Di Alfredo Pedullà
21 Settembre 2022
Diciamo la verità: nessuno si sarebbe aspettato un avvio di stagione così deludente della Juve. I risultati vanno e vengono, possono anche non arrivare per situazioni contingenti senza montare scandali a fine agosto oppure a metà settembre. Il problema è un altro, più che altro si tratta di uno choc: da quando si è insediato Massimiliano Allegri, siamo al quindicesimo mese di lavoro, non si è vista un’idea, un indizio, neanche mezzo. E vorremmo aggiungere che il mercato c’entra poco: puoi farlo bello o meno bello, l’ultimo è stato indubbiamente importante e dispendioso, ma se non trasmetti qualcosa di tuo alla squadra diventi indifendibile.
La prima stagione di Max era stata considerata di transizione perché, si dice sempre così sbagliando, un allenatore nuovo ha bisogno di tempo. Ma cosa, ma quando, ma dove? Richiamato a casa madre per nostalgia, Allegri ha chiuso con un quarto posto soffertissimo, senza un titolo, con una partenza allucinante pagata per tutto il resto della stagione, compresa la sanguinosa eliminazione agli ottavi di Champions. Allegri era stato riconvocato da Andrea Agnelli, una scelta precisa del presidente contro tutto e contro tutti, alla non modifica cifra di 9 milioni a stagione (bonus compresi). Siccome la nostalgia era davvero canaglia, il numero uno del club aveva deciso di garantirgli quattro anni di contratto. I pluriennali così vanno oltre la logica, sono un violento schiaffo alla crisi imperante, ti mettono spalle al muro.
Perché se poi stecchi, esattamente quanto accade da circa 15 mesi, non puoi minimamente pensare di sollevare il tuo “eroe” dall’incarico. Meglio ancora: potresti anche, ma come ha detto recentemente l’amministratore delegato Arrivabene “poi l’altro che arriva lo paghi tu?”. Arrivabene avrebbe potuto evitare, ha motivato dicendo che si trattava di una battuta, ma così infelice – non da uomo di calcio – che ha aggiunto ulteriore benzina a un incendio già talmente alto da rendere molto complicato qualsiasi tipo di spegnimento. Ecco, la Juve ha pensato di vivere di ricordi, riconvocando chi aveva consentito di collezionare scudetti, di andare due volte in finale di Champions sfiorando un sogno che resta ossessione, annessi e connessi tanti momenti bellissimi. Bene, anzi male: quell’Allegri oggi non c’è più, divorato da due anni sabbatici che hanno appiattito le sue idee di calcio talmente tanto che la sua filosofia sembra antica, tremendamente vecchia e superata.
Un paio di mesi fa avevamo spiegato, proprio qui, che la Juve aveva organizzato il mercato a immagine e somiglianza di Max. Seguendo le sue indicazioni e sventrando una filosofia bene chiara: puntare sui giovani di valore (De Ligt, Kulusevski, Chiesa) pagando anche cifre iperboliche per i cartellini e sventrando la politica dei campioni superpagati e quindi con il rischio di non avere il ritorno tecnico che certi investimenti avrebbero imposto. Allegri ha imposto il dietrofront, quasi un’inversione a u sull’autostrada, andando anche contromano pur di cambiare strategia. Lo hanno seguito, hanno preso Pogba a parametro zero, hanno convinto Di Maria dopo un corteggiamento che neanche con una donna affascinante, si sono liberati di Dybala, hanno convocato Milik e chiuso la sessione estiva con quel Paredes ritenuto indispensabile per avere quel famoso metronomo che mancava da anni nei meccanismi bianconeri.
Intendiamoci, Paredes non è un ultratrentenne – come non lo è Pogba – ma avvinghiarsi all’allenatore ha avuto il significato (un diktat) di seguire alla lettera qualsiasi sua indicazione. Per questo, ci viene da sorridere quando Giovanni Galeone – il mentore di Max – dichiara che il suo pupillo avrebbe dovuto chiedere di più dal mercato. Di più cosa, altri 100 milioni da investire all’interno di un bilancio che ha avuto il segno “meno” sul quadrante per circa 250 milioni nel 2021-2022? Non scherziamo perché poi pensi di poter collezionare figurine prestigiose senza poi avere qualcuno in grado di mettere su un album.
Il problema non è il mercato, ma avere un allenatore che sia al passo con i tempi, aggiornato e adeguato, che non cerchi alibi dopo ogni risultato negativo, che non dica “in questa situazione di emergenza stiamo facendo bene” piuttosto che ammettere – almeno una volta in 15 mesi – “forse è colpa mia e mi assumo qualsiasi tipo di responsabilità”. Nessuno discute che perdere Pogba (tra l’altro non nuovo a infortuni più o meni seri, una costante degli ultimi due anni), Chiesa e non avere Di Maria con una certa continuità sia stata una bastonata. Ma non sbaglia chi sostiene che, con il materiale a disposizione, Allegri debba dare un segnale della sua presenza. La domanda è: non basta e avanza ciò che hai per una parvenza di squadra che sappia esprimersi?
Almeno quel minimo sindacale necessario in attesa dei famosi rientri, in fondo sei la Juve. Invece, Allegri balla tra una difesa a quattro che poi diventa improvvisamente a tre, il 4-3-3 sembrava un marchio di fabbrica, poi avanti con il 3-5-2 per tornare al 4-3-3 e domani chissà cosa. Il calcio moderno magari impone di non avere un sistema di gioco fisso, ma neanche questa sarabanda che non offre certezza e minimi riferimenti nel segno della continuità. Perché il Benfica deve sbarcare a Torino e dare lezione di calcio, a prescindere dal risultato che poi sistematicamente arriva quando prevalgono idee chiare e organizzazione? Il mercato non può essere la cartina di tornasole quando la gestione dell’allenatore è in balia di onde sempre più alte, alla larga da una minima navigazione che consenta di individuare la rotta. Adesso c’è una sosta per recuperare qualche infortunato e per provare a rimettersi in carreggiata dopo una serie di sbandate. Allegri non deve pensare che qualcuno ce l’abbia con lui, sarebbe la peggiore scorciatoia per risalire la corrente. Basterebbe guardare con calma, a mente fredda, l’ultimo scempio di Monza. Allegri deve soltanto memorizzare che sta facendo malissimo, che è l’allenatore della Juve e che chiunque per molto meno è andato a casa, anche dopo aver vinto uno scudetto.
La stagione è lunga per ripartire e correggere, non sappiamo se ci sarà tempo per rimediare in Champions, in caso contrario (leggi eliminazione nella fase a gironi) sarebbe una botta incredibile. Ma la batosta diventerebbe ancora più grande se nel frattempo Allegri scambiasse – come sta facendo – l’inquietante e inaccettabile realtà con un mondo surreale e tutto suo.
Giornalista e opinionista sportivo, grande esperto di calciomercato in Italia. "È un privilegio quando passione e lavoro coincidono".