Di Alfredo Pedullà
25 Maggio 2021
Siamo sinceri: se il giorno dell’insediamento di Suning per un sensazionale progetto Inter ci avessero detto che, nella primavera del 2021, ci saremmo trovati in una situazione del genere, non ci avremmo creduto. Dalla possibilità di una cessione (poi scongiurata) alla necessità di trovare un prestito (poi arrivato) da 275 milioni per pagare gli stipendi e mettere la parola fine – si spera – a un periodo complicatissimo. Non ci avremmo creduto perché Suning resta sempre una potenza mondiale. Non ci avremmo creduto perché una nuova vita societaria, quando ti affidi a una potenza, prevede la concreta possibilità di risolvere qualsiasi tipo di problema. Invece, Zhang ha deciso di chiudere i rubinetti, di trovare un partner, di accedere a un prestito per pagare gli stipendi e per mettere una mezza pezza ai buchi dei bilancio. Della serie: tiriamo a campare.
Forse è il manifesto più significativo della crisi del calcio che una volta coinvolgeva soprattutto i pesci piccoli ma che adesso è un passaparola che non trascura i nobili. Anzi, li risucchia come una piovra che non fa sconti a nessuno. L’Inter ha vinto uno scudetto dopo 11 anni, ha dominato il campionato e si è tolta uno sfizio figlio del secondo anno firmato Conte, che nelle intenzioni avrebbe dovuto portare a una svolta del genere. Le intenzioni sono state rispettate, la teoria è diventata pratica, il popolo nerazzurro ha festeggiato con indicibile esaltazione, bisognava calpestare e dimenticare anni e anni di carestia. Però, nei giorni successivi alla festa, hanno fatto scalpore alcune parole di Lele Oriali: “Siamo preoccupati, non sappiamo quando partiremo per il ritiro e dove andremo”. In effetti, sembra un clima surreale ma si sta lavorando per ripristinare un minimo di normalità.
A scanso di equivoci, dobbiamo aggiungere che questi soldi serviranno a coprire quanto dovuto, neanche un euro verrà utilizzato per finanziare il mercato o chissà cosa. Il passaggio è obbligato, dovremmo dire deciso. Avevamo già avuto un’avvisaglia quando, in condizioni di normalità, sarebbe andato in porto lo scambio Sanchez-Dzeko, soltanto che l’Inter decise di non coprire la differenza, passaggio fondamentale per arrivare a un’intesa. In altri tempi, sarebbero bastati cinque minuti per chiudere l’affare: stavolta no, cartina di tornasole di problemi enormi. Ma c’è anche l’altra faccia della medaglia: nel bel mezzo dell’emergenza, comunque l’Inter ha saputo resistere alla cessione di Eriksen, assolutamente scontata a fine dicembre per ammissione dello stesso amministratore delegato Marotta. Gli altri si sarebbero aspettati un regalo, magari un prestito secco oppure un cartellino per 10 o 12 milioni, un cadeau per il 2021 prendendo per la gola il club che non avrebbe potuto avere grandi pretese. Invece, un moto di orgoglio e di coerenza ha messo l’Inter nelle condizioni di respingere qualsiasi tentazione, a costo di rinunciare alle operazioni in entrata (la squadra era già forte-fortissima) e partendo dal presupposto che l’eliminazione da qualsiasi Coppa avrebbe permesso a Conte di avere abbondanza e completezza per puntare allo scudetto. L’Inter ha fatto un’eccezione per Nainggolan, a costo di essere incoerente perché non lo aveva liberato a ottobre malgrado il pressing del Cagliari, l’ha fatto a gennaio soltanto perché erano fin troppo chiare le avvisaglie della crisi. E scaricare un ingaggio oneroso sarebbe stata in ogni caso una bombola d’ossigeno.
La domanda è: ora come si può tutelare un ciclo che potrebbe ripartire, a maggior ragione se si considerano i problemi della Juve? La parola d’ordine è resistere, mantenendo i pezzi da novanta che per Antonio Conte sono assolutamente intoccabili. Il campo principale di questo discorso è Romelu Lukaku, se fosse davvero sul mercato qualcuno si spingerebbe fino alla tripla cifra ma per l’Inter è un discorso che non esiste. Ma non c’è solo Lukaku perché i vari De Vrij, Bastoni, Barella, lo stesso Lautaro non sono semplici comparse ma collaudati primattori. Forse si potrebbe discutere per Brozovic, che comunque l’allenatore stima molto malgrado la sua anarchia. Oppure per Eriksen, pur avendo verificato il suo totale inserimento dopo le iniziali paturnie e anche la volontà di andare avanti con lo stesso progetto tecnico. Di sicuro sarebbe importante trovare un estimatore di Arturo Vidal, voluto fortemente da Conte ma con risultati nettamente inferiori alle attese. Il discorso vale anche per Kolarov, ci saranno riflessioni da fare su Sanchez, servirà un portiere perché Handanovic ha dimostrato – tutti siamo uomini – di non essere eterno. Ci sarebbe un fenomeno, in giro per l’Italia, quasi decisivo per un salto di qualità in casa Inter: stiamo parlando di Rodrigo De Paul, che l’Inter aveva preso a 25 milioni nel 2019 quando ancora in panchina c’era Spalletti, poi ci fu la rivoluzione in panchina e le idee cambiarono. De Paul ora costa non meno di 40 milioni (bonus compresi), ha estimatori in tutta Europa, da argentino doc vorrebbe l’Inter per distacco. E l’Inter saprà accontentarlo? I prossimi giorni (forse le prossime ore) saranno fondamentali per convincere definitivamente Conte che l’argenteria non sarà toccata. Nella speranza che si convinca. E che poi ci sarà un piano rinforzi intelligente, finanziato da qualche cessione. E Conte non si accontenta, occhio. L’importante è resistere. Anzi, meglio: l’importante era resistere, l’Inter l’ha fatto e ha superato un momento complicatissimo. Il tunnel sembrava lungo 100 chilometri, ora si vede la luce. Ma a patto che Conte sia sereno e convinto, il nodo cruciale di fine maggio è proprio questo.
Giornalista e opinionista sportivo, grande esperto di calciomercato in Italia. "È un privilegio quando passione e lavoro coincidono".