Di Lapo De Carlo
19 Novembre 2020
I giocatori dell’Inter impegnati con le rispettive nazionali hanno tutti disputato delle gare eccellenti. L’Italia con Barella, Bastoni e persino D’Ambrosio hanno mostrato classe, robustezza e talento, Lukaku dopo l’infortunio è tornato e ha trascinato il Belgio contro la Danimarca di Eriksen, il quale è stato il migliore in campo dei suoi, ispirato, dinamico e incisivo (chissà se Conte avrà visto la partita). Vidal ha giocato delle grandi partite col Cile e ha fatto un gol incredibile, forse il più bello della sua carriera. Lautaro Martinez ha realizzato un gol importante ed esultato in modo rabbioso dopo una prestazione più che convincente. Anche Sanchez ha dato segnali confortanti restando in campo tutta la partita, al netto degli acciacchi di questo periodo.
A parte Brozovic e Kolarov fermati dal Covid insomma, tutti i giocatori dell’Inter impiegati hanno giocato bene. Perciò resta da capire se questo dipende da una forma fisica che è finalmente decollata e permette a tutti di essere al proprio livello, con la conseguenza che al ritorno, già dalla gara col Torino e soprattutto col Real Madrid, la squadra di Conte dovrebbe giocare bene e avere buone chance di vincere. Oppure tutti i giocatori dell’Inter, ad eccezione di Barella, sono imprigionati da una gabbia tattica che in questo periodo particolare li depotenzia.
Eriksen, ad esempio, con la sua Nazionale ha giocato dietro all’unica punta in un 4-2-3-1, orientando il gioco e muovendosi con la disinvoltura che all’Inter non gli è permesso avere, Bastoni si trova bene sia con una difesa a 4 che a 3, Lautaro ha giocato una partita intensa, a prescindere dal gol. Parliamo di giocatori importanti che vanno messi nelle condizioni di esprimere il proprio potenziale.
Non c’è discussione sul fatto che l’Inter presto tornerà a vincere. Quasi impossibile immaginare una squadra che resti a secco ancora così a lungo, pur dominando le partite che gioca. Resta da capire, specie in una stagione tanto anomala, quando la forma fisica sarà effettivamente uniforme come ora, quanto potrà reggere. Questo perché il calcio di Conte è in grado di mettere sotto chiunque, se tutti gli interpreti sono al massimo. Il problema arriva quando la forma cala e si corre meno o comunque con meno lucidità.
Dal mercato intanto si dà per possibile lo scambio Paredes-Eriksen, si sta facendo un tentativo (ma è difficilissimo) per Milik e si cerca di cedere Vecino, oltre a dare in prestito Pinamonti, mai davvero utilizzato e con un Conte che in casi di emergenza gli preferisce Perisic. Conte deve dimostrare di dar seguito alle sue parole, perché le ottime intenzioni di voler restare a lungo all’Inter, costruire qualcosa di importante e lasciare un’eredità preziosa una volta che avrà lasciato, come lui stesso ha ricordato nell’intervista uscita domenica sulla Gazzetta, passano inevitabilmente dai risultati.
I suoi predecessori hanno avuto un leggero margine in più perché si trovavano ad avere in mano un’Inter con meno pretese e lui gode di un buon credito dopo il piazzamento della scorsa stagione e la finale di Europa League. Non ha la necessità di farsi amare per la sua simpatia ma solo per quello che con le sue idee, immesse nel modo in cui la squadra gioca, riesce ad ottenere. Per questo la permanenza in Champions League, nonostante l’ultimo posto, sarà determinante per la sua annata.
Se invece dovesse uscire ci sarebbero ripercussioni emotive, tensioni ulteriori e non avrebbe più molto credito. Lavorare in armonia non significa solo andare davanti alle tv con un atteggiamento molto più passivo, ma sapere che il suo gruppo ha ottenuto il minimo sindacale della prima parte di stagione, andando agli ottavi. Altrimenti, come dice lo stesso Conte, sono solo chiacchiere.
Giornalista e direttore Radio Nerazzurra, opinionista a Sport Mediaset e TL, insegno comunicazione in Università e ad aziende. Ho un chihuahua come assistente e impartisco severe lezioni nella nobile arte del tennis ad amici e parenti.