Di Massimo Zampini
Aggiornato: 30 Aprile 2020
Siamo particolari anche nel calciomercato, noi juventini.
Da quando, appena vinta la Champions, abbiamo ceduto capitan Vialli e Ravanelli, una volta cominciato ad ammirare Vieri lo abbiamo mandato all’Atletico, in piena adorazione di Zidane se l’è preso il Real; sappiamo che non esistono incedibili. È una parola vuota, la campagna trasferimenti si chiama mercato e nel mercato tutto ha un prezzo. Quindi, non c’è tempo per i sentimentalismi: chi serve resta, chi serve ma riceve un’offerta irrinunciabile parte, chi è più funzionale al progetto per ragioni anagrafiche, tecniche o economiche se ne va.
Però, ecco, per alcuni serve proprio un’offerta insensata: in questo senso il termini “incedibili” non va così lontano dal vero: così, al volo, vengono in mente i nomi di Ronaldo, de Ligt, Chiellini, a questo punto Dybala, Bentancur e qualche altro.
Ci sono i cedibili, poi: giocatori di valore, utili da tenere in rosa, ma che all’occorrenza possono essere sacrificati senza intaccare troppo il valore dell’undici di partenza. Spesso sono riserve, ma talvolta può capitare anche a qualche titolare, come per esempio Danilo e, dopo anni di ottime prestazioni, anche uno come Matuidi.
E poi c’è Pjanic, che fa parte di una categoria tutta sua: i titolari, anzi titolarissimi, che però fatichiamo a ritenere incedibili.
La storia di Miralem è particolare, per questo non può essere equiparata ad alcun suo compagno: già forte e promettente da giovanissimo al Lione, consacrato nella Roma come centrocampista in grado di fare un gran numero di assist e gol, tiratore eccelso di punizioni: forte ma discontinuo, geniale ma non abbastanza forte fisicamente, raccontano gli amici romanisti quando arriva alla Juve per il dopo Pirlo. E lui mostra le sue qualità anche qui, modifica le sue caratteristiche fino a diventare un perno fondamentale del 4-2-3-1 accanto a Khedira e dietro 4 giocatori di attacco. Vinciamo tutto, o quasi, perché come d’abitudine manca la finale di Champions, in cui il primo tiro, pericolosissimo, è suo. Ma le finali vanno diversamente, lo sappiamo, e lì in un certo senso pare interrompersi la parabola ascendente: è sempre un giocatore eccellente, è un titolarissimo della squadra che vince anche nei due anni successivi (nel secondo a spasso, chiudendo il campionato a febbraio), ci delizia con le sue punizioni, alcuni gol splendidi, tante belle partite, ma forse manca qualcosa e pare che quel qualcosa arrivi nell’ultima estate. Il nuovo allenatore è Maurizio Sarri e vuole farne il cervello assoluto della squadra, il metronomo, l’uomo per cui passano tutti i palloni. Pur con caratteristiche peculiari può diventare il vero dopo Pirlo, è la grande scommessa del nuovo mister.
E Miralem parte alla grande, è sempre al centro del gioco, da quando c’è Ronaldo tira meno punizioni e dunque fa meno gol, ma ci divertiamo a contare i palloni che tocca: 60, 70, 100, arriverà almeno a 150, passerà tutto da lui, dominatore a Milano alla prima di Conte contro la sua squadra di sempre.
Ma non sarebbe Pjanic, se non ci fosse un ma. E così, pur nel talento sterminato e nella titolarità mai in discussione, si intravede comunque un calo, forse provvisorio, può capitare, ma le prestazioni non all’altezza proseguono e ci interrompiamo a marzo, quando non abbiamo ancora capito se la chance del definitivo ultimo salto di qualità è stato compiuto, sospeso o rimandato.
E se parli con un tifoso juventino, nelle chiacchiere di mercato e in quei giochi in cui si stila una lunga lista degli incedibili e dei cedibili senza rimpianti, rimane sempre un posto vuoto: quello di Miralem Pjanic.
Il titolare, titolarissimo. Ma non l’incedibile.
Autore di 4 libri, praticamente identici, cambiando solo il titolo e i nomi dei protagonisti: finale sempre uguale. Blogger e opinionista tv. La frase che mi sono sentito dire di più in vita mia? "Ma come fai a essere di Roma e a tifare per la Juve?"