostanze, per finire a Gnonto che sì, va bene, d’accordo, magari non ha brillato di luce propria, ma ha diciott’anni e va lasciato maturare o sbagliare senza la solita fretta patetica e inutile. Alla fine di rimpianti, lo abbiamo scritto e lo sottolineiamo ancora una volta, ce ne sono a bizzeffe. Ma questo è il calcio, questo è lo sport. Al passato è inutile pensare, ormai ciò che è stato è stato: l’importante è che questa Italia abbia ritrovato la voglia di giocare e vincere. Ne avremo bisogno per il futuro.
Alla prossima.
Nato a Milano, giornalista, scrittore, speaker radiofonico ed opinionista televisivo, laureato in Marketing e Comunicazione d’Impresa.