Di Massimo Zampini
25 Novembre 2020
Dopo l’andata di Budapest, mentre intorno si sminuiva quella vittoria così netta, il mio primo pensiero l’ho rivolto a quelle deludenti trasferte europee in casa della quarta del gruppo (un paio micidiali in Danimarca) in cui alla fine non siamo riusciti a vincere, complicandoci così la vita nel girone. “Tutto facile, ma devi essere bravo a renderla facile”, avevo scritto, dando prova peraltro di una conoscenza piuttosto limitata del vocabolario italiano.
Sembra uno stanco e banale modo di dire, ma in Champions soffri sempre, se non hai l’approccio giusto e pensi che vincerai per grazia divina o perché sulla carta non c’è partita: una partita apparentemente semplice puoi tranquillamente farla diventare difficile, una vetta complicata da scalare.
A questo Juventus-Ferencvaros siamo arrivati tutti – ahinoi anche la squadra – così: un po’ molli, perché tanto la vittoria non appariva in discussione.
Entriamo in campo poco intensi, lunghi, lasciando spazi e non risultando neanche troppo pericolosi davanti. Tira praticamente solo Dybala al volo, in tutta la prima parte. Rimarrà l’unico lampo per un bel po’, della squadra e anche di Paulo, su cui non ci soffermeremo troppo in quanto deve ritrovare la condizione migliore, lo ha detto anche Pirlo, e non è utile farne il capro espiatorio ogni volta che gioca una partita non all’altezza delle sue possibilità. Crescerà, noi dobbiamo aspettarlo e anche lui deve sapere attendere il suo momento senza impazienza o insofferenza.
L’atteggiamento, dunque, ma c’è anche una difesa in emergenza, con un solo centrale di ruolo, così prendiamo un gol strano in cui sbagliano in tanti, ma il vero punto è che non era la prima volta che ci facevamo trovare scoperti in un inspiegabile tre contro tre contro gli attaccanti rivali; inspiegabile perché non è che davanti facessimo faville e ci fosse dunque bisogno di sbilanciarsi in quel modo.
Approccio sbagliato, squadra lunga, difesa improvvisata, Dybala ancora deludente. Aggiungiamo McKennie, spaesato lì sulla destra, i due centrocampisti non in gran giornata, insomma le cose si mettono male sul serio.
Aggiungo volentieri la rivisitazione di un altro luogo comune a questo articolo, che tanto ne è già zeppo: quando il gioco si fa duro, Cristiano Ronaldo dribbla il difensore e la mette all’angolino, così andiamo all’intervallo un po’ disorientati ma meno spaventati.
Basta un gol, nella ripresa, ed effettivamente la squadra migliora, è più intensa, Bentancur recupera qualche pallone e McKennie si accentra e fa lo stesso. Bernardeschi prende il palo con un tiro splendido. Arrivano i cambi, tre insieme, con Kulusevski, Chiesa e soprattutto Morata che dovrebbero garantire maggiore profondità e magari rapidità. Gli ultimi due producono un’altra palla gol clamorosa, con il palo a negare la rete ad Alvaro, che era pure in posizione regolare. Lo spagnolo è in un periodo fantastico: controlla il pallone, allarga il gioco, partecipa alla manovra ed è pericoloso in area avversaria. Fa un tunnel, libera Ronaldo da solo davanti al portiere: questo fa l’intervento della vita e blocca il dribbling di CR7 ormai praticamente arrivato in porta con il pallone.
Le occasioni arrivano, il problema è che hai regalato un tempo e dunque i minuti a disposizione per vincere e qualificarti sono sempre di meno, così loro continuano a chiudersi e ripartire, mentre noi fatichiamo a trovare quel gol che ormai meriteremmo. Il giro palla degli ultimi minuti è frustrante, la tocchiamo cento volte senza avanzare di un metro e intanto il cronometro scorre: 87, 88, 89, 90, quattro minuti di recupero, 91… E lì Danilo si ricorda di essere brasiliano e serve Cuadrado, maestoso anche stasera, chiamato all’ennesimo scatto, a partita ormai quasi terminata. Mette in mezzo di prima intenzione un cross teso e bellissimo; testa di Morata, il portiere non la tiene, saltiamo in piedi perché alla fine abbiamo scalato quella vetta che ci eravamo costruiti in gran parte da soli.
Siccome è già da qualche riga che non utilizzo luoghi comuni, è il momento della metafora del bicchiere: desolatamente vuoto dopo mezz’ora, riempito per quel minimo dopo il gol di Ronaldo, ancora un po’, dopo le occasioni della ripresa, diventa mezzo pieno all’ultimo secondo, con tre punti e la qualificazione con due turni di anticipo.
Ora sì, improvvisamente vedo i lati positivi e mi rimane negli occhi de Ligt dominante, Cuadrado instancabile, mi ricordo della difesa in emergenza totale, con Danilo fuori ruolo – e sbaglia sul gol – ma sempre presente fino al bel lancio finale, Ronaldo sempre decisivo e Morata in forma strepitosa, impossibile da lasciare fuori.
Magari vi sembra poco, ma se una partita cominciata male si conclude con vittoria e qualificazione, c’è sempre da festeggiare: è proprio trovando i tre punti anche in serate del genere che le squadre in costruzione possono crescere più serenamente.
Probabilmente da secondi nel girone, ma siamo agli ottavi, conquistati con due turni di anticipo, vincendo sempre le partite da vincere.
È stato facile, direbbe qualcuno, ma sei stato bravo a renderlo facile.
Autore di 4 libri, praticamente identici, cambiando solo il titolo e i nomi dei protagonisti: finale sempre uguale. Blogger e opinionista tv. La frase che mi sono sentito dire di più in vita mia? "Ma come fai a essere di Roma e a tifare per la Juve?"