Di Gabriele Borzillo
25 Novembre 2019
Certo, siamo solo ad un terzo di campionato, ma le gerarchie sembrano già scritte; a meno di capitomboli o maremoti imprevisti a tutt’oggi, la solita Juventus dovrà vedersela con l’Inter nella volata che potrebbe portare agli uomini di Sarri il nono scudetto consecutivo. I bianconeri hanno una rosa completa e competitiva – Suning al contrario dovrà mettere mano al portafoglio tra un mese per rifarsi il look cercando di rimanere nella scia juventina – e, perlomeno in questo inizio stagione, hanno di tanto in tanto usufruito di aiuti degli dei pallonari per risolvere alcune partite, soprattutto contro quelle squadre con le quali, negli anni scorsi, i problemi non si ponevano nemmeno.
Il tiro deviato, il palo, la grande parata all’ultimo istante fanno parte del pacchetto completo nel mondo del calcio e, in mancanza di un gioco scintillante, la truppa sarriana non credo possa lamentarsi di Eupalla e compagnia. Casomai, questo sì, si intravedono piccole crepe tra il tecnico e Cristiano Ronaldo, sulla cui gestione ci sarebbe da scrivere molto, ma sono malesseri di stagione sui quali la Società bianconera saprà senza dubbio mettere una pezza. Di fatto il problema al ginocchio, evocato da Sarri e prontamente negato da Cristiano, parrebbe essere argomento serio e non boutade del tecnico per giustificare un paio di sostituzioni sgradite al portoghese ma assai utili all’economia del gioco bianconero.
Sarà stato certamente un caso ma la Juventus ha portato a casa i tre punti con la propria stella accomodata in panchina. Insomma, i periodi bui capitano a tutti, possono capitare anche a Cristiano. Senza contare la vittoria importantissima, per come è arrivata, in quel di Bergamo sabato pomeriggio, ribaltone ancora una volta propiziato, siamo a cinque andando a memoria, da un’autorete. E, trovato il pareggio, la Juventus ha spinto in maniera convincente, chiudendo la pratica, in dieci minuti dieci, dopo aver subito per oltre un’ora la truppa guidata da Gasperini. Perché le grandi squadre sono così; appena sentono debolezza nell’avversario addentano la preda e la finiscono.
L’Inter, al contrario, necessita sempre della prestazione a mille all’ora; anzi, necessitava, vista la partita di sabato sera a Torino, giocata sotto una pioggia torrenziale. Perché proprio nel capoluogo piemontese, con la squadra ai minimi termini o quasi e la necessità di mettere in cascina tre punti per proseguire l’inseguimento ai battistrada (pensate che differenza enorme sta facendo, a oggi, quel gol a quattro minuti dal termine siglato da Higuain al Meazza), i nerazzurri hanno impressionato per maturità e capacità di gestire al meglio una gara sulla carta complicata assai. L’Inter ha segnato, lasciato sfogare i granata che non hanno combinato un granché, raddoppiato, di nuovo consentito al Toro di caricare a testa bassa, e qui Handanovic ha estratto dal cilindro una parata pazzesca, per poi chiudere i conti definitivamente a mezz’ora dalla fine con Lukaku, 12 presenze e 10 gol al primo anno italiano.
E pensare che c’è ancora chi lo critica; francamente non riesco bene a capire cosa si critica ma si sa, una parte di tifosi vuol sempre avere l’ultima parola. Niente da eccepire, il mondo è bello perché vario, come recita un adagio che veste a pennello la situazione del gigante belga.
Dietro la coppia che non scoppia, almeno questo sembrerebbe, le due romane ed il Cagliari, partita rinviata in quel di Lecce per la pioggia, con l’Atalanta a scivolare domenica dopo domenica sempre più verso la zona Europa League, laddove è ormai stanziale il Napoli, che anche a Milano non incanta, pareggia contro un Milan volenteroso e poco altro, tra faide interne, liti, regolamenti di conti, stipendi sospesi, anzi no ma forse sì, e chi più ne ha più ne metta. Spiace, davvero, per una situazione che il pubblico napoletano non merita; De Laurentiis deve decidere se effettuare il famoso salto di qualità, ovverosia investire pesantemente per reggere il confronto con le grandi d’Europa; altrimenti si vedano di percorrere strade alternative, ammesso che le presunte offerte per l’acquisto del club azzurro siano reali e non storielle da bar.
E, a proposito di presidenti, chissà se Cellino avrà cominciato a farsi delle domande su un cambio di allenatore che la maggior parte degli addetti ai lavori faticava, e ancora oggi fatica, a comprendere. Con Corini le rondinelle esprimevano un gioco e avevano un’anima; ieri pomeriggio, nella gara contro la Roma, entrambe le cose sembravano del tutto smarrite.
Intanto la Samp, pian pianino, cerca di uscire dalle zone scivolose della classifica. Aspettando il recupero tra Lecce e Cagliari nel pomeriggio e Spal-Genoa stasera.
Nato a Milano, giornalista, scrittore, speaker radiofonico ed opinionista televisivo, laureato in Marketing e Comunicazione d’Impresa.