Di Fabrizio Biasin
28 Novembre 2019
L’importanza di una vittoria si misura in base alla (finta) indifferenza dei “nemici”. Dicono così, codesti osservatori: “L’Inter ha vinto contro nessuno” e “che esaltazione smodata per un successo che neppure ti qualifica, al momento” e “Praga è bella ma non ci vivrei”. Va così, quando torni a fare un minimo di paura, si attiva la contraerea. Succede da sempre e a conti fatti è il gioco delle parti (mica vale solo per l’Inter).
E, dunque, sì, i nerazzurri a Praga hanno fatto assai bene il loro dovere, anzi, anche di più: hanno sofferto un minimo, sono rimasti compatti, hanno vinto con stra-merito, si sono regalati una sorta di “finale”, quella contro il Barcellona in programma a due passi dal Natale (10 dicembre). E i “nemici” diranno: “Ammazza, vi state montando come la panna…” e forse è vero, ci si esalta oltre misura, ma solo perché da troppi anni non si vivevano emozioni così e da troppi anni non si vedeva un gruppo così.
Ecco, i giocatori. Si è sempre parlato – a volte anche a sproposito – di mercenari, mezzetacche, pedatori di passaggio senza arte né parte. Per questo motivo è bello dare risalto a questo gruppo, costruito – scelta dopo scelta, taglio dopo taglio – da Conte Antonio.
Viene facile partire dai due signori là davanti, che poi sono Lukaku e Lautaro (già 22 gol totali in due). Che fossero forti lo si sapeva già, che potessero aumentare il loro “potenziale personale” giocando uno di fianco all’altro non era affatto scontato. E invece così è: il belga gioca bene di suo, l’argentino pure, insieme rendono ancora di più perché si sposano come il pane e la nutella (alla faccia degli introvabili biscotti, buonissimi pure loro, per carità). E il belga lo ha voluto sempre lui, Conte Antonio, anche quando tutti noi dicevamo “ma cosa insisti a fare, costa un’esagerazione” e dopo le prime uscite insistevamo “mah, sembra appesantito, limitato, sopravvalutato…”. E appesantito lo era davvero, ma già segnava. Ora che ha trovato la forma, invece, pare incontenibile.
E Brozovic, signori? Cioè, ci si dimentica troppo spesso dell’unico, vero, insostituibile della rosa. Questo qua due anni fa era pronto a levare le tende. Incassava – meritatissime – critiche, mandava a quel paese i suoi tifosi. Poi, la trasformazione. E quel mezzo bidone croato è diventato quello che è diventato: l’ingranaggio più prezioso del centrocampo nerazzurro.
E quindi sì, siamo incomprensibilmente ed eccessivamente esaltati, ma lasciateci in pace, in fondo non facciamo male a nessuno. E non fa male a nessuno neppure l’ultimo che ci va di citare in questo profluvio di parole in libertà. Si chiama Borja e pure Valero e per tre mesi è stato a guardare. Non ha detto “beh”, si è messo a disposizione, ieri ha giocato da titolare e ha ben svolto il suo compito. È quello che dovrebbero fare tutti i calciatori professionisti ma poi vai a vedere… mica tutti ci riescono.
E allora brava Inter, ora arriva il difficile (la Spal, la Roma, il Barcellona…), ma è un “difficile” che gasa, entusiasma, è un “difficile” che il club dopo tanti anni di affanno voleva ritrovare ad ogni costo.
A San Siro, il 10 dicembre, ci saranno 80mila spettatori: il problema non sarà riempire lo stadio ma dover dire a troppi “ci dispiace, ma non c’è più posto“. Che bellezza…
Nato a Milano per far felice mamma. Venditore di fumo. Opinioni non richieste su qualunque cosa. Ex terzino promettente "ma poi mi sono rotto il ginocchio". Militesente. Automunito. Ero biondo.