Di Lapo De Carlo
30 Gennaio 2020
L’Inter ha ripreso il cammino con una vittoria in Coppa Italia sulla Fiorentina che la porta in semifinale contro il rinascente Napoli.
Il successo sui viola ha registrato la contemporanea presenza di tutti i nuovi acquisti nerazzurri, tutti provenienti dalla Premier League (Moses era in prestito al Fenerbahce ma di proprietà del Chelsea). La sfida di domenica sera alla Dacia Arena contro l’Udinese certificherà se l’Inter è davvero ripartita o i tre pareggi consecutivi maturati tutti nel secondo tempo erano una spia della riserva ancora accesa.
Si tratta di capire quanto e se l’Inter possa aspirare ad un girone di ritorno come quello dell’andata. Conte ha mostrato fastidio e preoccupazione denunciando i limiti della rosa in un momento della stagione che la vede ancora tra le prime tre.
Si è preso la patente di vittimista, “maniavantista”, “piagnucoloso” persino da esponenti della stampa nazionale. Le pretese di Conte non sono sbagliate se pensiamo che le hanno manifestate apertamente anche Mourinho, Benitez, Gasperini, Mazzarri, Mancini e Spalletti. Sono stati tutti impallinati dalla stampa e dileggiati per la modalità con la quale esprimevano la necessità di avere una squadra più completa, chiedendo direttamente uno sforzo della società. Nessuno di loro, prima di Conte, ha mai ottenuto quel tipo di sostegno, figlio di una presenza rassicurante come Marotta, capace di appoggiare la rivoluzione culturale e progettuale che il nuovo allenatore dell’Inter sta promuovendo da mesi.
Il fatto che esprima la sua insoddisfazione da una parte, e moderi l’entusiasmo per i nuovi arrivi dall’altra, ha dato un assist ai suoi detrattori che, all’unisono, lo hanno rimproverato di non potersi lamentare specie “dopo lo sforzo del club per accontentarlo”.
Il punto è proprio questo: ormai si ragiona in base ad un criterio standard e ci si appoggia su quello. Le richieste del tecnico vengono vendute come giustificazioni di chi non riesce a fare un buon lavoro senza tutto quello che chiede, fraintese spesso capziosamente con l’intento di proporlo come un vittimista. Spesso vengono proposte anche le sue intemerate durante la sua permanenza alla Juventus o alla guida della Nazionale e non vi è dubbio che il tecnico abbia toni vivaci.
Il primo malinteso è che una società non ha bisogno di “accontentare” un tecnico, lo fa perché registra una carenza tecnica e la incrocia con l’opinione del suo tecnico. Non è un genitore debole di fronte ad un bambino capriccioso e il fatto che venga ormai spacciata questa unica realtà emotiva, nella quale un allenatore come Conte detta legge, strepita e batte i pugni mentre Zhang, Ausilio e Marotta cercano di placarlo con qualche acquisto e alcune cessioni, è riduttivo ma anche grottesco.
L’Inter, come ogni club, fa delle scelte collegiali e se ha un tecnico che sa ottenere quello che chiede è un vantaggio. E’ un uomo ambizioso, ancorché complesso, ha fatto scelte non sempre condivisibili e ha ottenuto grandi successi risultando indigesto a tante persone, compresi molti tifosi interisti che lo guardano ancora con sospetto.
Il secondo malinteso è che Conte resta un ambizioso, un passionale a cui mancano probabilmente le mezze misure, quella temperanza che lo renderebbe più simpatico, ma resta un tecnico in un Inter che nella storia recente ha avuto allenatori anche più simpatici ma inesorabilmente tutti schiacciati da stampa e tifosi per non essere riusciti a portare risultati in linea con le aspettative.
Fino a quando Conte pretenderà (e otterrà) quello che chiede dalla società sarà un bene per il club che lo ospita, specie se si intuirà che lasciar andare Politano, Di Marco e Lazaro e acquistare Eriksen, Ashley Young e Moses non è esattamente un capriccio.
Giornalista e direttore Radio Nerazzurra, opinionista a Sport Mediaset e TL, insegno comunicazione in Università e ad aziende. Ho un chihuahua come assistente e impartisco severe lezioni nella nobile arte del tennis ad amici e parenti.