Di Lapo De Carlo
11 Novembre 2020
Sì, il titolo esaspera certamente un concetto. Naturalmente Antonio Conte non disprezza i Messi e i Ronaldo, ma la sua carriera è caratterizzata da scelte molto nette in cui è riuscito ad ottenere grandi risultati utilizzando giocatori meno forti ma più adatti alle sue idee, di quanto non sia riuscito a spremere giocatori di enorme talento.
L’eccezione Pirlo, con cui inizialmente c’erano delle difficoltà, venne superata e il centrocampista diventò un giocatore imprescindibile, ma nella sua carriera Conte al Chelsea ha avuto problemi con Hazard e Fabregas, esaltando giocatori funzionali come Kantè, Moses e Matic, mentre in nazionale non schierava mai Insigne, affidandosi alla diligenza di Sturaro, Giaccherini e Pellè.
Nell’Inter ha ulteriormente esasperato il concetto appoggiandosi a movimenti e un modulo che esaltasse il collettivo, prescindendo dall’individualità. Godin, giocatore magnifico ma abituato a fare il centrale, ha sofferto come terzo della difesa ed è stato poi venduto dopo un solo anno, Skriniar stava per fare la stessa fine ma alla fine si è deciso di tenerlo solo perché non c’erano offerte in linea alle aspettative, in tempo di covid. Il paradosso è che questi difensori, insieme a Bastoni e De Vrij, avevano caratterizzato la miglior difesa del campionato.
L’anno scorso, come pure nelle sporadiche apparizioni di questa stagione, Christian Eriksen è stato utilizzato come trequartista e mai come mezzala, cioè nel ruolo che nel Tottenham lo aveva reso un giocatore imprescindibile. Quando era usato come trequartista la squadra aveva un modulo diverso e Pochettino non gli chiedeva di fare l’inutile faccia cattiva, ma solo di sprigionare la sua classe e la sua visione di gioco.
In pratica l’allenatore credeva in lui ed Eriksen ricambiava.
Molti tifosi dell’Inter appoggiano la scelta di Conte di escluderlo e cederlo tra un mese e mezzo. Il paradosso è che nell’Inter di oggi, ad eccezione di Barella, nessuno sta brillando particolarmente.
Handanovic sembra appassito, D’Ambrosio in difficoltà come terzo della difesa, De Vrij sotto il suo standard, specie nell’occasione in cui è stato spostato nel ruolo di Skriniar. Questo avrebbe dovuto aprire gli occhi sulle difficoltà dello slovacco nel dover interpretare un ruolo più adeguato ad un difensore con altre caratteristiche, peraltro rare.
E ancora, Perisic come quinto di centrocampo o seconda punta è fuori dal suo elemento ma si adatta e ha segnato. Lautaro è stato sotto traccia fino alla partita col Real, Sanchez discontinuo, Vidal ha giocato la sua partita convincente solo con l’Atalanta.
Eriksen sarebbe determinante, come lo sarebbe Hakimi, il quale rischia di fare la stessa fine di Eriksen e Godin perché ancora giovane e non del tutto allineato agli schemi di Conte. L’idea del collettivo che vince sull’individuo è un mantra portato avanti dalla maggioranza dei tecnici, ma c’è una mediazione tra la necessità di sviluppare questo concetto con la comprensione elementare che i soldati sono necessari, tanto quanto il talento di pochi giocatori che vanno messi nelle condizioni di esprimersi, senza tapparli in una zona e chiedergli di fare la faccia cattiva.
È possibile che Conte alla fine riesca persino a vincere con l’Inter e persino a superare il primo turno in Champions League, ma il calcio non è solo legato al risultato, vincere non è l’unica cosa che conta e ci sono individui che vanno trattati diversamente rispetto agli altri. Sprigionare il talento, in qualunque ambito, è una responsabilità e pochi uomini sanno comprendere le attitudini degli altri.
Per questo, al netto di tante difficoltà oggettive che in questa stagione ha avuto l’Inter, più di altri club, è giusto rimarcare come l’allenatore possa cambiare, anche solo temporaneamente un modulo (come ha fatto Gasperini in Atalanta-Inter e cambiando a suo favore il match) e possa anche cambiare la sua visione del mondo e dei giocatori, reinterpretando le sue convinzioni legittime.
Conte è riuscito mortificare e a cacciare Eriksen, convincendo tanti tifosi che non l’avevano mai visto prima, che il danese sia questo.
Hakimi, che è molto più forte di quello visto fino ad oggi, si può ancora salvare ma l’Inter più avanti dovrà capire se essere militare come il suo allenatore o indipendente dalle convinzioni del tecnico e imporne uno suo, assecondandolo con convinzione.
Lo capiremo presto.
Giornalista e direttore Radio Nerazzurra, opinionista a Sport Mediaset e TL, insegno comunicazione in Università e ad aziende. Ho un chihuahua come assistente e impartisco severe lezioni nella nobile arte del tennis ad amici e parenti.