Di Alfredo Pedullà
14 Settembre 2021
La Juve paga due anni di errori e nessuno se la prenda per questa spremuta di sincerità. Gli strafalcioni di Paratici soprattutto vanno snocciolati come se fosse un rosario. E quindi la troppa leggerezza che ha permesso di celebrare il ritorno di Max Allegri. Come se aver ripristinato l’allenatore vincente per quattro anni da 7 milioni netti più bonus a stagione fosse stata la scorciatoia illuminante a prescindere da tutto. Errore grave grave.
Gli strafalcioni di due anni si pagano. Poi, che Allegri sia nelle condizioni di riprendere una stagione appena all’alba, questo è un altro paio di maniche. Senza trascurare tuttavia i filosofi che non sono per quella frase, senza un grosso senso, dei “grandi amori che fanno giri immensi e poi ritornano”. Non è detto che funzioni così, anzi spesso funziona al contrario e nessuno si offenda. Precisiamo: abbiamo troppa stima per l’allenatore e per il profondo conoscitore della tattica, capace di intervenire anche nelle situazioni più complicate. Ma fa capolino, inutile negarlo, un altro concetto. Ovvero che mettere sotto il tappeto due anni di polvere pensando che nessuno se ne accorga e che qualcuno non vada a scoperchiare, magari può essere un’illusione. I riscontri oggi sono questi. Magari la Juve uscirà dalle tenebre nel giro di poche settimane, ma senza menarla troppo con la storia dell’organico forte e competitivo. Non è esattamente così, cercheremo di andare nel dettaglio.
Il primo errore che la Juve paga in modo pesante è la scelta degli allenatori negli ultimi due anni. Aveva preso Sarri, proprio al posto di Max, per quel concetto di bel gioco che andava tutelato con un’assistenza continua nei riguardi del Comandante che avrebbe voluto fare un’inversione dal punto di vista tattico. La stessa assistenza che, almeno in queste settimane, gli sta garantendo la Lazio scortandolo anche nelle piccole cose e mettendo in preventivo brutte prestazioni come quella di domenica scorsa contro il Milan. Nel caso di Sarri alla Juve, dopo un mese si era capito che lo avevano scaricato quasi definitivamente. Soprattutto con quella storiella dello spogliatoio che non gradiva i suoi metodi, di Ronaldo che non immaginava di trovarsi al centro di una situazione computerizzata, e qui potremmo continuare fino all’infinito.
Congedatasi da Sarri (il primo a tradirlo fu proprio Paratici che lo aveva preteso mettendoci la faccia) l’improvvisata navigazione Juve non ha conosciuto soste. A proposito di Sarri, soltanto ora – con un po’ di ritardo – si stanno rendendo conto di quanto fosse vero, autentico, lo scudetto conquistato e non dovuto per manifesta inferiorità della concorrenza. Guardate cosa è accaduto con Pirlo, la famosa navigazione improvvisata e il quarto posto acciuffato quando nessuno ci credeva più. E verificate i primi riscontri della famosa nuova era Allegri: oggi un autentico disastro, nella speranza che domani sia meglio di oggi. In effetti peggio non si potrebbe.
Andiamo oltre, il coinvolgimento di Paratici è totale. E rappresenta la conferma che puoi essere la perfetta spalla di un direttore generale di spessore per poi trovarti spaesato quando il tuo riferimento decide di andare altrove. Esattamente quanto è accaduto a Paratici con Marotta: in sua presenza, sceglieva i calciatori, li proponeva e li scovava mettendo il penultimo timbro perché l’ultimo era del capo; in sua assenza si è avventurato in decisioni come minimi opinabili. Partiamo da Paulo Dybala: nel 2019, Marotta è già dell’Inter, Paratici – ovviamente con la sponda della proprietà – decide di cederlo al Manchester United. Ci sono tutti gli accordi, se la Joya dicesse sì sarebbe già in Inghilterra per visite e firme. Invece, la Joya dice no e ci ritroviamo due anni dopo a parlare del rinnovo, che probabilmente arriverà, con colpevole ritardo. Tutto questo perché il destino di Paulo sarebbe stato legato a quello di Ronaldo: se Cristiano fosse rimasto, probabilmente Dybala sarebbe andato con una proposta congrua; ora che Cristiano è andato, avanti tutta con il prolungamento dell’argentino. E quindi non scandalizzatevi se Dybala chiede cifre importanti, pandemia o non pandemia, si sente soltanto adesso al centro di un progetto ballerino. Continuiamo con Paratici, almeno con un altro paio di esempi, ce ne sarebbero quattro o cinque in più.
Indifendibile quando decide di liberare Romero per l’Atalanta a meno di 20 milioni con un discreto pagherò, senza averlo fatto passare a casa Juve neanche per una presenza e poi decidendo di regalarlo al Tottenham per la modica cifra di 55 milioni, bonus compresi. Delle due l’una: o ha esagerato prima o ha esagerato dopo, ma sempre di gravi errori si tratta. Qualcuno ci spiegherà il senso della rinuncia a Spinazzola, il perfetto erede di Alex Sandro, e oggi non a caso al centro della ribalta europea. Oppure la decisione di fare lo scambio Arthur-Pjanic in nome di quella benedetta o maledetta plusvalenza, quando a Pirlo serviva un centrocampista con caratteristiche nettamente diverse, vorremmo dire agli antipodi.
Ora, siamo a settembre e non possiamo certo inchiodare Allegri pensando che magari debba portare la croce per colpe sue. Di sicuro, la sua voglia di Juve non ha considerato quel sano realismo che avrebbe dovuto avere prima di aprire porte e finestre a un suo ritorno in bianconero. Lo stesso Max dal mercato si sarebbe aspettato di più e aveva invocato qualche altro colpo a 48 ore dallo stop, pia illusione. Che possa essere sempre l’uomo giusto per la rifondazione e per la ricostruzione, ci sta e non lo mettiamo in dubbio. Ma che oggi sia circondato da due anni di errori, anche gravi, è molto più di un banale dettaglio.
Giornalista e opinionista sportivo, grande esperto di calciomercato in Italia. "È un privilegio quando passione e lavoro coincidono".