Di Alfredo Pedullà
1 Febbraio 2020
Mai così bella. La sessione di calciomercato ormai alle spalle è stata entusiasmante, appassionante, coinvolgente. Di solito gennaio è il mese della riparazione, questo è stato soprattutto il mese del consolidamento e della programmazione. Un colpo da novanta, perché non si potrebbe definire diversamente, Christian Eriksen: l’Inter lo ha portato a casa per 20 milioni (bonus compresi). In condizioni di normalità e se non ci fosse stato un contratto in scadenza, di sicuro non sarebbe bastata una cifra tre volte superiore. La scorsa estate il Real aveva marcato da vicino Eriksen, senza riuscire a strapparlo al Tottenham, e avrebbe fatto qualche follia.
La Milano nerazzurra ride a tal punto che non smetterebbe più. Quella rossonera vive una fase complicata, delicata, quasi ossessionata dal non poter lottare almeno per la zona Champions. Così ecco Ibrahimovic, che è quasi un bicchiere di whisky per tirarti su quando i tuoi cugini spendono e spandono mentre tu devi vivere di ricordi. Di sicuro Ibra ha svegliato e sveglierà i suoi compagni, tuttavia dal Milan ci aspetta una maggiore e una migliore presenza non solo sul mercato (servono i campioni, possibilmente non trentottenni) ma anche nella riconquista di un appeal che oggi non c’è. Soltanto una svolta societaria, con una nuova proprietà davvero ricca, restituirà quella voglia di spadroneggiare e di mettere su una squadra capace di stupire come ai vecchi tempi.
La Lazio ha cercato invano il colpo Giroud: per certe operazioni è quasi impossibile spuntarla muovendosi 48 ore prima. La Roma si è consolata con Perez ma voleva Politano. Il Napoli ha giocato d’anticipo: si prepara a una rivoluzione estiva e l’ha dovuta impostare già adesso, sull’asse Lobotka-Demme, con Petagna e Rrahmani per luglio quando forse sarà sacrificato Koulibaly, probabilmente non l’unico addio in vista di una nuova era.
C’è chi ha agito, chi ha controllato e chi si è scatenato. Rocco Commisso ha mandato in avanscoperta i suoi uomini mercato: Duncan, Igor e Agudelo arruolabili da subito; Cutrone all’alba della sessione invernale (bel colpo e ottimo tempismo); Kouamé da infortunato e quindi un prevedibile acquisto per la prossima stagione, quando ci sarà il famoso Amrabat. Famoso perché avrebbero voluto prenderlo tutti, alla fine ci è riuscita la Fiorentina con uno scatto invidiabile proprio a ridosso delle ultime ore di trattative. Firenze aveva bisogno di sognare a patto di non tramutare i bei pensieri in incubi: adesso il mondo è davvero a colori.
C’è chi si è presentato con la pancia piena: la Juve non aveva bisogno di chiudere affari a gennaio ma di acciuffare – nello stesso mese – lo straripante Kulusevski per la prossima estate. Bella mossa. Presto potrebbe toccare a Tonali, un chiodo quasi fisso, ma avremo tempo e modo per entrare nei dettagli. Piuttosto ci piace ricordare due storie molto tristi che ci saremmo risparmiati. Capitani in discussione, anzi scaricati. Bandiere non più altissime, neanche alte, fondamentalmente ammainate. Con una differenza sostanziale: Alessandro Florenzi è stato costretto ad andare a Valencia per cinque mesi, alla Roma il suo tempo era finito e il rapporto con Fonseca ormai alla frutta.
Mimmo Criscito si è aggrappato alla barca quando Enrico Preziosi – chissà perché – gli aveva chiesto di lasciare il Genoa per accettare la proposta della Fiorentina. Lo stesso Preziosi che nell’estate 2018 lo aveva richiamato in nome dell’appartenenza, strappandolo allo Zenit e promettendogli un futuro da dirigente. Appartenenza questa sconosciuta, poco importa che Criscito abbia deciso di non andare a Firenze per restare dov’è. Il suo post sui social, sintesi di profondo attaccamento, è da ammirare. Il tentativo firmato Preziosi di scaricarlo resta. E poco importa che al prossimo giro di carte Criscito indosserà ancora la maglia del Genoa: lo avevano invitato a togliere il disturbo.
Giornalista e opinionista sportivo, grande esperto di calciomercato in Italia. "È un privilegio quando passione e lavoro coincidono".