Di Alfredo Pedullà
29 Marzo 2021
Il ragazzo di Calabria è diventato uomo. E poco importa se in passato, per sua scelta, ha deciso di non essere anche un uomo mercato. Il ragazzo di Calabria, al secolo Domenico Berardi, compirà 27 anni il prossimo 1 agosto, ha scritto la storia del Sassuolo (all’inseguimento dei 100 gol in Serie A) e ora ha intenzione di completare qualche capitolo azzurro, ulteriore prova della sua innegabile maturità.
La tecnica è indiscutibile e nessuno si è mai permesso di metterla in discussione, da quando il club emiliano decise di sganciarlo in B da titolare, infischiandosene della carta di identità. E dovrebbe essere così sempre, della serie “chi è bravo gioca, non guardiamo l’età”. Esattamente come fanno in Romania, Belgio, Olanda, più o meno ovunque: se hai qualità e personalità, se non hai paura, per quale motivo dovresti parcheggiare in panchina aspettando che gli anni siano 20 o 21? A quell’eta in Belgio i più talentuosi hanno già 30 presenze in Nazionale, tanto per spiegare come funziona altrove. Per fortuna ci sono le eccezioni, Berardi è una di queste: il Sassuolo lo ha coccolato e lo ha lanciato, adesso si tratta di una bandiera che sventola. Una situazione che ci ricorda la mossa di Mihajlovic quando sganciò Gigio Donnarumma tra i pali del Milan a 16 anni e 8 mesi: così si fa, qualsiasi indugio o rinvio potrebbe risultare fatale, come minimo controproducente.
Berardi sarebbe stato un uomo mercato già quattro o cinque anni fa se non avesse detto no a una serie di proposte: alcune, sulla carta, irrinunciabili. Si potrebbe dire che il Sassuolo mai lo ha messo in vendita con una certa convinzione, ritenendolo un ragazzo da coccolare come se dovesse restare a vita. In realtà, Berardi ha fatto passare diversi autobus senza salirci sopra, malgrado il conducente si fosse fermato per attenderlo con curiosità e pazienza. Nulla da fare, Domenico aveva trovato a Sassuolo la sua dimensione migliore, non ambiva a ingaggi milionari per trovare la felicità che già aveva, al punto da respingere qualsiasi tentazione.
La Juve almeno un paio di volte avrebbe fatto l’operazione, alla luce degli eccellenti rapporti con Carnevali e il club emiliano, ma senza che Berardi aprisse davvero. Anzi, Domenico ha anche confidato a qualche amico che la sua grande ambizione è quella di giocare sempre e che la Juve avrebbe rappresentato un potenziale ridimensionamento proprio perché non sarebbe partito titolare e avrebbe fatto fatica ad avere totale visibilità. E così ha detto no almeno un paio di volte. Ripetendosi con l’Inter che lo aveva eletto come il calciatore giovane da considerare simbolo del nuovo corso di Zhang, ovvero quello di puntare sui ragazzi di qualità come poi avrebbero fatto con i vari Lautaro e Barella. Ma Berardi si oppose, la stessa coerenza evidenziata nel caso degli assalti Juve, esattamente come ha respinto il Milan prima che si materializzasse un’offerta, anche il Napoli che gli aveva messo gli occhi addosso, e persino la Fiorentina dove avrebbe ritrovato il suo grande amico Benassi. Insomma, una collezione di proposte tutte respinte al mittente.
Forse avrebbe fatto un’eccezione per la Roma quando l’allenatore era Di Francesco, il suo mentore a casa Sassuolo, prima che i giallorossi decidessero di andare su Schick, scelta che non si è rivelata un gran successo malgrado l’importante investimento. Ma Domenico non ha certo vissuto di rimpianti e i fatti gli stanno dando ragione. Non sappiamo cosa accadrà a fine stagione, quando in Emilia potrebbero pensare all’apertura di un nuovo ciclo e molto dipenderà dalla conferma o meno di De Zerbi, l’allenatore in scadenza di contratto. A prescindere potrebbe essere sacrificato Locatelli, che piace molto alla Juve, e forse Berardi entrerà nella dimensione di valutare una proposta che tecnicamente gli permetta di fare il definitivo salto di qualità verso la gloria. Ma dipenderà molto dalla proposta, oggi Berardi non costa meno di 40 milioni e non esiste pandemia che tenga, e dalla persuasione del diretto interessato che dovrà essere convinto al 100 per cento, l’80 non basterebbe.
E’ giusto ribadire alcuni concetti essenziali che hanno recentemente portato alla totale consacrazione del ragazzo di Calabria diventato uomo. Perfetto nel 4-3-3, il suo vero punto di forza, qualsiasi tipo di limitazione sarebbe nociva rispetto al suo compito ormai consolidato, partire da destra alla ricerca della soluzione migliore che sia un tiro a giro, una botta precisa oppure un assist illuminante. Parola d’ordine: dargli la libertà necessaria per fare quanto è nelle sue corde. Ha sempre segnato senza fare alcun tipo di sconto, adesso la continuità è diventata legge. Anche perché a bocce ferme spesso è una sentenza: le punizioni dalla mattonella preferita, le intuizioni che ormai appartengono al sue repertorio come certezze.
Una previsione? Magari tra quattro o cinque anni potrebbe giocare anche da centravanti, vede la porta come pochi e la centra con una puntualità impressionante, ma oggi il suo ruolo è un altro e non va messo in discussione. Entrato nelle grazie di Roberto Mancini – peccato per il recente infortunio agli adduttori – sta dimostrando che anche l’azzurro gli dona. E’ anche un avvertimento ai club potenzialmente interessati: una proposta dopo gli Europei, sempre se arrivasse il via libera del Sassuolo e del diretto interessato, potrebbe sbattere contro un’asticella altissima. E chissà a quali cifre…
Giornalista e opinionista sportivo, grande esperto di calciomercato in Italia. "È un privilegio quando passione e lavoro coincidono".