Di Lapo De Carlo
21 Giugno 2021
La storia di questa Nazionale che gioca bene, diverte e fa persino sognare di raggiungere un traguardo impossibile come la finale a Wembley, parte tre anni fa.
L’Italia di Ventura, nelle qualificazioni al mondiale, viene rullata dalla Spagna 3-0, batte a fatica Israele ma non la Macedonia, infine sconfigge l’Albania e nei play off viene prima sconfitta in Svezia e a San Siro non va oltre un misero 0-0.
È il periodo più nero della nostra Nazionale per distacco, dopo il 1958 quando gli azzurri vennero sconfitti dall’Irlanda del nord in un freddo gennaio, venendo clamorosamente eliminati dalla partecipazione al mondiale.
Dopo la stessa sorte contro la Svezia, abbiamo vissuto giorni di rabbia, smarrimento, prendendocela con Ventura e crogiolandoci nella certezza di non avere nemmeno un futuro con giovani sempre meno forti e sopravvalutati.
L’interregno di Di Biagio, le polemiche, la sconfitta con l’Argentina e il pareggio con l’Inghilterra fino all’arrivo di Roberto Mancini. Un’amichevole vinta contro l’Arabia Saudita e una sconfitta contro la Francia. Il mantra dell’opinione pubblica è che ci vorranno anni per ritrovare una generazione vincente, capace di contare.
In quell’Italia però ci sono Insigne, Bonucci, Chiellini, Verratti, Jorginho, Spinazzola, Bernardeschi, Belotti, Immobile, gli stessi che sono titolari nell’attuale Nazionale e non sono nati fenomeni assoluti a cui aggrapparsi. Dunque?
Torniamo alla storia recente.
Il nuovo ct convoca qualche nuovo giocatore, cerca qualche soluzione e ci mette qualche partita per far svoltare il gioco. Tra amichevoli e Nations League arrivano tre pareggi e una seconda sconfitta, l’ultima della gestione Mancini, contro il Portogallo.
Da quel momento l’Italia vince praticamente sempre, giocando a calcio senza paura e timidezze, un calcio tanto propositivo da chiedersi dove fosse nascosto se gli interpreti non sono cambiati così tanto.
La partita più spettacolare è quella contro la Polonia in cui a Chorzow domina e vince alla fine con un gol di Biraghi a tempo quasi scaduto. È una partita magnifica, spettacolare, da restare increduli per l’intensità e la propositività. La stampa è contenta ma ci va cauta, eppure erano anni che non si vedeva una formazione azzurra giocare in modo tanto determinato. Il fuoco non è di paglia perché dal 10 settembre del 2018 la Nazionale non perde più una partita, subisce pochissimi gol e offre una proposta di calcio del tutto inedita per la nostra storia.
Agli Europei le tre vittorie con Turchia, Svizzera e Galles vanno oltre il senso stretto del risultato. Si tratta del gioco che è davvero l’elemento nuovo, insieme ad un approccio straordinariamente positivo, senza che questo determini lo scadimento della prestazione.
È un Italia molto simile a quella di Azeglio Vicini, a cui venne concesso troppo poco per continuare un lavoro magnifico fatto tra il 1986 con l’Under 21 e poi in Nazionale.
Saltato per aver perso ai rigori una semifinale di un Mondiale che sentivamo in pugno.
Da oggi questa Nazionale troverà ostacoli molto più severi dagli ottavi (Ucraina o Austria) e se verrà eliminata ci saranno le consuete polemiche devastanti, ma resta il fatto che veniamo da tre anni senza sconfitte e offriamo un gioco entusiasmante, senza avere fuoriclasse come la Francia, ma nel contempo ci sono tanto talento e consapevolezza che prima non c’erano.
Donnarumma, al netto di come si è lasciato col Milan, è oggi un portiere tra i migliori al mondo, Jorginho ed Emerson hanno appena vinto la Champions, Verratti è il regista della squadra più forte di Francia, dove gioca con Florenzi, Barella, vera novità del centrocampo, è con Bastoni un campione d’Italia, Spinazzola senza infortuni è uno dei migliori terzini d’Europa, Bonucci e Chiellini sono due totem e Chiesa, con Bernardeschi, ha fatto il salto di qualità con la Juventus. Mancini ha costruito una squadra, con il pochissimo tempo a disposizione, lavorando su un vero dialogo con i giocatori, costruendo il gruppo, l’identità e mostrando che il talento va innescato.
Tutti ricorderanno solo il risultato ma la vera novità storica dell’Italia di Mancini è il gioco, anche se è un po’ colpa sua se oggi più di qualcuno inizia a sperare di arrivare persino in finale.
Giornalista e direttore Radio Nerazzurra, opinionista a Sport Mediaset e TL, insegno comunicazione in Università e ad aziende. Ho un chihuahua come assistente e impartisco severe lezioni nella nobile arte del tennis ad amici e parenti.