Di Lapo De Carlo
2 Dicembre 2020
La vittoria dell’Inter contro il Borussia Mönchengladbach, in trasferta e con un solo risultato possibile, ha rivelato nuovi aspetti del percorso di Conte e della crescita della squadra, coltivata dal tecnico con una strategia abrasiva, unita ad una notevole tenacia nel tenere fermi i punti cardine della sua mentalità, così vivacemente espressa negli ultimi mesi.
Prima della partita era arrivata la splendida notizia della netta sconfitta del Real contro lo Shakhtar, a certificare ulteriormente lo strano andamento di un girone in cui gli ucraini hanno battuto due volte i madridisti, il Borussia due volte gli ucraini e il Real due volte l’Inter. La sconfitta dei blancos ha dato ulteriore slancio alle speranze residue. Così il tecnico ha scelto di schierare gli uomini “funzionali”, il gruppo che più si adatta alle sue idee e che meglio interpreta i suoi movimenti, puntando su corsa e organizzazione.
L’Inter ha giocato bene i primi 30 minuti e non appena è calata, senza un palleggiatore tenuto per scelta in panchina, ha svelato la coperta corta e ha prima subito e poi preso il gol dell’1-1. Nella ripresa però Conte ha riorganizzato la squadra e la partita, la quale dopo un sostanziale equilibrio è tornata dalla parte nerazzurra. Regalato il secondo gol della speranza tedesca al Borussia, l’ultimo quarto d’ora ha registrato due clamorosi errori per chiuderla e la paura per il 3-3, inizialmente convalidato e poi giustamente tolto.
Immediatamente dopo la fine della gara la gioia dei tifosi ma anche un dato emblematico che rivela ancora una divisione pro e contro Conte. C’è una forte resistenza nei suoi confronti, allo stesso modo in cui c’è una legione di tifosi che lo difendono in ogni sua scelta, riproducendo una modalità già vista con Icardi, Spalletti, Mazzari, Mancini e altri. Conte come Donald Trump, detestato e ammirato senza mezze misure, trattato nelle argomentazioni come l’ex presidente perché proprio come lui ha usato toni che evocano l’assedio, l’incompetenza di chi lo giudica e la malafede di ogni critica. Parole che hanno portato a esasperare ogni commento indirizzato al suo operato, al punto da rendere impossibile una mediazione tra i suoi errori (evidenti) e i meriti altrettanto indiscutibili. O sei “contiano” o sei anti, una critica è un attestato di disonestà, un appunto è vissuto come lesa maestà. La verità attuale si rifà alle contraddizioni di cui questa squadra è caratterizzata. Forte ma fragile, potente ma sprecona, tecnicamente valida ma con alcuni errori individuali pagati cari nei disimpegni.
C’è poi la seconda ma non meno importante questione culturale del gioco di Conte. Chi lo ama comprende il valore del gruppo, l’idea del collettivo esaltato, senza star, ad eccezione del vero leader: Lukaku. La squadra è indubitabilmente con lui, inoltre ha più volte pronunciato la parolina magica dell’accerchiamento verso lui e l’Inter, una parola molto cara ad una tifoseria che ha sempre riscontrato un oggettivo atteggiamento anomalo e poco sereno della stampa nazionale verso il club.
Dall’altra si rinfaccia a Conte la scelta di non saper giocare il suo calcio, comprendendo (con più pazienza) i giocatori che possono fare la differenza, di avere pazienza con i Vidal, a prescindere da quello che combinano, ma di distruggere i talenti come Eriksen per manifesta incapacità di includerli nei suoi principi di gioco, perché indisponibile a mutarli. Da qui è partito il dibattito troppo acceso, innescato inevitabilmente anche dal rapporto ambiguo tra lui e la dirigenza (da non confondere con la proprietà, intesa come Zhang).
L’Inter resta attaccata alla Champions e dipende dal mancato pareggio di Madrid della prossima settimana, come dalla capacità di battere lo Shakhtar in un’ultima partita che a differenza delle ultime due Champions perse perché incapaci di battere PSV e Barcellona, dovrà essere vinta. Per il Campionato ci saranno meno problemi ed è facile immaginare che resterà vicino alla vetta, nella speranza che il Milan perda qualche punto, perché, a prescindere dal fatto che l’Inter esca o vada agli ottavi questa squadra è da scudetto.
Giornalista e direttore Radio Nerazzurra, opinionista a Sport Mediaset e TL, insegno comunicazione in Università e ad aziende. Ho un chihuahua come assistente e impartisco severe lezioni nella nobile arte del tennis ad amici e parenti.