Di Lapo De Carlo
Aggiornato: 27 Gennaio 2021
Il periodo dell’Inter è da cuori forti, attraversato da problemi societari, fatiche economiche, problemi da risolvere e voci spregiudicate che tratteggiano il presente e il futuro dell’Inter con un carico di inquietudini e illazioni.
I tifosi nerazzurri sono infastiditi dalle vicende in sé e dalla lettura ulteriormente drammatizzata, contribuendo ad aumentare quella atavica sensazione di essere un club più attaccato di altri. In tutto questo l’Inter in due settimane, dopo la sconfitta con la Sampdoria, ha pareggiato all’Olimpico una partita che avrebbe meritato di vincere, ha giocato in trasferta l’ottavo più difficile contro la Fiorentina, eliminandola ai supplementari, ha battuto nettamente la Juventus, sciupato una grande occasione contro l’Udinese ed eliminato il Milan in Coppa Italia.
Il denominatore comune di questo periodo, oltre agli ottimi risultati, è l’incredibile numero di occasioni create, abbinato a quelle sciupate. Un tema che esiste da inizio stagione e porta a formulare diverse spiegazioni. Personalmente credo ci sia una differenza tra occasioni non capitalizzate e quelle realmente sciupate. Nelle prime, diversi giocatori, con particolare riferimento agli attaccanti, tirano in porta da posizioni complicate esaltando i portieri o con pochissimo tempo per piazzare il tiro, nelle seconde manca la freddezza, soprattutto Lautaro Martinez che non segna da tempo e ha diverse occasioni in cui si trova davanti al portiere, piazzando sempre centralmente la palla.
Lukaku viene da un periodo di appannamento ma paradossalmente Ibrahimovic lo ha risvegliato. Il litigio in campo, nato da una provocazione dello svedese con parole che andrebbero vagliate attentamente per la loro natura profondamente e inutilmente razzista, ha rischiato di avere conseguenze più gravi. Un brutto spettacolo ma Lukaku non ha mai avuto comportamenti del genere e ha reagito ad un insulto pesante a lui e sua madre, una motivazione nemmeno valutata da una parte di stampa che ha moraleggiato.
Intanto l’Inter forse ha acquistato Eriksen con un anno di ritardo e Conte sta lentamente convincendosi di avere un giocatore decisivo e non un comprimario da buttare dentro negli ultimi cinque minuti, come sta facendo da inizio stagione. I meriti del tecnico sono quelli di tenere il gruppo unito e aver dato al gioco un’organizzazione che non sempre però è identità. Per avere quella c’è bisogno di sprigionare la qualità e Conte deve scrostare la definizione semantica che attribuisce al talento, il quale non può essere solo fatto di corsa, robustezza e faccia cattiva.
Anche nel post partita ha voluto prendere parte ai meriti: “gli ho detto io di calciare la punizione”, sottolineando così di conoscere i colpi del danese e ricordare cosa non lo convince del danese: “gli vogliamo bene tutti, è timido, troppo educato, troppo per bene” e ha aggiunto che stanno lavorando su di lui da un mese. Eriksen si è imposto come mezzala in uno schema con la difesa a quattro e un centrocampo profondamente diverso nell’impostazione, qui viene provato solo come regista basso, ruolo che lo depotenzia o trequartista in un modulo che Conte nemmeno prevede o di cui non è convinto.
Il fatto che anche Conte sia un bravissimo allenatore dal carattere difficile, rende ogni critica impossibile. Quando si ha un giocatore del genere le soluzioni vanno sfumate, non rese radicali. Contro il Milan Eriksen è entrato anche questa volta a 12 minuti dal termine e oggi se ne parla solo perché è riuscito comunque a trovare un gol magnifico. A questo proposito l’Inter non segnava da anni su calcio di punizione (l’ultimo era stato Brozovic col Benevento due anni prima) e questo perché il talento è spesso stato mortificato, pur avendolo a disposizione e avendo facoltà di reperirlo.
Ora l’Inter è attesa da un mese di prove durissime, a partire dal pericolo fortissimo che sottovaluti il Benevento, per poi affrontare probabilmente la Juventus andata e ritorno, Fiorentina, Lazio e di nuovo il derby. Ci sarà bisogno di tutti i giocatori e di un turn over che esalti le qualità della rosa, a partire dal rientro di Vecino, un maggiore impiego di Sensi, qualche minuto a Pinamonti e una autentica valorizzazione di Eriksen.
Giornalista e direttore Radio Nerazzurra, opinionista a Sport Mediaset e TL, insegno comunicazione in Università e ad aziende. Ho un chihuahua come assistente e impartisco severe lezioni nella nobile arte del tennis ad amici e parenti.