Di Massimo Zampini
30 Settembre 2021
Nooo, toglie pure Kean!
Nella serata più attesa e temuta sin dal giorno del sorteggio Champions, con la coppia d’attacco titolare infortunata, ad Allegri rimane solo una punta e lui decide di non farla giocare: al suo posto avanza Bernardeschi, Chiesa fa praticamente il centravanti. Non basta, perché dietro resta fuori Chiellini, che fin qui aveva sempre fermato Lukaku.
Ma come, caro Max, il calcio non era semplice?
Che strane, certe serate, certe partite che rappresentano dei veri e propri bivi: la Juve è malata, convalescente o sta crescendo? Allegri non è più lui o sta riprendendo in mano la squadra partita dopo partita?
Alla vigilia di gara mi rendo conto che l’aspetto che ho sempre apprezzato più del nostro allenatore è la gestione della squadra quando le assenze paiono davvero troppo pesanti: me l’ero già ricordato prima di Napoli, quando mezza serie A al suo posto avrebbe preteso il rinvio – ovviamente sollecitato con editoriali in prima pagina dai toni gravi sul calcio dei (pre)potenti – e lui, senza Cuadrado, Alex Sandro, Dybala, Bencantur, Chiesa e compagnia ha affermato che c’erano gli uomini giusti, la squadra perfetta per andare a Napoli. E magari ci sarebbe stata sul serio, se non ci fossimo fatti un paio di gol da soli, ma l’apprezzamento per l’atteggiamento prescinde dal risultato finale: è giusto così, se si ha una rosa vasta e si allena una grande squadra, gli alibi vanno sempre allontanati e chi ha l’occasione di giocare deve sfruttarla, sennò i gruppi non crescono mai.
Noi senza Morata e Dybala, oltre ai soliti Arthur e Ramsey; loro senza il mostro Kanté a metà campo e un altro paio di titolari ma con Lukaku, Jorginho, Havertz e compagnia al loro posto e il titolo di campioni d’Europa sul petto.
Il rischio di restare troppo bassi e di venire schiacciati pare prendere forma già dai primi minuti, con loro che giocano nella nostra metà campo e noi che fatichiamo a uscire. Perché senza Kean, perché senza l’unico attaccante a disposizione, sostituito poi da Bernardeschi, che non mantiene le promesse da un po’?
Mentre sto ancora cercando di capire queste scelte, vedo Rabiot che parte in contropiede e sbaglia il passaggio a un compagno che si sarebbe trovato solo davanti alla porta. Incoraggiante, dai, ma dobbiamo mettere paura più spesso, e infatti pochi minuti dopo tocca a Chiesa seminare i rivali, trovarsi a tu per tu con il portiere e allargare troppo il suo diagonale. Loro tengono il pallone (60, 70 per cento), vivono nella nostra metà campo ma a fine primo tempo non ricordo loro occasioni.
L’intervallo è dunque piuttosto disteso, in fondo oggi sappiamo che il risultato più probabile è la sconfitta quindi ecco due chiacchiere tra amici, ci raccontiamo una avventurosa cena di qualche giorno prima e, mentre stiamo arrivando al momento clou – degli avventori che rigano l’auto del cameriere, il quale scende trafelato e minaccia vendetta – ci accorgiamo che è appena cominciato il secondo tempo e che, non sappiamo come, Chiesa sta per raccogliere un pallone in corsa dentro l’area. Facciamo in tempo a vederlo, a capire che Federico sta per fare gol e infatti è così, perché se lo servi sullo scatto e brucia i difensori è difficile che da lì faccia qualche fesseria. Ci abbracciamo senza sapere neanche chi abbia fatto l’assist e, quando ci accorgiamo della bella giocata di Berna, la soddisfazione diventa un ghigno, perché segnare è sempre bello, ma ancora di più quando non te lo aspettavi e pensavi che avessimo sbagliato tutto sin dalla formazione. Il resto è Juve che difende ordinata, a volte troppo bassa, sempre concentrata e fa male quando riparte, perché Cuadrado serve un pallone splendido ma Bernardeschi arriva trafelato e manda fuori: per oggi, caro Fede, va più che bene così.
Loro attaccano, Lukaku sbaglia un’occasione e il vero rischio lo corriamo all’ultimo corner, quando facciamo saltare Havertz indisturbato a pochi metri dalla porta: finisce alta e capiamo che è finita, si abbracciano tutti, lo stadio esplode, Evra all’esordio da commentatore può cominciare a fare il matto per festeggiare, braccare Allegri, dirgli che il suo è stato un piano perfetto e sfottere Zola per il suo Chelsea.
E poi ci siamo noi, stasera felici senza riserve, con un peso tolto dallo stomaco, la sensazione che stiamo diventando una squadra e la consapevolezza che nella serata più importante di questo inizio complicato, trovatici di fronte a quel bivio, abbiamo imboccato la strada giusta.
Autore di 4 libri, praticamente identici, cambiando solo il titolo e i nomi dei protagonisti: finale sempre uguale. Blogger e opinionista tv. La frase che mi sono sentito dire di più in vita mia? "Ma come fai a essere di Roma e a tifare per la Juve?"