Di Gabriele Borzillo
15 Giugno 2022
Che botta. Che brutta botta. Perdere ci sta, ci mancherebbe: in Germania, contro una nazionale piena di storia, campioni affermati e speranze rosee, all’interno di uno stadio che è più un fortino, campo caldo e complicatissimo per gli avversari quello di Monchengladbach, infarciti di tanti giovani virgulti, promesse di un’Italia che sta nascendo dalle ceneri del disastro post Europeo. Perdere ci sta, ci mancherebbe: non così però, senza opporre la benché minima resistenza, offrendo uno spettacolo a tratti largamente insufficiente, senza grinta, senza nerbo. Soprattutto senza cuore.
No, non ci siamo proprio: va bene ricominciare, va bene lo scivolone che fa parte di un processo di crescita ed è accettabile, va bene l’inesperienza di molti, troppi azzurri, non abituati a certe partite e certi palcoscenici, va bene tutto. Non va bene quell’impressione di quando finisce ‘sta roba che andiamo in vacanza, trasmessa ieri sera da molti sul terreno verde del Borussia Park. Quella roba lì non va bene. Oggi tanti se la sono presa con Mancini, è lui il condottiero nel bene e nel male. È la storia del calcio e non solo a raccontarlo: in poco tempo passi dall’essere eroe nazionale all’ultima ruota del carro, al perché quello è ancora seduto in panchina dopo il disastro delle qualificazioni mondiali. E, soprattutto, per quale motivo il C.T. chiama così tanti giocatori, alcuni semi sconosciuti, troppo giovani quando non, addirittura, inadeguati?
Lo scrivevamo settimana scorsa parlando della nazionale italiana: ci sarà da rifondare, da ricominciare, da soffrire, da ricostruire e, noi tifosi dovremo essere bravi a star vicini a questi ragazzi, far sentire loro il nostro calore, il nostro supporto. Personalmente continuo a pensare che il prossimo futuro sarà davvero complesso e non ci offrirà mirabolanti successi e gioco spumeggiante: però neanche spettacoli sul genere di Monchengladbach. Il passo indietro rispetto alla gara con l’Inghilterra, ieri strapazzata a domicilio dall’Ungheria che noi abbiamo dominato in lungo e in largo, è stato avvilente: per intensità, per volontà, per abnegazione, per tutto ciò che volete aggiungere Voi. Fatta eccezione per un paio di appena sufficienti, tanta roba nella pochezza inattesa dell’Italia, il resto della truppa ha dato segnali zero per il futuro. E mi riallaccio alle convocazioni del Mancio: risulta a qualcuno che nel Bel Paese ci siano profili di altissimo livello attualmente?
Perché torniamo al problema iniziale, a quello che si fa fatica a capire, a risolvere, prigionieri di escamotage da studiare per vendere a prezzi maggiori la serie A: il calcio è un movimento che, attualmente, non produce talenti. Ormai da qualche anno. Pertanto l’allenatore della Nazionale è costretto, magari anche suo malgrado, a chiamare più profili: per studiarli, vederli, soppesarli. Da qui, da una prima scrematura che obbligatoriamente avverrà, si arriverà a un gruppo meno folto fino a raggiungere i venticinque barra trenta che formeranno il progetto futuro. Io almeno la vedo così, opinioni in libertà, non certezze. Di certezza c’è solo quella di non ripetere più partite non partite sullo stile di ieri sera, spettacoli davvero poco edificanti e per chi segue dalla poltrona di casa e, soprattutto, per chi, come a Monchengladbach, vive e lavora all’estero cogliendo l’occasione, non appena possibile, di seguire dal vivo l’Italia del pallone.
Piccola nota a margine: quando si offrono prestazioni largamente insufficienti, quando si persevera nei soliti errori beh, si abbia almeno il buon gusto di rispondere educatamente a chi ti sta ponendo, lei sì educatamente, una semplice domanda senza astio né polemica. Ecco, Roberto Mancini dovrà lavorare anche su queste cose, come già non bastasse il gravoso compito che lo aspetta. Non mi sento di invidiarlo.
Alla prossima.
Nato a Milano, giornalista, scrittore, speaker radiofonico ed opinionista televisivo, laureato in Marketing e Comunicazione d’Impresa.