Di Lapo De Carlo
23 Luglio 2020
Il pareggio interno con la Fiorentina ha portato un altro piccolo carico di tensioni nella fragile Inter di questi tempi. Conte ha espresso il suo concetto di riferimento riguardo l’eventualità del secondo posto in classifica, il quale per il tecnico è il primo posto dei perdenti, un concetto chiaro, forse efficace, ancorché poco sportivo.
L’Inter ieri ha perso un altro elemento importante dell’organico come De Vrij, infortunato e probabilmente out per le prossime giornate di campionato. La mancanza di energia del secondo tempo, vista anche contro i viola, si traduce non solo nel gioco eccessivamente dispendioso, ma anche nella mancanza di soluzioni, causate da un numero troppo alto di gravi infortuni.
Conte ha dovuto rinunciare quasi tutto l’anno a Sensi e Asamoah, per tre quarti della stagione a Vecino e Sanchez e per più di 10 partite a Barella. Parliamo di giocatori fondamentali e alla fine le partite giocate ogni tre giorni hanno rivelato ancora più apertamente i limiti della rosa.
Questa stagione, oltre alle questioni di campo, ha più clamorosamente messo in scena una pittoresca narrazione dell’Inter, intervallata dagli sfoghi di Antonio Conte, interpretati convenientemente in modo capzioso. Quale che sia la lettura esatta della comunicazione verbale del tecnico, ci sono fatti che dovrebbero far riflettere la società sulla necessità di essere molto più attenta sulle faccende politiche al suo interno e verso l’esterno.
Questi fatti dicono che nel corso del tormentato 2020 l’Inter è stata graffiata senza riguardo da stampa e FIGC. Marotta a maggio si era lamentato dei calendari e della composizione che penalizzava l’Inter, inascoltato e persino bollato come vittimista inopportuno in un momento delicato come quello della ripresa del campionato. Nel mentre si sono sviluppate tensioni molto forti contro alcune componenti del Governo del calcio italiano che hanno mostrato l’impossibilità di dialogare seguendo gli stessi principi con altri e Marotta ha evocato la volontà di creare un torneo come la Premier League.
Così, in ben due occasioni, è uscito un pettegolezzo (che è diverso da una notizia) riguardo un clamoroso quanto insussistente addio di Marotta all’Inter. La suggestione è stata disinvoltamente proposta in due occasioni, ma senza alcun tipo di esternazione precedente dell’amministratore delegato.
Nel giornalismo, se la fonte è corretta, non è necessario, ma qui la voce si è riproposta a giugno e luglio, senza alcun tipo di esplicazione riguardo la natura dell’informazione. Marotta l’ha bollata come fake news e fine della storia.
Così è toccato a Conte che, a differenza di Marotta, ha imbeccato la stampa con delle dichiarazioni tonitruanti, le quali, in una prima occasione potevano lasciar pensare a tutto, ma che nelle circostanze successive sono state interpretate in modo univoco.
La lamentela sui calendari improvvisamente è stata definita giusta (anche perché è un dato di fatto che l’Inter sia l’unica squadra ad aver giocato cinque volte contro avversari che hanno riposato un giorno in più), ma solo per poter dire che la rimostranza non era verso i vertici del calcio ma verso la società, senza contare che quando ha indicato la Juventus come il modello da seguire l’interpretazione pittoresca è stata quella di un tecnico che omaggia la sua ex squadra, blandendola e ferendo perciò l’Inter.
Martedì è stato poi scritto che l’Inter ha “una difesa che fa acqua da tutte le parti” e parliamo della migliore del campionato, che Eriksen è solo un uomo immagine per la società, ma che in realtà per Conte è un panchinaro.
La lista è lunga, ma da qui si deduce che il club dovrebbe iniziare ad affrontare il tema dell’amministrazione politica, unito alla sua immagine, che da sempre non è mai stato affrontato con grande interesse. E’ un principio che nel calcio di oggi non è più demandabile e se viene affrontato dal solo Marotta non basta. Serve anche la presenza costante di Steven Zhang che dopo l’uscita, ancorché legittima nei contenuti (meno nella forma), contro Dal Pino, è sparito dai radar. Conte si riferiva soprattutto a questo quando parlava di modello Juve.
In Italia serve fare politica perché oggi il calcio non è più solo uno sport e gli interessi vanno in più direzioni. Sarà bene che l’Inter inizi a considerare questa necessità.
Giornalista e direttore Radio Nerazzurra, opinionista a Sport Mediaset e TL, insegno comunicazione in Università e ad aziende. Ho un chihuahua come assistente e impartisco severe lezioni nella nobile arte del tennis ad amici e parenti.