Di Lapo De Carlo
22 Gennaio 2021
Niente è duraturo come il cambiamento. L’Inter ha preso alla lettera la massima di Borne e così intorno alla squadra si stanno muovendo vorticosamente una serie di rivoluzioni annunciate in modo enfatico dalla stampa, senza che nessuno però sappia il reale destino a cui andrà incontro la società nei prossimi tre mesi.
Se Suning venderà tutto il pacchetto ad un fondo o prenderà a bordo un socio minoritario, lo capiremo più avanti, nel frattempo c’è un nuovo logo da presentare, accompagnato dalla dicitura Inter Milano, come l’Inter viene già chiamata da sempre all’estero, con dissensi e approvazioni sul nuovo simbolo nerazzurro il quale, fatto non trascurabile, non è stato ancora presentato.
I dibattiti sono nati intorno all’esempio di un logo che non ha comunque attinenza con quello ancora da presentare. L’Inter inoltre, nella sua storia, ha cambiato quasi venti volte il suo simbolo e paradossalmente uno dei più amati è quello degli anni 80, col biscione su uno scudetto bianco attraversato da due linee in diagonale, in totale discontinuità con quello che si era visto prima e si sarebbe realizzato più avanti.
Mentre ci si chiede quale sia il destino che ci si deve augurare, se quello di un Suning che resterebbe un proprietario riconoscibile ma ostaggio del governo cinese o quello di un fondo d’investimento, Antonio Conte ha vinto la partita più convincente da quando è seduto sulla panchina dell’Inter.
Il suo limite era proprio quello di aver perso o pareggiato tanti scontri diretti e non aver mai dato un’impronta vincente nelle sfide decisive. Critiche meritate prima, come elogi sacrosanti oggi, dopo una vittoria tanto netta contro la Juventus, rivale storica tutt’altro che allo sbando come si è voluto raccontare per tre giorni a spiegare la debacle. Contro il Napoli la Juventus ha dimostrato di essere ancora la squadra da battere e che l’Inter è cresciuta nettamente, specie nella modalità della sfida diretta.
Ora l’Inter ha un credito improvviso da gestire e paradossalmente è il momento più difficile da gestire. Contro la Sampdoria la squadra aveva inspiegabilmente perso una partita dominata, fallendo quindici occasioni da gol, mentre con la Roma, nonostante venticinque minuti di alto livello durante i quali aveva rimontato e dominato i giallorossi, si era fatta beffare a pochi minuti dalla fine arretrando il baricentro come era già accaduto con Lazio e Atalanta.
Con la Fiorentina in Coppa Italia l’Inter ha passato il turno soffrendo ma mostrando orgoglio e conquistando il diritto a giocare il derby valido per i quarti martedì prossimo.
In quei giorni le voci di cessione, le notizie degli stipendi non pagati, la prima rata per Hakimi rinviata e il riconoscimento economico per l’agente di Eriksen non ancora corrisposto, hanno caratterizzato giornate di alta tensione nell’ambiente.
Notizie arrivate tutte insieme proprio alla vigilia della sfida contro la Juventus.
La reazione da grande squadra è un certificato di rabbia, orgoglio e serietà che migliora di tanto la reputazione del collettivo e del tecnico. Il pericolo è cedere alle lusinghe, alle consuete ovazioni di metà stagione, come quelle che l’anno scorso fino ai primi di febbraio omaggiavano l’Inter, reduce dalla rimonta esaltante contro il Milan, con il primo posto conquistato grazie alla sconfitta della Juventus a Verona.
C’erano salamelecchi e un entusiasmo tale a cui, se si opponeva la prudenza, o peggio qualche piccola perplessità, si veniva trascinati giù dal carro e tacciati di negatività o pessimismo. Se le cose vanno bene a nessuno interessa cosa non funziona.
Quest’anno sembra che la macchina di Conte stia oggettivamente meglio, pur avendo paradossalmente 6 punti in meno della stagione scorsa. Ad essere migliorato è il gioco, (anche se prima della partita con la Juventus si vedeva solo un tempo), forse anche la convinzione. La partita al Friuli contro l’Udinese vedrà la formazione titolare, più Vecino finalmente tornato a disposizione in panchina, nel derby di Coppa Italia. Ci sarà turn over, con Eriksen in cabina di regia. Se questa è una stagione felice lo capiremo forse già nei prossimi quattro giorni.
Giornalista e direttore Radio Nerazzurra, opinionista a Sport Mediaset e TL, insegno comunicazione in Università e ad aziende. Ho un chihuahua come assistente e impartisco severe lezioni nella nobile arte del tennis ad amici e parenti.