Di Gabriele Borzillo
11 Ottobre 2021
Così si chiude anche questa Nations League, trofeo per alcuni di grande importanza, per altri di poco conto. Al di là di pensieri del tutto personali, io ad esempio la trovo una inutile kermesse adatta a complicare ancora di più il calendario internazionale, già strutturato che fare peggio è praticamente impossibile. Però, ci dicono, oltre a garantire l’accesso a eventuali spareggi in ambito qualificazioni mondiali, serve per migliorare il ranking. Che qualcuno, una volta o l’altra, mi deve spiegare il senso e il significato del ranking. Dove in prima posizione c’è una nazionale, il Belgio, da noi sconfitta negli ultimi due scontri diretti e che – me ne scusino gli eventuali tifosi dei diavoli rossi ma questi sono numeri, non chiacchiere da bar – ha come miglior risultato il terzo posto ai mondiali 2018, oltre a un oro olimpico nel 1920 e un argento agli europei del 1980.
L’Italia si presentava da campione d’Europa alle “final four”, che fa figo parlare inglese, della Nations League, organizzata illo tempore tra Milano e Torino, molto prima dei saluti e baci spediti in primis da Gigio Donnarumma seguito, a ruota, da Romelu Lukaku, smanioso di ritrovare il club vero grande amore della sua vita. Gli azzurri, che mal sopportano le partite del bimestre settembre-ottobre, hanno inciampato nel peggior avversario che potevano incontrare fin da subito, la Spagna, quella Spagna che già all’Europeo ci aveva messi seriamente in difficoltà. Come ricordiamo tutti finì ai calci di rigore ma, nel corso dei centoventi minuti di gioco effettivo, le furie rosse costruirono più di noi, facendoci correre a vuoto grazie a un grande possesso palla, retaggio evidente di un calcio che ha Pep Guardiola come capostipite indiscusso. Anche a Milano la musica non è stata differente: Spagna in vantaggio su errore nostro, poi sbadataggine di Bonucci espulso prontamente come da regolamento, in Europa certi falli vengono sanzionati e da uno come lui, con il suo enorme bagaglio di esperienza, non ci si aspettava certo la reazione di un ragazzino alle prime armi ma può capitare, infine controllo totale di pallone e partita. Siamo sinceri, il nostro gol, nel finale, viene da una gestione fin troppo allegra degli iberici, quella roba che ti prende quando hai la certezza di tenere in pugno gioco e avversario, così ti distrai un attimo. Ma se ti distrai lasciando a Chiesa campo aperto beh, allora paghi dazio. Sconfitta meritata quella degli azzurri, rimbalzati da Milano a Torino per disputare la “finalina”: come dice Courtois, a chi giova la finalina della Nations League? Domanda che mi sono posto anch’io, salvo trovare quasi subito la risposta: ma per il ranking, Thibaut, per il famoso ranking che senza non potrebbe esistere il gioco del calcio.
Così, in un assolato pomeriggio di inizio ottobre, gli Azzurri si trovano nuovamente di fronte al Belgio, campione del ranking. Senza, va detto, un paio di pendine fondamentali, prima fra tutte il centravanti rientrato a Londra per qualche problemuccio muscolare, raccontano i bene informati, oltre a Kevin De Bruyne dirottato in panchina. L’Italia manda in campo il classico 4-3-3 con la poco collaudata coppia centrale difensiva formata da Acerbi e un balbettante Bastoni, perlomeno in campionato. Lo sappiamo tutti, abbiamo vinto due a uno con i nostri avversari impegnati nella sagra del palo, alla fine saranno tre i legni colti dai diavoli rossi ma, soprattutto, abbiamo ritrovato la Nazionale che tanto ci ha fatto godere nella scorsa estate. Pressing alto, cambi di gioco improvvisi e quasi sempre ottimamente effettuati, giro palla notevole, ripartenze immediate appena possibile con gli esterni a farla da padroni, Chiesa a sinistra e Berardi a destra. In mezzo senza Jorginho, ma con Locatelli nella sua zona preferita affiancato da Pellegrini e da un enorme Barella, centrocampista ormai di levatura mondiale e non solo per il gol bellissimo che ha sbloccato il risultato.
Da qui dobbiamo ricominciare. Da domenica 10 ottobre. La passata serie si è fermata a trentasette, prima o poi doveva capitare: ora ci sono partite importantissime per la qualificazione ai prossimi Mondiali, è assolutamente vietato sbagliare. Ma questa Italia, quella del dieci ottobre, mi lascia sperare che tutto possa andare per il verso giusto.
Nato a Milano, giornalista, scrittore, speaker radiofonico ed opinionista televisivo, laureato in Marketing e Comunicazione d’Impresa.