Di Alfredo Pedullà
8 Dicembre 2020
Non sarà importante quanto Cristiano Ronaldo, ma il rendimento è altissimo e non andiamo troppo lontano. Se fosse sul mercato, avrebbe una valutazione alta – molto alta – per la sua attitudine a essere un gran tuttofare. Juan Cuadrado, 33 anni il prossimo anno, dalla Colombia una vera e propria fortuna per la Juve. La stessa Juve che pensava di avere trovato un sopraffino esterno offensivo, invece strada facendo l’ha scoperto semplicemente esterno di centrocampo. Oppure terzino applicato come quelli di una volta, lui che è nato per attaccare e per smazzare gli assist. Da quell’idea di Maurizio Sarri, stagione 2019-2020, la sentenza che ha permesso alla Juve di individuare un multiruolo con una tecnica invidiabile e una velocità nettamente superiore alla media. Se pensiamo che qualche anno fa Juan non era ritenuto intoccabile al punto che qualche chiacchierata di mercato era stata fatta, ora dobbiamo entrare nell’ordine di idee che uno così ha ormai staccato il tagliando per stare dentro il mondo bianconero ancora per un cospicuo numero di anni.
Se Cuadrado è in Italia, il merito – come spesso accade – è dell’Udinese. Ovvero del club che, prima degli altri, è spesso riuscito a individuare e ad acquistare talenti in posti sperduti. Era il 2009 quando la famiglia Pozzo lo portò in Italia: il debutto in A addirittura dopo qualche mese, aveva 21 anni e la voglia smisurata di spaccare il mondo. Questo per sintetizzare un altro concetto che deve fare la differenza: Juan conosce la Serie A da un decennio abbondante, in mezzo c’è stata una non troppo proficua parentesi al Chelsea. Ma bisogna evidenziare come alcuni passaggi siano stati decisivi: la parentesi al Lecce, in compagnia del suo amico compaesano Muriel, protagonista più che a Udine, con Cosmi in panchina e una visibilità sempre marcata. Ma è stata la Fiorentina a mandarlo in rampa di lancio, rilevando prima il cinquanta per cento del cartellino e poi provvedendo al riscatto per poco più di 20 milioni: venne ritenuta una delle operazioni più onerose dell’intera gestione societaria firmata Della Valle.
Il mercato è straordinario perché ti offre opportunità incredibili: come andrebbe commentata oggi l’operazione del febbraio 2015 quando Cuadrado andò al Chelsea per 30 milioni più il prestito addirittura di Momo Salah, l’attaccante destinato presto a entrare nella storia del Liverpool? A Londra partì bene, felice di un’esperienza in Blues, ma strada facendo il suo feeling con Mourinho si affievolì e la Juve ebbe il grande merito di uscire allo scoperto a fine agosto 2015, prendendolo inizialmente in prestito. Già il 2015, l’anno del famoso primo gol in bianconero di Cuadrado, al terzo minuto di recupero del derby con il Toro, un passaggio cruciale nella storia di Allegri che stava vivendo qualche momento di difficoltà. Se pensiamo al Cuadrado protagonista dell’ultimissimo derby (due assist decisivi) e al Cuadrado che prende la rincorsa, sempre sulla pelle del Toro, dopo pochi mesi di Juve, forse dobbiamo credere appena un po’ ai segnali del destino quando ci sono e lasciano traccia. Una cosa è sicura: senza quella prodezza nel derby, difficilmente si sarebbe materializzata la svolta che avrebbe portato la Juve a vincere l’ennesimo scudetto in rimonta.
Ci sono gli amuleti, le sorprese, le rivelazioni e le certezze. Cuadrado per il club di Agnelli ha rappresentato un po’ tutto questo. E quando, alla fine di quel campionato vinto, fu costretto a tornare al Chelsea per fine prestito, Juan l’ambizioso fece di tutto per convincere Abramovich che la sua missione inglese era ormai finita da un pezzo e che la Juve avrebbe rappresentato il presente e il futuro. Uno di quei lavoretti ai fianchi che fanno poi cedere il club di riferimento. A fine agosto 2016, con uno scudetto cucito sul petto, Juan tornò alla Juve in prestito triennale con un corrispettivo finale di una ventina di milioni, se vogliamo un affare autentico in rapporto a quanto il colombiano avrebbe dato ( e continuerà a dare), sempre un riferimento per qualsiasi allenatore convocato da Andrea Agnelli.
Il pregio di Cuadrado è quello di essere riuscito a riciclarsi almeno in tre ruoli apparentemente diversi grazie a un’intelligenza tattica nettamente superiore alla media. Chi lo conosce bene, garantisce che anche se si esibisse a centrocampo, da mezzala, riuscirebbe a dare la stessa resa. Nasce come un esterno offensivo classico da 4-3-3, ma diventa perfetto per il 4-4-2 o anche per il 3-5-2, se volessimo andare fino in fondo potrebbe ambientarsi persino in qualche modulo che preveda tre interpreti spiccatamente offensivi alla spalle di una punta centrale, il 4-2-3-1 o qualcosa del genere. Cuadrado è agilità, rapidità, concretezza, segna gol fantastici (come quello in casa dell’Atletico Madrid la scorsa stagione) e fabbrica assist con quel piedino dolce assolutamente al servizio dei compagni. Si è parlato molto degli errori di piazzamento dei difensori del Torino nell’ultimo derby, ma al servizio c’era lui (Juan Cuadrado) prima per McKennie e poi per Bonucci. Se non ci fosse stato lui, perennemente in azione e con il piede caldo, non ci sarebbero state amnesie o indecisioni dei centrali di Giampaolo. La Juve avrebbe perso, al massimo pareggiato con un episodio, inutile sottilizzare: l’ha salvata Cuadrado.
La generosità figlia di un’appartenenza, il dribbling e la forte sensazione di creare superiorità al semplice respiro, esattamente quando se ne va in fuga sulla fascia e mette il turbo passando velocemente dalla quarta alla quinta con il pilota automatico inserito. Gli mancavano i forti progressi in fase di copertura, la predisposizione ad aiutare i centrali difensivi ora suoi compagni di viaggio quando bisogna respingere al mittente le avanzate del nemico. Non siamo ancora al cento per cento, ma i progressi di Cuadrado sono stati stupefacenti se pensiamo al ruolo originario e all’adattamento che almeno inizialmente avrebbe creato problemi a chiunque. Cuadrado ora è completo, su tutta la fascia e assolutamente no stop. Uno di quegli acquisti che fanno bene alla salute dell’allenatore, che non hanno un costo sproporzionato e che verranno ricordati per sempre.
Giornalista e opinionista sportivo, grande esperto di calciomercato in Italia. "È un privilegio quando passione e lavoro coincidono".