Di Alfredo Pedullà
16 Febbraio 2022
Rafael Leao non è soltanto il nuovo che avanza, quello lo sapevamo da un pezzo. Oggi il nuovo Leao è una meraviglia, fa la differenza, spacca le partite e molto spesso le indirizza. Rispetto a cinque o sei mesi fa ha staccato il tagliando delle continuità, il passaggio che gli mancava per il definitivo balzo. Stefano Pioli, che lo conosce bene e che lo coccola come se fosse il suo nipotino, aggiunge che ci possono essere ancora margini di miglioramento. Condividiamo e aggiungiamo: manca quel 20 per cento che lo renderebbe un crack assoluto. La cosa più affascinante di questo discorso è che quel 20 per cento Leao ce l’ha nelle corde, ecco perché può davvero entrare nella galleria riservata a pochissimi. Quel 20 per cento significa qualche gol in più, qualche assist in più, piccole pause in meno. Rafael ha già fatto tantissima strada, ha scalato la montagna più alta, adesso che ha scollinato non deve sbagliare il rapporto per una discesa che gli consenta di andare al traguardo. Traduzione: l’intuizione del Milan era quella giusta, storia di due anni e mezzo fa. Era agosto 2019 quando venne annunciato l’accordo con il Lille per una cifra non troppo lontana dai 30 milioni, compresa una contropartita tecnica, a conferma di un investimento che il club rossonero avrebbe voluto fare. Parola d’ordine: puntare sui giovani di talento, a costo di spendere qualcosa in più.
Leao aveva 20 anni, la personalità evidentemente non gli mancava se aveva deciso di andare via. Alle spalle una storia non simpatica, i problemi con i tifosi dello Sporting Lisbona, la decisione di andar via e di risolvere il contratto unilateralmente a giugno 2018. Aveva una clausola da 45 milioni, eppure Leao aveva deciso di salutare per quanto di inammissibile – almeno dal suo punto di vista – aveva subito. Non troppi giorni fa lo hanno condannato a pagare 16,5 milioni: non è l’ultimo grado di giudizio, ma comunque è la conferma che non si è mai posto un problema sulle cose da fare, l’istinto del predestinato. Il suo calcio è un istinto continuo, uno scatto o una progressione, un assist o una sgommata: talenti così, quando li hai, ti fanno innamorare. Se il tuo mestiere è quello dell’allenatore, non vedi l’ora di insegnargli quel poco che manca per la consacrazione.
Stefano Pioli ha detto una cosa importante dopo l’ennesima vittoria contro la Samp. L’allenatore ha sottolineato che non sostituirà Leao quando imparerà a correre per 90 minuti come i compagni. “Leao è un giocatore eccezionale, con grandi caratteristiche, ma non deve accontentarsi di aver segnato un gol perché è giovane e perché sa che senza il sacrificio il successo non arriva”. Eppure i confronti non mancano, ogni riferimento al mitico Henry non è casuale. Pioli ha fatto un altro esempio che rende perfettamente l’idea: l’estate scorsa, alla ripresa della preparazione per una nuova stagione, aveva confidato al suo vice Murelli che il rendimento di Tonali e Leao avrebbe avuto un salto di qualità impressionante rispetto all’ultimo campionato. Sta andando proprio così: nessuno più di un allenatore può avere un quadro migliore. Circa un anno fa avevamo segnalato la crescita esponenziale di Rafael, un anno dopo possiamo parlare di consacrazione. Il rinnovo del contratto (attuale scadenza 2024) con adeguamento fino a quattro milioni di ingaggio a stagione è l’ulteriore conferma che siamo arrivati a livelli straordinari.
Antonin Barak è nel momento migliore della sua carriera. Ha 27 anni e pensiamo che la prossima estate sarà molto difficile per il Verona trattenerlo. Barak possiede gli ingredienti che lo porterebbero a giocare in qualsiasi top club in Italia: personalità, senso tattico, fisicità, tecnica sopraffina e senso del gol. La sua storia è strana: l’Udinese, brava a scovare stranieri a costi contenuti per poi rivenderli a cifre incredibili, chiuse l’operazione con lo Slavia Praga a febbraio 2017 con una mossa intelligente. Il club friulano non aveva la necessità di portarlo subito in Italia e decise, come spesso accade, di lasciarlo in Repubblica Ceca in modo da consentirgli di completare quel campionato. Quando sbarcò, l’estate successiva, fu un trionfo di prestazioni e rendimento nel segno della continuità: un gol per l’impresa in casa dell’Inter e tante altre perle. L’Udinese di solito resiste alle offerte anche delle big quando il nuovo acquisto è fresco di nomina: dopo una sola stagione – pur molto convincente – non lo cede per dare modo al cartellino di lievitare. Ma la stagione successiva sarebbe stata condizionata da una lombalgia acuta, sfortuna nerissima.
E quella dopo gli fece perdere la visibilità che aveva guadagnato con i fatti e non a chiacchiere. Barak è stato costretto a ripartire da zero, ma non ha sbagliato le scelte: a Lecce è rinato, al punto che il suo allenatore dell’epoca lo avrebbe voluto a Parma. Il Verona ha fiutato l’affare e con Tudor siamo arrivati a ai massimi livelli. Barak più Caprari più Simeone: sembra quasi che giochino insieme da quattro o cinque anni. Quanto servirebbe oggi per strappare Antonin al Verona? Dai 20 milioni in su visto che non è più un ragazzino, ma se dicessimo oltre 25 non sbaglieremmo. Sarebbe un peccato lasciarlo andar via dalla Serie A, le proposte non mancherebbero e non mancheranno. Noi lo vedremmo bene alla Juve, sarebbe tecnica e fisicità, ma sarebbe perfetto per Napoli e Milan, in ogni caso per chi cerca un interprete moderno e che sa trascinare, l’antidoto migliore a qualsiasi blackout. La consacrazione di Barak è come quella di Leao: cartoline a colori che fanno bene alla salute del campionato.
Giornalista e opinionista sportivo, grande esperto di calciomercato in Italia. "È un privilegio quando passione e lavoro coincidono".