Di Gabriele Borzillo
Aggiornato: 1 Aprile 2021
Così, almeno per la stagione calcistica in corso, la Nazionale ripone le divise negli armadietti. La strada per il Qatar – al momento del sorteggio il girone così proibitivo non sembrava a parte i soliti catastrofisti o maniavantisti per i quali attenzione a chiunque si affronta che il pallone è rotondo e non si sa mai – si è messa in discesa. L’avversaria principale, facciamo l’unica, la Svizzera, ha teoricamente i nostri stessi punti e trovo francamente complicato un incidente di percorso dei rossocrociati visti gli avversari e la loro forza d’urto. Quindi, logicamente, tralasciando la classica buccia di banana, appare evidente che ce la giocheremo con i nostri vicini di casa. Noi contro loro, loro contro noi. Il resto, francamente, non è granché, con tutto il rispetto e l’affetto possibile. Altro tema, si potrebbe aprire un dibattito di ore e ore, o pagine e pagine vedete Voi: ma non si potevano rimandare queste partite, visto il periodo? Però no, però all’UEFA ti raccontano che non era possibile. Si gioca, alla faccia della qualunque. Bene, ma non benissimo.
L’Italia raggiunge la quota di venticinque partite utili consecutive, alla faccia del bicarbonato di sodio diceva Totò. Perché venticinque partite utili consecutive, a livello di Nazionale, non sono poche: cioè, già sono una cifra se parliamo di squadre di club, a maggior ragione quando la discussione verte sulle rappresentative dei vari Paesi, che dovrebbero annoverare tra le proprie fila i migliori prodotti calcistici in giro per i campi di tutto il mondo. E no, non accetto neanche che mi si racconti: vabbè, ma contro chi abbiamo giocato? Primo, casomai hanno che nessuno di noi scende in campo, secondo gli azzurri non perdono da Portogallo-Italia uno a zero del 10 settembre 2018. E ho detto tutto. Certo, possiamo tranquillamente discorrere della consistenza di Bulgaria, Irlanda del Nord o Lituania: ma non è questo l’argomento. Perché Nazionali storicamente di primissimo livello hanno fallito a questo giro. La Germania, tonfo clamoroso, la stessa Francia non mi pare abbia brillato di luce propria, la Spagna si è salvata all’ultimo respiro e altre ancora hanno faticato molto più del previsto per piegare la resistenza delle avversarie, sulla carta più deboli.
Gli azzurri invece, nonostante la grande rotazione di effettivi che Mancini ha messo in campo, hanno vinto con relativa semplicità le loro partite. Ottimo il primo tempo contro i nordirlandesi, due gol di vantaggio ma avrebbero potuto essere anche di più, ripresa con la saracinesca abbassata e tutti in vacanza, un paio di parate monstre di Donnarumma e poco altro. In Bulgaria, nella casa del Levski a Sofia, nulla di che, ma gestione rasserenante della gara, gol di Immobile su rigore, altro secondo tempo in controllo con annessa accelerazione finale, raddoppio, terzo gol sfiorato in un paio di circostanze ma testa e gambe preservate per la terza trasferta, quella di Vilnius. Ancora un due a zero: primo tempo sonnolento e ripresa disputata a velocità di crociera, tanto basta a questa Nazionale per vincere in Lituania, con testa e gambe stavolta al campionato, sabato riparte. Insomma, tre partite in sette giorni, cinquemila chilometri di spostamenti centimetro più centimetro meno, c’è l’aereo ma sempre un salire e scendere è, cinque mesi senza giocare insieme, l’ultima volta dell’Italia era stata il 18 novembre 2020 col solito due a zero in Bosnia. Cosa si voleva di più?
Italia promossa, a pieni voti. Certo, non ha entusiasmato, ma poco importa. Quel che conta è che quando questa squadra accelera ha il dominio del campo, velocità e pressing sono specialità della casa, verticalizzazioni e giro palla pure, l’età media è bassa, gli azzurri hanno un gioco e una loro riconoscibilità. Sanno cosa fare e come farlo: soprattutto sanno quando farlo.
Ora gli Europei: non partiamo da favoriti, ma chiunque voglia vincerli deve fare necessariamente i conti con la banda Mancini, una realtà continentale.
Nato a Milano, giornalista, scrittore, speaker radiofonico ed opinionista televisivo, laureato in Marketing e Comunicazione d’Impresa.