Di Lapo De Carlo
8 Settembre 2022
Il titolo dell’articolo non vuole essere solo consolatorio. Dire che nulla è irrisolvibile è una banale ma scientifica verità. La stagione è iniziata da meno di un mese e il disagio dell’ambiente nerazzurro per l’inizio disastroso è palpabile. Partiamo prima dal presupposto che in effetti non si tratta solo di disgrazia in termini di risultato ma soprattutto di modalità. Raramente nella storia abbiamo visto Inter diverse perdere tre partite su sei gare ufficiali. In questi casi l’allenatore è stato sempre il primo a saltare.
La cosa che destabilizza è che dall’inizio della stagione la squadra non lotta, esce direttamente dalla partita e lascia campo agli avversari.
Un fatto avvenuto sia in casa che fuori. La formazione non è composta da un gruppo di nuovi giocatori male assortiti che l’allenatore non sa motivare ma da un gruppo che negli ultimi anni ha sempre raggiunto ottimi risultati. E’ la stessa squadra, con alcune variazioni, che la maggior parte degli allenatori e dei tifosi ha apprezzato in fase di costruzione.
Il fatto è che nessuno poteva prevedere che sarebbe stata del tutto fallita la preparazione atletica. Se non si trattasse di questo si dovrebbe pensare che i giocatori non sono dei veri professionisti e si disinteressano del risultato e dei tifosi. C’è certamente del nervosismo soprattutto in alcuni come Barella e Brozovic ed è altrettanto evidente che l’allenatore sta palesando una confusione di cu non si accorge o finge di non farlo. La sua comunicazione è decisamente peggiorata e, insieme alle scelte che fa, rivela una clamorosa assenza di mentalità vincente, come se allenasse una squadra senza grandi ambizioni.
Se trova di fronte Milinkovic-Savic rinuncia alla proposizione di gioco e mette in marcatura su di lui Gagliardini, se trova il Milan non pensa di aggredirlo ma di fare una partita tattica indietreggiando dopo il gol del vantaggio, poi in Champions League mette una squadra in campo che rinuncia a giocare dal primo minuto, delega al Bayern tutta l’iniziativa e si costringe a delle ripartenze, nemmeno dovesse conservare il risultato e fosse in trasferta. In ultimo prepara dei cambi più offensivi sullo 0-1 ma prende il raddoppio e rinuncia totalmente anche solo a provare la rimonta, mettendo in campo dei giocatori più conservativi.
Inzaghi parla di Inter prima in tante classifiche di rendimento, di Bayern molto forte e conferma il rientro di alcuni titolari contro il Torino, ben attento agli equilibri e a non scontentare nessuno, pur scontentando tutti. Sta prendendo una china pericolosa ma denota in tutto questo il peggiore dei peccati per un allenatore che si trova sulla panchina di una grande squadra: una mentalità non all’altezza.
Tanti prima di lui hanno fatto lo stesso errore e l’assenza di coraggio all’Inter viene punita sempre, prima dai risultati e poi dall’esonero.
L’Inter tuttavia non può permettersi di mandarlo via. Inzaghi lavora su un piano inclinato e in condizioni eccessivamente complicate. Quando altri prima di lui sono stati mandati via, il pubblico esultava, c’era il giubilo generale e arrivava il nuovo salvatore che puntualmente iniziava bene, proseguiva meglio, poi si fermava e precipitava. Negli ultimi 10 anni è successo a Leonardo, a Ranieri, a Pioli.
Da qualche anno la società si è abituata finalmente a resistere a questa spiacevole abitudine, grazie ai risultati ma anche attraverso la stabilità data da Marotta.
Oggi più che lasciare solo Inzaghi, il club deve aiutarlo in modo massiccio. L’unica necessità che ha l’Inter è quella di non lasciar nemmeno immaginare che Inzaghi sia in discussione. Se poi ci fossero lacerazioni interne dannose o risultati ancora pessimi, si vedrà. Oggi, però, difendere il tecnico significa intervenire nel gruppo squadra, con dichiarazioni nette e nessuna ambiguità. Inzaghi non è un grande allenatore, non è nemmeno così scarso come viene descritto, ma non si può prendere di meglio senza soldi.
Se l’Inter saprà isolarsi e avere una vera pazienza, forse riuscirà ad uscire da questa brutta situazione.
Giornalista e direttore Radio Nerazzurra, opinionista a Sport Mediaset e TL, insegno comunicazione in Università e ad aziende. Ho un chihuahua come assistente e impartisco severe lezioni nella nobile arte del tennis ad amici e parenti.